Il sopraggiungere del tanto sospirato riposo annuale rende, talvolta, poco accorti al contenuto delle buste paga liquidate dalle Aziende sanitarie, magari persuasi del fatto che, trattandosi di giorni in cui la prestazione non viene erogata, è giusto attendersi una riduzione, seppur minima, della retribuzione rispetto a quanto avviene durante l’attività ordinaria. Ebbene, questa affermazione non è del tutto corretta.
Anzi, a ben vedere, deve essere sottoposta al rigore dei principi che, proprio su questo aspetto, la Corte di Giustizia Europea va da tempo ripetendo a maggior tutela dei diritti che competono ai lavoratori, non ultimo quello di poter godere pienamente di un periodo di sospensione del lavoro che sia, davvero, foriero dei benefici ristoratori per il quale è stato pensato e regolato, senza preoccupazioni legate ad eventuali decurtazioni della retribuzione.
La nozione europea di retribuzione
E’ ormai chiaro a tutti gli operatori del diritto, molto meno invece ai lavoratori, che alcuni istituti propri del diritto del lavoro risentono fortemente sia dei principi dettati dalla normativa europea, che della cogente interpretazione comunitaria.
Nell’ambito della disciplina dell’organizzazione del lavoro e, più specificatamente, delle previsioni che regolano il diritto al riposo, l’art. 7 della direttiva n. 2003/88/UE stabilisce che, durante il periodo feriale, la retribuzione deve mantenere un livello coerente con quella prevista durante il tempo ordinario, includendosi tutti quei riconoscimenti economici che risultino generalmente correlati alle prestazioni svolte dal lavoratore, nonché al suo status personale e professionale.
Numerose sono state le pronunce rese dalla Corte di Giustizia Europea (sent. 20/1/2009 C-350/06 e C- 520/06; sent. 13/12/2018, C-155/10; sent. 13/12/2018 C-385/17) per garantire, all’interno dell’Unione, al dipendente il diritto al mantenimento, durante le ferie annuali, di una situazione retributiva sostanzialmente sovrapponibile, e quindi compatibile, con quella goduta durante lo svolgimento della prestazione lavorativa.
Realizzare un disequilibrio economico fra queste situazioni comporterebbe il rischio, che l’Unione intende fermamente avversare con questa disciplina a carattere imperativo ed inderogabile, che il lavoratore possa essere indotto, seppur in modo indiretto, a tralasciare il godimento del riposo, nella prospettiva di un guadagno inferiore rispetto al periodo di lavoro effettivo (sent. 13/12/2018 C‑385/17).
Proprio in un suo arresto (sent. 15/09/2011 C-155/10), la CGUE ha voluto ribadire che “qualsiasi incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro e che viene compensato tramite un importo pecuniario incluso nel calcolo della retribuzione complessiva del lavoratore (…) deve obbligatoriamente essere preso in considerazione ai fini dell’ammontare che spetta al lavoratore durante le sue ferie annuali”, mentre di contro possono essere esclusi da questo computo soltanto “gli elementi della retribuzione complessiva del lavoratore diretti esclusivamente a coprire spese occasionali o accessorie che sopravvengano in occasione dell’espletamento delle mansioni che incombono al lavoratore in ossequio al suo contratto di lavoro”.
L’orientamento della Corte di Cassazione
Di recente, la Cassazione ha per l’appunto ricordato che la nozione di retribuzione, da applicare durante il periodo di godimento delle ferie, risulta fortemente influenzata dalla interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per cui in questa devono essere ricomprese tutte quelle voci monetarie che risultino collegate all'esecuzione delle mansioni, nonché correlate allo status personale e professionale del lavoratore (da ultimo, Cass. n. 17495/25, Cass. n. 6282/25, Cass. n. 13321/24).
Da ciò ne consegue, quale logico corollario, che persino le indennità generalmente maturate dal lavoratore nel corso del rapporto lavorativo, siccome connesse anche con lo status professionale del dipendente, dovranno essere sempre retribuite a prescindere dal fatto che, siccome in ferie, la prestazione sottostante non sia stata materialmente eseguita, trattandosi di due aspetti del tutto svincolati fra loro.
La vittoria del personale sanitario: indennità di turno e di terapia intensiva non si toccano
È proprio di questi ultimi giorni la notizia che alcuni infermieri, resisi conto del mancato pagamento durante le ferie godute di alcune indennità normalmente previste dal contratto di lavoro, hanno visto puntualmente riconosciuti i loro diritti, con conseguente condanna dell’azienda sanitaria a provvedere in tal senso, liquidandogli quanto dovuto a titolo di differenze retributive non liquidate durante il tempo del riposo.
Il Tribunale di Salerno, con la recente sentenza n. 1311/25, si è occupato di verificare se, nel caso esaminato, fossero stati effettivamente rispettati i principi vincolanti tracciati dall’opera interpretativa fornita dalla CGUE, ovverossia se la retribuzione riconosciuta al personale sanitario ricorrente, durante il periodo feriale, fosse tale da porsi in contrasto con gli scopi perseguiti dal diritto dell’Unione.
Oggetto della disputa alcuni emolumenti tipici della cd. parte variabile della retribuzione (nel caso di specie, si trattava dell’indennità di turno giornaliera e dell’indennità di terapia intensiva), che non erano stati riconosciuti agli infermieri nelle buste paga relative ai giorni in cui i sanitari avevano fruito delle ferie.
Ebbene, il Giudice riprendendo le indicazioni fornite dalla CGUE ha ricordato che, laddove la retribuzione sia composta da una parte fissa ed una variabile, “anche le voci variabili devono essere incluse nella base di calcolo della retribuzione spettante durante le ferie, ove si tratti di indennità che compensino qualsiasi modo intrinsecamente collegato all'esecuzione delle mansioni che il lavoratore è tenuto ad espletare in forza del suo contratto di lavoro”.
Questo a prescindere sia dal valore più o meno significativo dell’emolumento, sia dal fatto che la mansione a cui sono correlate venga effettivamente svolta, dal momento che – come si legge – “non devono mutare i relativi incentivi/indennità, essendo proprio questa ripercussione finanziaria negativa che è capace di produrre il potenziale effetto dissuasivo sulla fruizione delle ferie che si intende evitare”.
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La decisione sulle indennità
Il Giudice ha quindi ritenuto che le indennità, di cui veniva censurato il mancato riconoscimento nel periodo feriale, dovessero essere comunque ricomprese nell’ambito dell’esecuzione delle mansioni del lavoratore, dovendole così computare nel concetto di retribuzione da liquidare nel periodo di ferie, anche a prescindere da eventuali diverse previsioni contenute nella contrattazione collettiva.
Queste indennità, legate al disagio della prestazione su turni ed alla natura della prestazione complessivamente richiesta, sono stata quindi ritenute strettamente correlate alle mansioni svolte dagli operatori sanitari ricorrenti, attenendo alle particolari condizioni di lavoro a cui sono ordinariamente tenuti (lavoro su turni o in reparto di terapia intensiva).
Assolutamente dirompente, infine, l’enunciato con cui, verificata la contraria impostazione contenuta nelle previsioni del CCNL applicabile al caso concreto, è stato giustappunto affermato che “le specifiche disposizioni della contrattazione collettiva che escludono o non includono il computo di tali indennità dalla nozione di retribuzione mensile, utile per il computo della retribuzione per le ferie, si pongono in contrasto con le norme di legge interne, di recepimento delle disposizioni di cui all'ordinamento sovranazionale di cui sopra, per come interpretate dalla giurisprudenza eurounitari”, con conseguente declaratoria di nullità delle stesse.
La verifica della busta paga: un’attività necessaria
Sarà quindi consigliabile che tutti i professionisti della Sanità, la cui retribuzione è tipicamente suddivisa in una quota fissa e l’altra variabile, svolgano tramite un consulente del lavoro specializzato nel settore sanitario una accurata quanto approfondita verifica delle buste paga, ricevute durante i periodi di lavoro non lavorati per ferie, ponendole a confronto con quelle relative al tempo effettivamente lavorato, per verificare eventuali discrepanze rispetto a voci che, invece, avrebbero dovuto essere riconosciute e conseguentemente liquidate, valutando così la possibilità di procedere all’invio di una diffida alla propria azienda datrice di lavoro per richiedere le differenze retribuite maturate, tenuto conto del limite prescrizionale quinquennale a far data dal momento in cui la voce non esposta avrebbe potuto essere richiesta.