Ferie non godute, anche il Dirigente di struttura può sempre richiedere la monetizzazione

Analizziamo i motivi per cui escludere i direttori di struttura semplice o complessa dal diritto alla monetizzazione delle ferie non godute sia contrario sia alla normativa europea che all’orientamento giurisprudenziale più recente. Lo dimostra il brillante successo del network Consulcesi che, proprio su queste argomentazioni, ha fondato la sua vittoria.

Sommario

  1. La tesi (insostenibile) delle Aziende Sanitarie
  2. La soluzione corretta
  3. La vittoria di Consulcesi

A quanto pare il clamore generatosi a seguito della recente sentenza della CGUE del 18 gennaio scorso, in tema di riconoscimento dell’indennizzo per le ferie non godute, trova ancora qualche resistenza sia nelle amministrazioni pubbliche, che ancora respingono legittime istanze provenienti dai loro ex dipendenti con motivazioni spesso inconsistenti e comunque infondate, sia in qualche Tribunale che prova, in prima battuta, a circoscrivere il perimetro dei legittimati elaborando tesi in contrasto con i principi dettati dall’Unione Europea e, pertanto, sovvertibili nei successivi gradi di giudizio.

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È questo il caso di quei dirigenti medici che, cessato il loro rapporto di lavoro (ad es. per pensionamento), hanno ricoperto ruoli apicali, per cui l’Azienda sanitaria ritiene legittimo respingere ogni pretesa economica per le ferie non godute sul presupposto che, proprio per i poteri loro conferiti, costoro non sarebbero soggetti ad autorizzazione per godere dei prescritti periodi di riposo, bastando una semplice comunicazione, e che in ogni caso sarebbero tenuti a dimostrare la previa presentazione di una richiesta di ferie, con conseguente diniego datoriale per esigenze di servizio, per poter accedere all’indennizzo.

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La tesi (insostenibile) delle Aziende Sanitarie

Come detto alcune amministrazioni sanitarie stanno contestando le richieste economiche dei loro ex dirigenti apicali sostenendo, in buona sostanza, che le tutele previste in tema di monetizzazione delle ferie per la dipendenza non sarebbero estensibili a questi ruoli, avendo piena autonomia nella gestione dei periodi di riposo, senza alcuna ingerenza datoriale, per cui, se accumulati nel corso degli anni, ciò sarebbe direttamente ascrivibile alla libera scelta del responsabile di struttura e quindi non imputabile all’azienda.

In estrema sintesi, viene richiamata la previsione di cui all’art. 70 CCNL Area Sanità (2016 – 2018) per affermare che, essendo il dirigente titolare del potere organizzativo del reparto affidato, dovrebbe presiedere anche alla corretta gestione delle presenze in servizio, compatibilmente con le esigenze della struttura e nel rispetto della normativa contrattuale e legislativa vigente.

Da qui il corollario per cui, dovendo sovraintendere nell’esercizio delle sue funzioni apicali, al corretto espletamento dell’attività̀ del personale, anche di livello dirigenziale, assegnato alla struttura cui è preposto, costui sarebbe così tenuto a verificare la corretta fruizione delle ferie, sia proprie che degli altri colleghi assegnati al suo reparto, dispensando l’azienda sanitaria da qualsiasi obbligo di verifica, sollecitazione ed informazione stabiliti, a suo carico, dalla Corte di Giustizia Europea.

In buona sostanza, in questi casi il datore di lavoro non avrebbe alcun obbligo giuridico, per cui neppure avrebbe senso disquisire di inosservanza dei requisiti dettati dalla costante giurisprudenza soltanto con riferimento alla posizione dei dipendenti privi di poteri organizzativi.

La soluzione corretta

La soluzione propugnata da alcune aziende sanitarie, seppur suggestiva, prova troppo e non merita consenso, non potendosi accogliere la tesi per cui il dirigente, solo perché a capo di un’unità ospedaliera, sarebbe fuori dal perimetro di applicazione della normativa comunitaria, posta a garanzia dell’esercizio del diritto fondamentale alle ferie annuali retribuite in tutti i suoi specifici corollari, ivi compresa la monetizzazione di quei giorni che non ha potuto godere in costanza di rapporto.

A tal proposito, vale ricordare come le previsioni contenute nella direttiva 2003/88/CE (che, fra gli altri, disciplina anche il diritto alle ferie annuali retribuite) riverberano i loro effetti anche sui dirigenti.

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L’art. 17 concede, infatti, agli Stati membri di adottare per i dirigenti trattamenti diversi rispetto a quelli previsti per le altre categorie di lavoratori, ad eccezione però di quei diritti codificati con norme inderogabili, tra i quali proprio l’art. 7 che riguarda, per l’appunto, il tema delle ferie annuali retribuite prevedendo, al suo secondo comma, la possibilità per il lavoratore di esigere la monetizzazione soltanto dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Questa dirimente considerazione risulta inoltre avvalorata dall’attuale orientamento della Corte Cassazione che, mutando il precedente indirizzo per conformarsi ai principi eurounitari, ha puntualmente osservato (ex multis, Cass. Civ. Sez. VI, 12 ottobre 2022, n. 29844) che il potere del dirigente pubblico di organizzarsi, in modo autonomo, il godimento delle ferie, pur se accompagnato da obblighi previsti dalla contrattazione collettiva di comunicazione al datore di lavoro della pianificazione delle attività e dei riposi, non comporta la perdita del diritto, alla cessazione del rapporto, all'indennità sostitutiva delle ferie se il datore di lavoro non dimostra di avere, in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto, formalmente invitato il lavoratore a fruire delle ferie e di avere assicurato altresì che l'organizzazione del lavoro e le esigenze del servizio cui il dirigente era preposto non fossero tali da impedire il loro godimento.

Ne consegue pertanto come anche il dirigente che rivesta ruoli organizzativi (ad es. direttore di struttura semplice o complessa), non essendo collocato ai vertici massimi dell'ente pubblico, rimane pur sempre assoggettato al potere autorizzativo e gerarchico dei superiori organi amministrativi, per cui non potrà perdere, solo per questo, il diritto a reclamare l'indennità sostitutiva qualora, cessato il rapporto di lavoro, risulti titolare di giorni di ferie non godute ed il datore di lavoro non sia in grado di dimostrare di averlo messo, prima della conclusione del rapporto, nelle migliori condizioni possibili per l’esercizio del suo diritto, mediante un'adeguata informazione nonché, se del caso, invitandolo formalmente a farlo.

La vittoria di Consulcesi

Proprio facendo leva su questi principi, il network legale di Consulcesi ha recentemente ottenuto un brillante riconoscimento in sede giudiziale laddove, trovandosi a tutelare gli interessi del suo cliente direttore di struttura complessa, dopo soltanto 8 mesi di processo ha visto pienamente riconosciuto il suo diritto alla monetizzazione delle ferie non godute in costanza di rapporto, con la ragguardevole liquidazione di oltre 45 mila euro, oltre all’integrale refusione di tutte le spese legali sostenute.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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