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Quali sono le normative in materia di inquinamento acustico?

28/03/2023

L’inquinamento acustico non è un generico tipo di inquinamento, perché incide anche sulla psiche degli uomini e ne intralcia il giusto funzionamento. Qual è la normativa di riferimento e cosa stabilisce a riguardo, con una disamina delle ultime pronunce in merito.

Quali sono le normative in materia di inquinamento acustico?

A differenza degli altri tipi di inquinamento, quello acustico presenta caratteristiche particolarmente più incidenti sulla psiche umana. Il tratto più psicologico che fisico o chimico, fanno dell’inquinamento acustico oggetto di una particolare disciplina che cerca di proteggere gli individui da fenomeni che possono trasformare la tranquillità della loro vita.

 

È qui che entra in gioco la normativa di riferimento, alla quale è necessario prestare molta attenzione anche alla luce della recente giurisprudenza.

 


L’argomento risulta talmente delicato da aver previsto anche una tutela penalistica ex art. 659 c.p..


 

La tutela penalistica ha un ambito più limitato e specifico riferibile all’inquinamento acustico, tanto da sanzionare il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, compresi spettacoli, incontri, intrattenimenti pubblici, arrecato con schiamazzi e rumori. Non sono esenti da sanzioni anche i professionisti o gli operai che arrecano disturbo in violazione delle prescrizioni normative e amministrative. Ove non è possibile rinvenire una norma specifica, si fa riferimento alla norma generica più adatta.

 

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La normativa di riferimento per evitare l’inquinamento acustico

 

Le fonti a cui fare riferimento rispetto all’inquinamento acustico sono molteplici. Dalla tutela prevista dall’Unione Europea alla legislazione nazionale, l’inquinamento acustico ha norme specifiche e generali.

 

In Europa

 

A livello europeo, si fa riferimento alla direttiva 2002/49/CE dedicata alla gestione del rumore ambientale modificata di recente dalla direttiva delegata (UE) 2021/1226 del 21 dicembre 2020 con obbligo di essere recepita entro il 31 dicembre 2021. Questa direttiva è stata recepita dal nostro ordinamento con la Legge n. 447 del 1995, la Legge Quadro, preceduta dal DPCM del 1° marzo 1991 e seguita dal DPCM del 14 novembre 1997 che determino i valori-limite del rumore e la soglia di tollerabilità. Ovviamente, oltre queste norme, poi esiste la tutela penale appena annoverata e altre forme di prevenzione.

 


La direttiva 49 definisce un approccio comune volto ad evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore ambientale compreso il fastidio, secondo le rispettive priorità.


 

Con la direttiva delegata 2021/1226 della Commissione Europea sul rumore ambientale, è cambiato il quadro legislativo che si basa adesso sul provvedimento che sulla G.U.C.E. è rintracciabile come L. del 28 luglio 2021, n. 269. In particolare, sono stati modificati i requisiti generali, di sicurezza e di prove.

 

Come descritto in premessa dell’allegato II di riferimento di cui stiamo parlando, è stato chiarito che: “l’allegato II della direttiva 2002/49/CE definisce metodi di determinazione comuni che gli Stati membri devono usare ai fini dell’informazione al pubblico in merito al rumore ambientale e ai relativi effetti sulla salute, in particolare per la mappatura acustica, nonché dell’adozione di piani d’azione in base ai risultati della mappatura acustica. Detto allegato deve essere adeguato al progresso tecnico e scientifico.

 

Tra il 2016 e il 2020 la Commissione ha collaborato con esperti tecnici e scientifici degli Stati membri per valutare gli adeguamenti necessari alla luce dei progressi tecnici e scientifici nel calcolo del rumore ambientale. Il processo si è svolto in stretta consultazione con il gruppo di esperti sul rumore, al quale partecipano rappresentanti degli Stati membri, del Parlamento europeo, dei portatori d’interessi dell’industria, delle autorità pubbliche degli Stati membri, delle ONG, dei cittadini e del mondo accademico.

 

Nell’allegato della presente direttiva delegata figurano i necessari adeguamenti dei metodi comuni di determinazione, che consistono di chiarimenti delle formule usate per calcolare la propagazione del rumore, adeguamenti delle tabelle alle conoscenze più recenti e migliorie della descrizione dei passaggi dei calcoli. Gli adeguamenti interessano i calcoli del rumore prodotto dal traffico veicolare e ferroviario, dall’attività industriale e dagli aeromobili. Gli Stati membri sono tenuti a impiegare questi metodi al più tardi a partire dal 31 dicembre 2021”.

 

È stata, dunque, adattata la direttiva con le modifiche opportune.

 

In Italia

 

È stato il DPCM del 1991, poi modificato da quello del 1997, a imporre ai Comuni di adottare la c.d. “zonizzazione acustica”. In soldoni, si è trattato della redazione di una classificazione in zone, in relazione alla destinazione d’uso del territorio. Per le zone non esclusivamente industriali, ai limiti massimi sono affiancati limiti differenziali, distinti per periodo diurno e periodo notturno, tra rumore ambientale e rumore residuo. Le misurazioni vengono effettuate all’interno degli ambienti abitativi, in modo da verificare il disturbo creato da una determinata fonte, individuata e isolata rispetto ai rumori costanti propri di quella zona. Da qui, nacque successivamente l’esigenza delle Regioni di predisporre il Piano Regionale Annuale di intervento per la bonifica dell’inquinamento acustico, come previsto dall’art. 4 del DPCM del 1991.

 

Soltanto con la legge n. 447/1995, l’inquinamento acustico assume toni diversi e l’attenzione si sposta. Si indaga, adesso, sul fenomeno complesso, quale quello dell’acustica e dei rumori, incidente su aspetti sanitari, ambientali e culturali. Vengono individuati dei valori-limite di tollerabilità e degli strumenti di misurazione per dare corretta attuazione al Piano di risanamento acustico. La stessa legge-quadro serve più tardi a emanare regolamenti distinti in base sorgente sonora differente per cui vengono emanati:

 

  • p.r. n. 459/1998 sul traffico ferroviario;
  • p.r. n. 304/2001 per le attività motoristiche;
  • p.r. n. 142/2004 relativo al traffico veicolare.

 

Viene, tra l’altro, descritta e utilizzata la mappatura acustica. Si tratta, appunto, di una vera e propria mappatura riferita a zone e sorgenti sonore determinate e dotate di mappe acustiche strategiche, finalizzate alla determinazione dell’esposizione globale al rumore in una determinata zona (ex artt. 2 e 3, d.lgs. 194/2005).

 

L’ultima pronuncia in tema da parte della Corte di Cassazione

 

Avendo premesso quanto sopra, non si può prescindere dalle pronunce giurisprudenziali che assumono valore in cardine ai riferimenti normativi descritti.

 

In particolare, va annoverata l’ultima pronuncia in tema da parte della Corte di Cassazione, sezione VI civile, con l’ordinanza del 13 aprile 2022, Cass. civ., Sez. VI – 3, n. 11930 (rv. 664838-01) statuisce: “Le immissioni rumorose intollerabili ledono il diritto al rispetto della vita privata e familiare, di cui all’art. 8 Cedu, e per conseguenza va riconosciuto un consistente risarcimento del danno provocato, da determinarsi in via equitativa, in relazione alla perduranza nel tempo della turbativa”.

 

In maniera più estesa, cioè, viene stabilito che: “L’accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni, sulla base di nozioni di comune esperienza, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita”.

 

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In attuazione a questo principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dal proprietario di un appartamento limitrofo a un fondo sul quale veniva effettuata attività di stoccaggio e commercio di carte, cartoni, vetro e plastica, desumendo la ricorrenza del pregiudizio dalla circostanza che le immissioni interessavano la quasi totalità dei vani dell’appartamento dell’attore ed erano percepibili anche nei giorni festivi, nelle ore serali, ed anche con gli infissi chiusi.

 

In tal caso, le norme richiamate sono state molteplici. Oltre all’art. 8 CEDU annoverato, il principio enunciato risponde a quanto statuito dagli articoli: 2, 29, 32, 42 della Costituzione Italiana; 844 che prevede la violazione del divieto di immissioni sonore, 2043 che prevede il risarcimento per fatto illecito come conseguente tutela aquiliana della proprietà e 2059 per i danni non patrimoniali che sottolineano il carattere psicologico dell’inquinamento acustico del codice civile.

 

L’iter decisionale della Corte non si è basato soltanto sulla normativa di riferimento, ma certamente anche su quanto fino a quel momento deciso in un’altra pronuncia del 2018, la quale era stata adepta a descrivere determinate altre caratteristiche dell’inquinamento acustico.

 

Riprendendo quella pronuncia, in questa sede occorre ricordare che il c.d. “rumore” si distingue in rumore ambientale, rumore residuo e rumore di fondo.

 

  • Il rumore ambientale è quello prodotto da tutte le sorgenti di rumore esistenti in un dato luogo e durante un determinato tempo, si tratta dell’insieme del rumore residuo e da quello prodotto dalle specifiche sorgenti disturbanti;
  • Il rumore residuo è quello che si rileva quando si escludono le specifiche sorgenti disturbanti;
  • Il rumore di fondo è la fascia rumorosa costante nella quale si verificano le immissioni ritenute moleste (come emerso da altra pronuncia della Corte Cass. 17 febbraio 2014 n. 3714).

 

Il tutto deve essere sempre preso in considerazione relativamente ai “limiti differenziali”, così da ottenere una corretta misurazione. Questi si distinguono in: limiti assoluti, limiti differenziali e Leq.

 

Il Leq è il livello equivalente, ossia il parametro indicatore della immissione di rumore nelle abitazioni e nell’ambiente esterno. Si tratta di un valore medio, inidoneo a valutare la sorgente disturbante.

 

Il limite assoluto riguarda i limiti massimi stabiliti per legge in base alla zona; mentre per limite differenziale si intende la differenza tra il rumore di fondo e la sorgente disturbante, mutevole a seconda che ci si trovi di giorno o di notte.

 

Quel che è certo è che si può ottenere risarcimento danni e che l’inquinamento acustico influisce facilmente sulla psiche e risponde anche al risarcimento ex art. 2059 c.c.

 

Cristina Saja, giornalista e avvocato