Da questione di salute ad arma politica? Lichtner (Simit): “Essere contrari ai vaccini è come rifiutare il pronto soccorso”

Per la professoressa Miriam Lichtner, l’opposizione ideologica ai vaccini equivale a negare un servizio sanitario essenziale. Una posizione che, se cavalcata da movimenti politici, rischia di indebolire la fiducia dei cittadini e mettere a repentaglio la salute collettiva.

Sommario

  1. Un calendario vaccinale ampio e innovativo
  2. L’adesione e il ruolo delle strategie di prossimità
  3. Il rischio della politicizzazione e l’urgenza di corretta informazione

Le vaccinazioni restano uno degli strumenti più potenti a disposizione della sanità pubblica per prevenire malattie gravi e proteggere sia i singoli individui sia l’intera collettività. Nonostante i progressi raggiunti, permangono però differenze significative tra aree geografiche, categorie di popolazione e tipologie di vaccino. In Italia, l’impostazione del calendario vaccinale si distingue per completezza e attenzione a tutte le fasce d’età, un modello che in larga parte si ritrova anche in Europa. Eppure, le percentuali di adesione non sono omogenee: cali recenti e divari territoriali mettono in luce la necessità di rafforzare la fiducia dei cittadini e di semplificare l’accesso.

La questione non riguarda soltanto l’aspetto medico, ma investe anche quello sociale, culturale e persino politico. Dalla protezione contro l’HPV, ancora oggetto di resistenze, alle strategie di prossimità per i pazienti fragili, fino al rischio di derive ideologiche che minano la credibilità della scienza, il tema delle vaccinazioni è oggi un banco di prova cruciale per la salute pubblica e per la capacità dei sistemi sanitari di garantire equità ed efficacia.

Ne abbiamo parlato con la professoressa Miriam Lichtner, ordinario di Malattie infettive alla Sapienza di Roma, primario al Sant’Andrea e consigliere della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali).

Un calendario vaccinale ampio e innovativo

“La caratteristica del calendario vaccinale italiano – spiega Lichtner – è di avere un’ampia offerta, che include sia quello infantile che quello per l’età adulta.” L’idea alla base è di proteggere i cittadini in tutte le fasi della vita, con particolare attenzione alle categorie fragili, che la pandemia da Covid ha mostrato essere le più esposte. Oltre ai vaccini tradizionali, si aggiungono quelli contro infezioni sessualmente trasmesse che possono causare tumori gravi, come l’HPV.

Lichtner sottolinea che questa impostazione è in linea con i principali paesi europei: Francia, Spagna, Germania e Regno Unito. Tuttavia, evidenzia anche differenze culturali e legislative: in alcune nazioni i vaccini non sono obbligatori, eppure si raggiungono buone coperture. Il problema, dice, riguarda più che altro la reticenza su vaccini specifici: “Per esempio, c’è molta resistenza sulla vaccinazione per l’HPV, che è associato praticamente al 99% dei tumori del collo dell’utero. È una protezione innovativa, ma è stata percepita come rischiosa da parte della popolazione.” I dati scientifici, invece, parlano chiaro: nessuna pericolosità, ma una grande efficacia, tanto da estendere la raccomandazione anche ai ragazzi in età preadolescenziale.

L’adesione e il ruolo delle strategie di prossimità

La copertura vaccinale in Italia, precisa Lichtner, è “buona, ma dipende da tanti fattori.” Uno dei principali è la capacità dello Stato di rendere l’accesso semplice e capillare. Da questo punto di vista, le esperienze degli ultimi anni hanno dimostrato che quando si organizzano eventi vaccinali accessibili, senza liste d’attesa o appuntamenti complessi, la partecipazione cresce sensibilmente. “Abbiamo visto col Covid – racconta – ma anche con altre vaccinazioni: quando le persone possono presentarsi liberamente, l’adesione è altissima.”

La professoressa porta esempi concreti: i soggetti fragili, come i diabetici, possono ricevere vaccini direttamente nei centri dove già si recano per gestire la loro patologia. Lì trovano la possibilità di aggiornare il proprio libretto vaccinale, scoprendo spesso lacune anche su vaccini basilari come il tetano. In passato, questa logica era applicata nelle scuole, oggi meno necessaria grazie alla sensibilità dei genitori. Ciò che resta imprescindibile, secondo Lichtner, è “trovare strategie per far capire quanto sia importante vaccinare.”

In termini di ostacoli, Lichtner sottolinea che i veri No Vax sono pochi. Il problema principale è garantire equità nell’accesso, come dimostra il divario Nord-Sud: dove il sistema sanitario è più efficiente e capillare, la copertura cresce. L’obiettivo, ribadisce, resta quello del 95% per assicurare non solo la protezione individuale, ma anche quella collettiva.

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Il rischio della politicizzazione e l’urgenza di corretta informazione

Ma esiste una politicizzazione delle resistenze vaccinali? “È molto rischioso – avverte Lichtner – perché questi movimenti si legano al concetto di libertà. Come se chi promuove la vaccinazione volesse imporla e chi non si vaccina rivendicasse il diritto di scegliere.” In realtà, aggiunge, non vaccinarsi è un controsenso: la vaccinazione è un’offerta costosa per la collettività, ma con un enorme ritorno in termini di salute pubblica.

La professoressa paragona l’opposizione ai vaccini a chi volesse opporsi al pronto soccorso o agli ospedali: significa rifiutare un’azione sanitaria efficace. Per questo richiama alla necessità di un corretto counseling e di un dibattito fondato sui dati. “Io non voglio dire che chi crede nei vaccini ha ragione e basta – puntualizza –. Bisogna parlarne, ma partendo dall’evidenza.”

Le malattie infettive, spiega, hanno una peculiarità rispetto ad altre patologie come i tumori: si conosce l’eziologia, e il vaccino può bloccare non solo l’infezione, ma anche le forme più gravi. Perdere questa opportunità, conclude, “sarebbe un’involuzione, contraria al principio globale di rafforzare le risorse sanitarie e la salute collettiva.”

Di: Arnaldo Iodice, giornalista

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