Il Diritto all’Oblio di un articolo di giornale alla luce della Riforma Cartabia

L’ultima pronuncia della Corte di Cassazione fa chiarezza e spinge sulla deindicizzazione

Occuparsi del diritto all’oblio non è mai così semplice, soprattutto se si è di fronte ad un articolo di cronaca riportato da una testata giornalistica online che riporta la notizia riguardante un indagato, poi assolto che chiede la cancellazione degli articoli pubblicati perché lesivi della propria attuale immagine.

Proprio su questo si è soffermato la Corte di Cassazione con un’ordinanza, la n. 2893/2023, la quale si è espressa sulla deindicizzazione.

Il principio enunciato

“In tema di trattamento dei dati personali e di diritto all'oblio, è lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato, nell'archivio informatico di un quotidiano, relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell'assoluzione dell'imputato, purché, a richiesta dell'interessato, l'articolo sia deindicizzato e non sia reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l'archivio storico del quotidiano e purché, a richiesta documentata dell'interessato, all'articolo sia apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell'esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, in tal modo contemperandosi in modo bilanciato il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati personali archiviati a non subire una indebita lesione della propria immagine sociale”.

La novità, dunque, risiede nell’estromettere la cancellazione tout court dell’articolo in questione, quanto piuttosto di applicare la cosiddetta “deindicizzazione” consistente

nell’atto di rendere il contenuto non direttamente accessibile tramite motori di ricerca esterni all’archivio in cui quel contenuto si trova.

La Cassazione, poi, fa un ulteriore passo avanti, ordinando di apporre una postilla, una nota in cui sia comunque esplicitato l’esito del procedimento giudiziario in questione. Tutto questo per ottenere un efficace bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e all’identità personale e il diritto della collettività all’informazione.

Quali principi normativi sono stati presi in considerazione?

Questa ordinanza è una pronuncia chiarificatrice da una parte e innovativa dall’altra, in quanto stabilisce una volta per tutte che il diritto all’oblio non è cancellazione di contenuti, soprattutto se il contenuto – quando è stato scritto – corrispondeva al decalogo del giornalista.

La Corte di Cassazione, dunque, mette l’accento sulla deindicizzazione, ricordando l’art. 21 Cost. ma anche l’art. 2 e 33, richiamando le ultime pronunce in tema (una fra tutte, la sent. Corte di Cass. n. 34658/2022) e la normativa europea in questione, in particolare l’art. 16, 17 e l’art. 89 del GDPR, e ancora gli artt. 7-8 della Carta di Nizza e il Codice della Privacy (D.Lgs. 196/2003).

La soluzione prospettata dalla Corte di Cassazione viene elaborata alla luce di questi principi di diritto e riconosciuta nel principio di contestualizzazione e aggiornamento dell’informazione. In tal modo, la normale tollerabilità di una ingerenza nel diritto altrui viene accertata anche alla luce dei costi necessari per prevenirla e la richiesta viene assolta in economicità e celerità. Nel caso di specie è sufficiente l'inserzione di una breve nota in calce o a margine e solo su richiesta di parte, che non altera la funzione tipica dell'archivio, per la prevenzione di un pregiudizio ben più consistente per l'interessato. Un obbligo che scatta, tuttavia, solo se ed in quanto l'interessato richieda la rettifica esplicativa del dato personale e l'inesattezza del dato viene dedotta sulla base di accertamenti obiettivi e incontrovertibili, provenienti da un documentato accertamento giudiziario passato in giudicato.

Conclusioni

In conclusione, viene stabilito dalla Corte di Cassazione che - in tema di trattamento di dati personali e di diritto all’oblio – viene considerata lecita la permanenza di un articolo di stampa, a suo tempo legittimamente pubblicato e relativo a fatti risalenti nel tempo oggetto di una inchiesta giudiziaria, poi sfociata nell’assoluzione dell’imputato, purchè sussistano due condizioni:

1) su richiesta dell’interessato, l’articolo sia deindicizzato e non reperibile attraverso i comuni motori di ricerca, ma solo attraverso l’archivio storico del quotidiano;

2) a richiesta documentata dell’interessato, nell’articolo che ormai sarà archiviato, venga apposta una sintetica nota informativa, a margine o in calce, che dia conto dell’esito finale del procedimento giudiziario in forza di provvedimenti passati in giudicato, ex art. 21 Cost..

Una riflessione sul diritto all’oblio, alla luce della Riforma Cartabia

Proprio con l’introduzione della Riforma Cartabia, il Legislatore sembra aver inteso la delicatezza del tema e la sostanziale conseguenza problematica, tanto da aver ipotizzato la deindicizzazione a seguito di sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione. Il “diritto all’aggiornamento”, invece, è ancora tutta da scrivere ma questa è la prima interessante pagina di un diritto che inizia a coniugarsi al digitale.

Cosa stabilisce in merito la Riforma Cartabia?

È l’articolo 64 ter - rubricato “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini” a presentare un disposto lungo e dettagliato che sancisce:

«1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

2. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: “Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante.”

3. Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante».

Il provvedimento, quindi, è del cancelliere e non del giudice, proprio in funzione della garanzia di celerità ed efficacia. Il provvedimento della cancelleria non appare impugnabile o, almeno, non sono previsti mezzi di impugnazione specifici. Tuttavia, in caso di inottemperanza da parte della cancelleria, sembra ipotizzabile un ricorso al Tar.

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Di: Redazione Consulcesi Club

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