Inquinamento odorigeno: i danni diretti e indiretti degli odori molesti

L’inquinamento odorigeno è causato da sostanze che non fanno male necessariamente in modo diretto alla salute. È la loro frequenza e intensità a causare malesseri come nausea, vomito, mal di testa. In Italia, non esiste una legge che regolamenti i livelli “leciti” di odori molesti. Olfattometria dinamica, naso elettronico, analisi chimica tradizionale e rilevazione in real time sono i principali metodi di misurazione di cui disponiamo attualmente

Sommario

  1. Le fonti dell’inquinamento odorigeno
  2. Frequenza e intensità rendono gli odori molesti
  3. La legge (che non c’è)
  4. Dai laboratori di chimica alla percezione sensoriale umana

Possono anche non nuocere in modo diretto alla salute, ma sono caratterizzate da un odore intenso o sgradevole. Si tratta delle sostanze che causano l’inquinamento odorigeno, una percezione olfattiva che più persone trovano molesta. “Questa forma di inquinamento può essere provocata da discariche e impianti di trattamento dei rifiuti o di acque reflue, industrie chimiche, impianti di processamento del cibo, allevamenti, fattorie e altre strutture per animali, campi coltivati e impianti di compostaggio, impianti di trivellazione, centrali a carbone, impianti di smaltimento delle carcasse, impianti di torrefazione del caffè e fabbriche di birra”, spiega Gianluigi de Gennaro, membro del Comitato Scientifico della SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) e docente di Chimica dell’Ambiente e Valutazione d’Impatto Ambientale presso l’Università Aldo Moro di Bari.

Le fonti dell’inquinamento odorigeno

A causare il “cattivo odore” possono essere sostanze derivati dalla decomposizione di escrezioni di animali e processi industriali. L’ammoniaca, l’acido solfidrico, che ha quell’inconfondibile odore di uova marce, lo scatolo e l’indolo, odori tipici delle feci, e il dimetil solfuro (che deriva da vegetali decomposti), ne sono alcuni esempi. Frequenza, intensità, localizzazione e condizioni atmosferiche sono i principali fattori che determino la gravità dell’inquinamento odorigeno. Condizioni di stabilità atmosferica enfatizzano la concentrazione delle molecole odorigine e quindi la loro percezione.

Frequenza e intensità rendono gli odori molesti

“Non sono solo i “cattivi” odori a poter creare una condizione molesta, ma anche quelli normalmente considerati gradevoli. Ristoranti e cucine domestiche che producono odori troppo intensi, infatti, – continua de Gennaro – possono essere causa di inquinamento odorigeno”. I danni per la salute non sono solo di tipo psicologico, poiché gli odori molesti, a seconda della sensibilità individuale possono causare conati di vomito, mal di testa, fino a difficoltà di respirazione.

La legge (che non c’è)

Tuttavia, nonostante il reale disagio per le persone esposte, non c’è, ad oggi in Italia, una norma ad hoc che regoli l’inquinamento odorigeno. Il decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152 “Norme in materia ambientale”, contiene alcuni riferimenti (art. 272-bis) applicabili anche al controllo delle attività con impatto odorigeno. Inoltre, alle nuove attività o quelle per cui si richiede una modifica dell’autorizzazione, le attuali linee guida suggeriscono l’aggiunta di un apposito studio che dimostri l’assenza di impatto odorigeno. Nel caso fosse rilevata una forte emissione, potrebbero essere messi in atto degli interventi che la riducano, migliorando così la qualità dell’aria, sia indoor che outdoor.

Come si misura l’inquinamento odorigeno

Ma in che modo è possibile misurare il livello dell’inquinamento odorigeno, così da accertarne il reale grado di molestia? “Olfattometria dinamica, naso elettronico, analisi chimica tradizionale e le segnalazioni in real time da parte della popolazione esposta sono tra i principali metodi di misurazione di cui disponiamo attualmente”, spiega de Gennaro. L’olfattometria dinamica permette di analizzare, in camera olfattometrica, campioni d’aria entro 30 ore dal prelievo e dal campionamento. Degli appositi esaminatori, detti rinoanalisti, determinano la concentrazione dell’odore contenuto nel campione d’aria, campione che può essere prelevato manualmente o anche a distanza con un controllo da remoto, per evitare che dalla segnalazione del cattivo odore all’arrivo dell’operatore in carne ed ossa trascorra troppo tempo e che la “puzza” possa disperdersi.

Dai laboratori di chimica alla percezione sensoriale umana

Ancora, un ulteriore metodo di analisi è dato dall’utilizzo di nasi elettronici dotati di intelligenza artificiale, precedentemente “istruiti” da esseri umani che stabiliscono limiti e intensità degli odori da rilevare. Anche l’analisi chimica tradizionale rappresenta una possibilità concreta, ma dalla visione limitata: “L’analisi chimica riesce a rilevare solo le sostanze già note e presenti oltre determinati livelli”, sottolinea il professore. Una quarta modalità è la segnalazione in real time che può essere condotta da soggetti direttamente presenti sul posto, anche avvalendosi dell’utilizzo di specifiche App. Una metodologia di questo tipo, permettendo una rilevazione contemporanea anche da parte di un elevato numero di soggetti, aumenta l’attendibilità degli esiti. “Non esiste una tecnica di misurazione più efficace di un’altra. Il risultato migliore, infatti, – conclude de Gennaro – può essere ottenuto integrando più modalità, adattandole al contesto da analizzare”.

Di: Isabella Faggiano

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