Turismo estetico: quanto è sicuro operarsi all’estero?

Denti perfetti, naso nuovo e capelli folti a prezzi stracciati: sempre più italiani partono per l’estero convinti di risparmiare. Ma dietro le promesse delle cliniche “all inclusive” esiste un vuoto normativo che lascia i pazienti soli in caso di complicazioni. Chi tutela davvero chi si affida a chirurghi oltre confine?

Sommario

  1. Il rovescio della medaglia: quello che molti non sanno
  2. Allora, chi protegge davvero il paziente?
  3. Perché serve una regolamentazione europea
  4. Cosa può fare il paziente per non mettersi nei guai
  5. Non è il turismo estetico il problema, ma la mancanza di tutele

Negli ultimi anni il turismo estetico è diventato quasi una moda. Basta aprire i social: influencer che tornano da Istanbul con un nuovo sorriso, pacchetti viaggio “volo + hotel + rinoplastica”, cliniche che si pubblicizzano come spa di lusso dove tutto sembra facile, veloce, indolore.

E i numeri parlano chiaro: sempre più italiani scelgono di partire all’estero per rifarsi il naso, i denti o i capelli, attratti da prezzi che in alcuni casi sembrano incredibilmente convenienti.

Ma dietro questa corsa al “ritocco in vacanza” si nasconde una domanda che troppo spesso rimane senza risposta: chi tutela davvero i pazienti che decidono di farsi operare oltre confine?

Il rovescio della medaglia: quello che molti non sanno

In molti casi, il paziente parte pensando di risparmiare e torna con complicazioni che richiedono cure urgenti, correzioni o addirittura interventi ricostruttivi.
Perché? Perché il turismo estetico presenta una serie di criticità di cui spesso non si ha piena consapevolezza.

Gli standard sanitari non sono gli stessi ovunque

Ogni Paese ha regole proprie su controlli, sterilizzazione, formazione del personale e ispezioni. L’aspetto esteriore di una clinica non dice tutto, e ciò che in Italia è obbligatorio altrove potrebbe essere solo raccomandato o addirittura inesistente.

Il marketing può essere più forte dell’etica

Foto prima/dopo ritoccate, recensioni pilotate, promesse di risultati “garantiti”: molte strutture costruiscono una comunicazione studiata per rassicurare senza però fornire un’informazione realmente trasparente. Il paziente rischia così di dire “sì” senza aver compreso fino in fondo rischi, alternative e possibili complicazioni.

Se qualcosa va storto, a chi ci si rivolge?

Una volta tornati in Italia, perseguire legalmente una clinica straniera è complesso e costoso. Ogni Stato ha regole proprie sulla responsabilità medica e non esiste un vero meccanismo che assicuri al paziente un risarcimento rapido o garantito.

Il follow-up? Spesso inesistente

Molti interventi estetici richiedono settimane di controlli, medicazioni, verifiche. Ma chi parte per un “ritocco express” di solito rientra in Italia dopo pochi giorni, quando le complicazioni non si sono ancora manifestate.

I ritocchi correttivi costano il doppio

Il paradosso è che chi pensa di risparmiare potrebbe ritrovarsi a spendere molto di più per sistemare problemi nati all’estero.

Allora, chi protegge davvero il paziente?

A oggi, la risposta è semplice: nessuno lo protegge completamente.

Il Paese straniero fa le sue regole

E non sempre sono garantiste come quelle italiane. Ciò significa che le tutele non sono uniformi e il paziente si affida a un sistema che spesso non conosce.

Il sistema italiano non può intervenire

La responsabilità medica italiana finisce dove finiscono i confini nazionali. Se il danno avviene all’estero, il paziente deve fare i conti con leggi e tribunali stranieri.

Le agenzie intermediarie non rispondono del risultato

Molte società che organizzano pacchetti estetici sono meri intermediari commerciali. Vendono un servizio, ma non garantiscono un esito. Se l’intervento va male, la loro responsabilità è limitata.

Perché serve una regolamentazione europea

Gli esperti di chirurgia plastica e diritto sanitario concordano: il turismo estetico va regolamentato esattamente come qualsiasi altra attività sanitaria transfrontaliera.
Questo perché la sanità non può essere trattata come una semplice esperienza turistica.

Servirebbero regole comuni su:

  • credenziali dei chirurghi;
  • requisiti strutturali delle cliniche;
  • assicurazioni obbligatorie;
  • follow-up garantito nel Paese d’origine;
  • informativa preoperatoria trasparente.

Solo così si potrebbe garantire un livello minimo di sicurezza per chi decide di mettere il proprio corpo nelle mani di medici stranieri.

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Cosa può fare il paziente per non mettersi nei guai

Senza una vera normativa uniforme, la prevenzione è l’unico scudo.
Ecco alcune buone pratiche fondamentali:

  • informarsi sulla clinica e verificare le sue certificazioni reali;
  • controllare chi è il chirurgo e quale specializzazione possiede;
  • chiedere un preventivo dettagliato e una consulenza preoperatoria;
  • pretendere documenti, cartelle cliniche e assicurazioni scritte;
  • diffidare dei prezzi troppo bassi;
  • programmare controlli post-operatori in Italia prima di partire.

Sono accortezze semplici, ma possono evitare problemi molto seri.

Non è il turismo estetico il problema, ma la mancanza di tutele

Viaggiare all’estero per un intervento estetico non è di per sé sbagliato.
Ci sono ottimi professionisti in molti Paesi, ma non si può ignorare che il paziente, oggi, è molto meno protetto rispetto a chi decide di operarsi in Italia.

La vera domanda che ogni persona dovrebbe porsi prima di prenotare è:

Vale davvero la pena mettere la propria salute in mani che non possiamo controllare e in un sistema che non ci garantisce protezione?

Finché non esisteranno regole chiare e condivise, il turismo estetico resterà una scelta che nasconde più rischi di quanti il marketing faccia credere.

 

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

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