PFAS nelle acque italiane: cosa prevede il nuovo decreto

Scopri gli ultimi sviluppi del decreto per limitare i PFAS nelle acque potabili. Monitoraggio e riduzione dei livelli di contaminazione in Italia.

9 Aprile 2025, 10:19

PFAS nelle acque italiane: cosa prevede il nuovo decreto

Il 13 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato un Decreto Legge urgente, ora all’esame del Parlamento, con l’obiettivo di fissare per la prima volta in Italia limiti precisi alla presenza dei PFAS nelle acque potabili. Il testo legislativo, identificato come “Decreto 260”, rappresenta una svolta significativa nel contrasto all’inquinamento da composti poli- e perfluoroalchilici, noti anche come “forever chemicals”.

In particolare, il provvedimento prevede un limite di 20 nanogrammi per litro per la “Somma di 4 PFAS” già noti per la loro tossicità: PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS. Il decreto introduce anche un tetto massimo per il TFA (acido trifluoroacetico), una molecola finora non regolamentata ma diffusissima nelle acque italiane.

Una risposta all’allarme lanciato da Greenpeace

La decisione del governo arriva dopo la pubblicazione a gennaio dell’indagine “Acque senza veleni” condotta da Greenpeace Italia, che ha analizzato campioni da 235 città italiane, rilevando la presenza di PFAS nel 79% delle acque potabili esaminate.

L’associazione ambientalista, da anni impegnata nella battaglia contro questi inquinanti, ha accolto il decreto come un primo passo nella giusta direzione, pur auspicando limiti più severi, in linea con quelli adottati da Paesi come la Danimarca (2 nanogrammi per litro) o la Svezia (4). Secondo Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento, l’obiettivo deve essere “lo zero tecnico”: una soglia che garantisca la massima tutela della salute pubblica.

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Vicenza e il “Vajont chimico”: il caso Miteni e il dramma veneto

La questione PFAS è esplosa con particolare virulenza in Veneto, dove è in corso uno dei processi ambientali più importanti della storia italiana. Al centro del dibattimento ci sono i presunti danni provocati dalla Miteni, azienda chimica accusata di aver contaminato con PFOA una vasta area della regione. Gli effetti sulla salute della popolazione sono stati drammatici: uno studio dell’Università di Padova parla di 4.000 morti in eccesso in 40 anni nella zona rossa veneta.

L’avvocato del comitato Mamme No PFAS ha paragonato la vicenda a un “nuovo Vajont”, sottolineando come l’inquinamento non si sia fermato all’ambiente, ma sia entrato nel sangue di 300.000 residenti.

Due binari paralleli: decreto e mozioni, tra slancio e rischio confusione

Oltre al Decreto 260, la Camera ha approvato il 26 marzo anche una mozione della maggioranza e parti di mozioni di opposizione riformulate, sempre in materia di PFAS. Un doppio binario legislativo che, se da un lato dimostra l’attenzione crescente verso il tema, dall’altro rischia di creare sovrapposizioni e rallentamenti nell’iter normativo.

Alcuni parlamentari hanno espresso preoccupazione per una possibile confusione nell’applicazione delle norme, ma l’auspicio generale è che questo slancio politico venga tradotto in un’azione coesa e risolutiva. Intanto, si attende la sentenza definitiva del processo Miteni, che potrebbe rappresentare un precedente epocale: le richieste di risarcimento sfiorano i 240 milioni di euro.

Cosa sono i PFAS e perché sono così pericolosi

I PFAS (composti poli- e perfluoroalchilici) sono una famiglia di circa 5.000 sostanze chimiche utilizzate in ambito industriale per la loro resistenza a calore, acqua e grassi. Si trovano in prodotti di uso quotidiano come pentole antiaderenti, tessuti impermeabili, schiume antincendio e materiali per l’edilizia. Il loro soprannome, “sostanze chimiche eterne”, deriva dalla loro capacità di persistere nell’ambiente e nel corpo umano per lunghissimi periodi. Proprio questa caratteristica li rende pericolosi: i PFAS non si degradano facilmente e si accumulano negli organismi viventi, con effetti potenzialmente gravi sulla salute, tra cui disfunzioni ormonali, problemi al sistema immunitario e forme di cancro. Limitare la loro diffusione è ormai una priorità non solo italiana, ma globale.