Coordinatore infermieristico: al facente funzione spettano le differenze retributive

Scopri cosa ha stabilito una recente sentenza in merito al riconoscimento economico per gli infermieri che, senza incarico formale, svolgono mansioni superiori.

Sommario

  1. Incarichi da coordinatore infermieristico, ma senza contratto né compenso: la vicenda
  2. La richiesta e la ricostruzione del Tribunale
  3. Il principio di effettività della prestazione
  4. Le prove a favore dell’infermiere: compiti svolti in piena autonomia
  5. La sentenza: condanna all'azienda per 10mila euro di differenze retributive

Come per i dirigenti medici, che talvolta si ritrovano a svolgere (magari, assumendo per anni il ruolo di facente funzione, senza neppure ricevere incarichi formali) compiti di responsabilità superiori a quelli afferenti al loro inquadramento, anche il personale infermieristico vive situazioni analoghe allorchè a taluni di questi vengono assegnate, senza rispetto di particolari formalità, funzioni di coordinamento mantenendo il profilo contrattuale iniziale e senza il dovuto adeguamento retributivo. Di recente, il Tribunale di Lamezia Terme, in funzione di giudice del lavoro, si è espresso in un caso del genere, condannando il datore di lavoro al riconoscimento delle differenze retributive per il ruolo di facente funzione per anni ricoperto dall’infermiere ricorrente. 

Incarichi da coordinatore infermieristico, ma senza contratto né compenso: la vicenda

Dipendente con la qualifica collaboratore professionale sanitario, inquadrato nel livello D6 del C.C.N.L. comparto Sanità Pubblica, l’infermiere in questione riferiva che, per diversi anni, era stato adibito dal Direttore dell’U.O. allo svolgimento del ruolo di coordinatore infermieristico facente funzioni dei reparti presso i quali, nel corso di quel periodo, era stato assegnato.

In luogo delle attività proprie del suo ruolo contrattuale, il medesimo era stato esentato dalle rotazioni turnistiche, dovendo attendere in piena autonomia ai seguenti impegni:

  • predisposizione turni di lavoro
  • controllo presenze di infermieri e OSS 
  • pareri e autorizzazioni su richieste ferie e cambi turno 
  • richieste di interventi di manutenzione
  • approvvigionamento farmaci
  • programmazione piani terapeutici 
  • tutoraggio infermieri neo-assunti 
  • collaborazione alla formazione dei piani operativi e di controllo qualità

Considerando tali prestazioni tipiche del livello superiore di inquadramento D Super (DS), siccome previste dall’allegato 1 al C.C.N.L. Comparto Sanità Pubblica 1998-2001, il ricorrente reclamava il pagamento delle conseguenti differenze retributive per tutto il tempo in cui aveva ricoperto il maggior ruolo in veste di facente funzione.

La parte datoriale si costituiva nel processo, sollevando preliminarmente eccezione di prescrizione dell’azione presentata, contestandola peraltro nel merito non ritenendo le attività espletate utili ai fini del maggior trattamento economico rivendicato.

La richiesta e la ricostruzione del Tribunale

Alla luce delle risultanze probatorie raccolte nel corso del giudizio, il giudice è pervenuto al convincimento circa l’accoglimento delle pretese del dipendente. 

Prese le mosse dal riferimento alla normativa applicabile sul tema delle mansioni, si è infatti ricordato come l’art. 52 del D. Lgs. n. 165/2001 e successive modifiche stabilisca che “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per  effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive”. 

L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza” – specifica il medesimo disposto legislativo – “non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione”. 

L’assegnazione temporanea del prestatore di lavoro a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore è quindi ritenuta lecita soltanto in presenza di esigenze di servizio effettivamente riscontrabili, ovvero qualora sia necessario procedere alla sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto. 

In questi casi, il lavoratore che svolge le funzioni superiori deve però ricevere, per tutto il periodo in cui risulta assegnato, il trattamento economico stabilito per la qualifica superiore. 

Il comma 5 del medesimo disposto normativo prevede altresì che “al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma la lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore”, a condizione che i compiti propri delle mansioni superiori siano svolti in modo prevalente, sia sotto il profilo qualitativo e quantitativo, che temporale. 

Il principio di effettività della prestazione

Da tempo, la Corte di Cassazione è andata costruendo, sulla scorta di una condivisa lettura degli art. 36 Cost., 2103 c.c. e 2126, il cd. principio di effettività della prestazione, secondo il quale tutte le volte in cui il prestatore di lavoro svolga, in modo prevalente e continuativo, prestazioni tipiche di una qualifica, anche non immediatamente superiore a quella di inquadramento, ha diritto di ricevere, ai sensi dell’art.52, comma 5, d.lgs. del 30 marzo 2001, n. 165, il pagamento della retribuzione propria di detta qualifica superiore, avendone assunto le competenze e le responsabilità corrispondenti. 

Le prove a favore dell’infermiere: compiti svolti in piena autonomia

Tutte le prove documentali e testimoniali raccolte nel corso del processo sono state ritenute concordi nell’avvalorare la tesi per cui l’attività lavorativa svolta dall’infermiere è stata, per tutto il periodo contestato, inquadrabile nell’ambito del livello economico DS, piuttosto che nel livello economico D in cui risultava formalmente inquadrato. 

Infatti, aveva ricoperto, con piena autonomina e discrezionalità, la funzione di direzione e coordinamento delle risorse umane adibite al reparto (nello specifico, del personale infermieristico ed ausiliario), occupandosi poi dell’approvvigionamento dei farmaci e del materiale di consumo), nonché infine curando l’attività di tutoraggio degli infermieri in tirocinio. 

La sentenza: condanna all'azienda per 10mila euro di differenze retributive

Persuaso della ricostruzione fattuale adottata, il Tribunale del Lavoro di Lamezia Terme si è dunque definitivamente pronunciato con la sentenza n. 101/2025, resa il 20 marzo scorso, riconoscendo all’infermiere ricorrente, in forza del disposto di cui all’art. 52, comma 5, del D. Lgs. n. 165/2001, il diritto a ricevere l’adeguamento retributivo previsto per la categoria DS, con conseguente condanna dell’Azienda sanitaria al pagamento in suo favore del differenziale retributivo, calcolato in circa 10 mila euro, oltre al rimborso delle spese legali sostenute per il giudizio. 

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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