Conoscere i propri diritti: una panoramica legale per i medici

Quando si parla di professione medica si tende sempre ad analizzare i doveri che il sanitario ha nei confronti dei pazienti e della collettività e gli obblighi da rispettare, per come sanciti dal Codice deontologico e dalle Leggi dello Stato; i medici, però, hanno anche dei diritti, da rivendicare con forza anche tramite i propri rappresentanti nazionali di categoria.

Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, giuro di esercitare la medicina in autonomia di giudizio e responsabilità di comportamento contrastando ogni indebito condizionamento che limiti la libertà e l'indipendenza della professione”. Quello appena letto è l'incipit del giuramento professionale del medico, che sancisce un diritto fondamentale della professione sanitaria: quello alla libertà e all'indipendenza.

Il medico deve esercitare la sua professione in maniera libera, senza alcun tipo di condizionamento esterno; durante lo svolgimento della propria “missione”, perciò, il sanitario non dovrà farsi influenzare dal sesso del suo paziente, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, dalle sue opinioni politiche, dalle sue condizioni personali e sociali, ma soprattutto da ingerenze esterne di natura economica che potrebbero limitarne la libertà e l'indipendenza per vile denaro.

Ad esempio, ha fatto molto parlare di sé una determinazione dell'INPS di pochi anni fa, dove veniva promesso un incentivo economico ai medici dell'area medico-legale in base a quante prestazioni per malattia e invalidità sarebbero riusciti a revocare: questo invito è stato aspramente criticato dalla categoria medica, in quanto per mere esigenze di efficienza gestionale di un ente pubblico si chiedeva al sanitario di contravvenire al codice deontologico e di negare i diritti dei cittadini, falsando – di fatto – i risultati delle visite medico-legali.

Il diritto a lavorare in un ambiente sicuro

I medici – e in generale il personale sanitario – lavorano spesso in trincea e sono vittime di aggressioni verbali o fisiche, sino ad arrivare a episodi violenti che sfociano in lesioni o omicidi del personale sanitario. Svolgere la professione medica non è sempre sicuro: nonostante viviamo in un'epoca di “civiltà”, ci troviamo ancora di fronte a locali di guardia medica protetti da porte di ferro, come quelli utilizzati all'ingresso di una cella detentiva, per evitare che di notte il sanitario di turno possa essere vittima di violenze da parte di un tossico o di malintenzionati.

L'escalation di episodi di violenza nei confronti dei medici è alla base della legge 14 agosto 2020 n. 113, recante disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell'esercizio delle loro funzioni, per garantire il diritto di queste fondamentali categorie professionali di lavorare in un ambiente sicuro.

La legge ha introdotto l'art. 583 quater del codice penale, che punisce chi cagiona lesioni al personale esercente una professione sanitaria/sociosanitaria nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso funzionali allo svolgimento di dette professioni, nell'esercizio o a causa di tali attività. La pena è quella della reclusione da due a cinque anni in caso di lesioni lievi, da otto a sedici anni in caso di lesioni gravi o gravissime.

La legge 113/2020 ha inoltre istituito l'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie, con lo scopo di monitorare gli episodi di violenza a danno dei professionisti sanitari promuovendo misure di prevenzione e protezione, buone prassi e corsi di formazione dedicati al personale medico e sanitario, finalizzati a prevenire e gestire le situazioni di conflitto e a migliorare la qualità della comunicazione con gli utenti.

Al fine di prevenire episodi di aggressione o violenza, inoltre, è stato introdotto l'obbligo per le strutture sanitarie di prevedere, nei piani per la sicurezza, misure volte a stipulare dei protocolli operativi ad hoc con le forze di polizia, in modo da garantirne l'intervento tempestivo in caso di aggressione dei medici o del personale sanitario.

I diritti del medico come lavoratore

Il medico, come qualunque altro lavoratore, se svolge la prestazione come dipendente vanta i diritti sanciti dalla contrattazione collettiva nazionale, che per i dirigenti medici è aggiornata al 23 gennaio 2024, mentre per il personale sanitario e sociosanitario è ferma al 2022.

Il personale medico ha diritto a lavorare dignitosamente secondo orari di lavoro umani, che non sviliscano il medico né come uomo né come lavoratore; in particolare, l'orario di lavoro contrattuale è di:

  • 36 ore settimanali, funzionale all'orario di servizio e di apertura al pubblico, per il personale sanitario,
  • 38 ore settimanali, in funzione all'orario di servizio e di apertura al pubblico nonché al mantenimento dei livelli di efficienza raggiunti dai servizi sanitari e correlati all'incarico affidato e agli obiettivi da raggiungere, per il personale medico dirigenziale.

Il medico, come qualunque altro lavoratore, ha diritto al riposo settimanale, che dovrebbe coincidere con la giornata domenicale oppure può variare in base alle esigenze di servizio. Rientra nei diritti del medico, inoltre, quello alle ferie retribuite, di 28 o 32 giorni lavorativi in base all'articolazione settimanale dell'orario di lavoro, su cinque o sei giorni.

Il medico ha diritto ai permessi giornalieri retribuiti, previa documentazione, per:

  • partecipare a concorsi o esami o per aggiornamento professionale, nel limite di otto giorni l'anno,
  • lutto per il coniuge e i parenti entro il secondo grado e gli affini entro il primo grado o per il convivente, nel limite di giorni tre per evento da fruire entro sette giorni lavorativi dal decesso,
  • matrimonio, nel limite di quindici giorni consecutivi.

Il medico ha inoltre diritto ai permessi orari retribuiti per motivi personali o familiari, su domanda, nel limite di diciotto ore nell'anno solare; questo tipo di permesso non riduce le ferie ed è comunque valutato ai fini dell'anzianità di servizio del medico.

La contrattazione collettiva nazionale prevede infine, sia per i medici che per il personale sanitario, il diritto a lavorare da remoto, effettuando la prestazione lavorativa in un luogo diverso dalla sede dell'ufficio alla quale sono stati assegnati; si tratta, in pratica dello smartworking, che si può svolgere nelle seguenti forme:

  • telelavoro domiciliare, con prestazione dell'attività lavorativa dal domicilio del dipendente,
  • altre forme di lavoro a distanza, come il coworking o il lavoro decentrato da centri satellite.
Di: Manuela Calautti, avvocato

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