Nella seduta n. 358 del 23 ottobre 2025 è stato presentato in Senato l’Atto n. 1689 avente ad oggetto Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028: si tratta della cosiddetta “legge di Bilancio”, che viene approvata periodicamente alla fine di ogni anno e contiene la previsione delle entrate e delle uscite per l’anno successivo.
Attualmente il disegno di legge, composto da 149 articoli, è in corso di esame alla 5°Commissione permanente (Bilancio) del Senato. Ogni articolo della legge di bilancio, sino all’approvazione, può essere oggetto di uno o più emendamenti, cioè delle proposte di modifica, che ovviamente devono essere approvate nel medesimo testo da entrambe le Camere (Deputati e Senatori).
L’emendamento n. 69.0.25 a firma Biancofiore
La Senatrice Biancofiore ha formulato una proposta di modifica all’articolo 69 della legge di bilancio, chiedendo di introdurre, con l’emendamento n. 69.0.25, un nuovo articolo alla legge di bilancio, il 69 bis, il cui testo proposto è il seguente:
“1. L'articolo 7 della legge 8 marzo 2017, n. 24, è sostituito dal seguente articolo:
«Art. 7 - (Responsabilità civile dell'esercente la professione sanitaria e della struttura sanitaria o sociosanitaria) - 1. L'esercente la professione sanitaria che, nell'esercizio dell'attività svolta all'interno di una struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, cagiona un danno al paziente risponde in via principale del proprio operato a titolo di responsabilità contrattuale ai sensi dell'articolo 1218 del codice civile.
- La struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica o privata, risponde in via sussidiaria ai sensi dell'articolo 1218 del codice civile, esclusivamente nei casi in cui:
- a) non abbia assicurato un'adeguata organizzazione del servizio sanitario e assistenziale, conforme ai requisiti previsti dalle normative sanitarie vigenti;
- b) non abbia fornito al personale sanitario, e in primo luogo ai medici, gli strumenti, dispositivi e attrezzature idonei allo svolgimento delle attività;
- c) non sia in possesso delle autorizzazioni sanitarie all'esercizio dell'attività rilasciate dagli enti preposti.
- Resta ferma la possibilità per la struttura sanitaria o sociosanitaria che abbia risarcito il sanno in via sussidiaria di esercitare l'azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria nei casi e nei limiti di cui all'articolo 9.
Conseguentemente,
- Dopo il secondo comma dell'articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall'articolo 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, aggiungere il seguente: «resta ferma la responsabilità civile principale dell'esercente la professione sanitaria ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della medesima legge».
- All'articolo 9, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24, al termine del comma aggiungere il seguente periodo: «la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o provata può esercitare l'azione di rivalsa esclusivamente nei casi in cui abbia risarcito il danno in via sussidiaria, ai sensi dell'articolo 7, comma 2».
- All'articolo 10, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24, dopo le parole «anche ai sensi e per gli effetti delle disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 7, fermo restando quanto previsto dall'articolo 9» aggiungere le seguenti «, limitatamente alla responsabilità sussidiaria di cui all'art. 7, comma 2».
- All'art. 10-bis, comma 1, della legge 8 marzo 2017, n. 24, dopo le parole «l'esercente la professione sanitaria» aggiungere le seguenti «è tenuto a stipulare una polizza assicurativa che copra la responsabilità contrattuale principale di cui all'articolo 7, comma 1»”.
L’evoluzione della responsabilità del medico nella legislazione italiana
Oggi, come sappiamo, la responsabilità medica trova compiuta disciplina nella legge n. 24/2017, la cosiddetta legge Gelli-Bianco, ma il nostro Paese non ha sempre avuto un testo in materia di responsabilità del professionista sanitario.
In passato, secondo la giurisprudenza più risalente, la giurisprudenza riteneva che nell’ipotesi in cui un paziente venisse ricoverato presso una struttura del SSN non nasceva alcun rapporto di tipo contrattuale né con il SSN né con il medico che, materialmente, lo prendeva in cura; così articolato l’orientamento, per il paziente diventava impossibile – salvo alcune rare eccezioni – riuscire ad ottenere ristoro da una struttura pubblica in caso di malpratice medica.
Con il passare degli anni la giurisprudenza ha individuato dei profili di corresponsabilità tra la struttura sanitaria (pubblica o privata) e il medico che vi lavora all’interno, mutando così l’orientamento.
In materia di malpractice medica, nel nostro ordinamento ha trovato ingresso una teoria di origine tedesca, la cosiddetta teoria del contatto sociale qualificato, in virtù della quale nel momento in cui un paziente entra in contatto con la struttura sanitaria (pubblica o privata) ai fini del ricovero o di una visita, stipula un vero e proprio contratto con tale soggetto, che va a generare una duplice responsabilità, per l’ospedale e per gli operatori:
-La struttura sanitaria risponde dell’eventuale errore medico secondo i criteri della responsabilità contrattuale,
-Il professionista sanitario, invece, risponde in via extracontrattuale o aquiliana, per aver cagionato al paziente un danno ingiusto a seguito della commissione, con dolo o colpa, di un fatto illecito.
Fondamentale, per comprendere le norme sulla responsabilità medica, è la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
Si parla di responsabilità contrattuale quando due soggetti hanno stipulato tra loro un contratto (o un altro rapporto che li obblighi a prestazioni reciproche) e il debitore rimanga inadempiente nei confronti del creditore: in questo caso, il debitore dovrà risarcire al suo creditore i danni derivanti dall’inesatta esecuzione o dall’inadempimento della prestazione dovuta. Si parla, invece, di responsabilità extracontrattuale quando il danno sia stato cagionato da un fatto illecito, cioè contrario alla legge.
La differenza tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale diventa molto importante per il medico nel momento in cui viene coinvolto in un giudizio per un presunto caso di malasanità: i profili di rilevanza sono quelli attinenti la prescrizione e l’onereprobatorio:
- nell’ipotesi di responsabilità contrattuale l’eventuale azione di risarcimento esperibile dal paziente si prescrive in dieci anni, il “debitore” viene ritenuto presunto responsabile fino a prova contraria, ed ha l’onere di provare in giudizio la propria innocenza,
- nel caso di responsabilità extracontrattuale, invece, il paziente dovrà esercitare l’azione risarcitoria entro il termine di prescrizione di cinque anni, salvo che il fatto costituisca reato; l’onere di dimostrare che quello specifico danno subito sia effettivamente riconducibile a un preciso errore commesso dal debitore, questa volta, grava sul paziente danneggiato e non sul debitore.
Con il costante aumento delle sentenze di merito (cioè dei Tribunali e delle Corti d’appello) in materia di responsabilità medica, il Legislatore ha dovuto prendere atto della situazione di incertezza in cui versavano gli operatori sanitari, emanando nel 2012 la prima legge sulla responsabilità sanitaria, il cosiddetto Decreto Balduzzi.
Secondo il decreto Balduzzi il medico che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve, rimanendo comunque fermo il principio della responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.
Il decreto Balduzzi ebbe vita brevissima, e dopo soli cinque anni fu sostituito dalla legge Gelli-Bianco, la legge 8 marzo 2017 n. 24.
Secondo l’art. 7 della legge Gelli-Bianco la struttura sanitaria/sociosanitaria, sia pubblica e privata, che nell’adempimento della propria obbligazione nei confronti dei pazienti – relativa all’erogazione di servizi sanitari – si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria (medico, infermiere, operatore sociosanitario), anche se scelti dal paziente e anche se non dipendenti direttamente dalla struttura, risponde delle loro condotte, sia dolose che colpose. La responsabilità è estesa anche ai soggetti che operano in regime di libera professione intramuraria o nell’ambito dell’attività di sperimentazione e di ricerca clinica, in regime di convenzione con il SSN o attraverso la telemedicina.
Secondo la legge Gelli-Bianco la responsabilità della struttura sanitaria per l’opera svolta dall’esercente la professione sanitaria è di tipo contrattuale: sarà perciò la struttura sanitaria a dover dimostrare l’assenza di colpa nell’esecuzione della prestazione sanitaria da parte del professionista, incombendo su di lei il cosiddetto onere della prova del contrario.
La responsabilità del medico, anche con la legge Gelli Bianco, rimane di natura extracontrattuale, con onere della prova gravante sul paziente, che dovrà perciò dimostrare che l'evento lamentato sia una diretta conseguenza della condotta del medico.
Accanto alla responsabilità civile del medico, si colloca quella penale, derivante dalla morte o dalle lesioni che un paziente subisce in conseguenza dell’esercizio di una professione sanitaria: secondo l’articolo 590 sexies del codice penale, il medico è chiamato a rispondere penalmente di tali conseguenze solo in caso di colpa, e rischia una pena che può arrivare, nel massimo, a cinque anni di reclusione. Nel caso in cui il paziente sia morto o abbia riportato delle lesioni a causa di imperizia del medico, se questi ha rispettatole raccomandazioni previste dalle linee guida o – in mancanza – le buone pratiche clinico-assistenziali, la sua responsabilità penale è esclusa.
Cosa succederebbe alla responsabilità sanitaria se venisse approvato l’emendamento Biancofiore
Se passasse l’emendamento Biancofiore alla legge di Bilancio, l’impianto della legge Gelli-Bianco che abbiamo spiegato nel paragrafo precedente verrebbe stravolto, in quanto si tornerebbe a un sanitario che è responsabile in via principale del suo operato, ai sensi dell’art. 1218 codice civile: nella pratica, i pazienti ricomincerebbero a rivolgere le richieste di risarcimento del danno da malpractice direttamente nei confronti del professionista sanitario, riportando di fatto la situazione a prima della legge Gelli Bianco.
La Senatrice Biancofiore, nelle dichiarazioni che hanno accompagnato la presentazione dell’emendamento, sottolinea che il testo proposto tutelerebbe i cittadini, evitando di far ricadere sui già risicati bilanci di ospedali e cliniche (pagati con le tasche degli italiani) i danni materiali e reputazionali derivanti dalla responsabilità dei propri sanitari.
Alla pubblicazione del testo dell’emendamento sono insorte tutte le Associazioni di categoria dei professionisti sanitari, prima fra tutte la FNOMCeO, che attraverso il presidente Filippo Anelli ha dichiarato che l’emendamento “cancellerebbe con un colpo di spugna dieci anni di legislazione, riportando le lancette a prima della Gelli-Bianco”, aggiungendo che “Mentre il Governo lavora allo scudo penale e alla revisione organica della materia, qui si vuole far tornare il medico il principale bersaglio risarcitorio. Se ciò accadesse, rischieremmo strutture svuotate da una fuga in massa dei professionisti”.
Per ora i camici possono tirare un sospiro di sollievo: l’emendamento Biancofiore – come molti altri, tra cui Opzione Donna, alcune norme sul condono edilizio, il piano casa – è stato dichiarato inammissibile: pericolo scampato sulla modifica, in peius, della responsabilità sanitaria.