Gruppo Facebook ‘Mia moglie’: "Cosa si innesca negli uomini che si iscrivono?"

La chiusura del gruppo Facebook “Mia moglie”, dove migliaia di uomini condividevano immagini intime delle proprie partner, ha riacceso il dibattito sul sessismo digitale. Francesca Schir, psicologa e psicoterapeuta, spiega cosa si innesca in questi uomini.

Sommario

  1. In rete si riaffermano i modelli patriarcali
  2. Cosa si può fare?

“L’iscrizione a gruppi sessisti non è un gesto isolato, ma risponde a bisogni psicologici precisi: appartenenza, riconoscimento, sfogo. Elementi che si intrecciano con fattori culturali e con dinamiche tipiche dei social network, dove il branco diventa terreno fertile per il sessismo”, spiega Francesca Schir, psicologa e psicoterapeuta, segretario del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (Cnop) e coordinatrice del Comitato Pari Opportunità dello stesso Consiglio, in una video-intervista. 

In rete si riaffermano i modelli patriarcali

Secondo la psicologa, l’attacco alle donne non si limita a offese generiche ma assume una connotazione sessualizzata e collettiva. “A emergere sono stereotipi radicati, prassi culturali che relegano la donna a un ruolo subordinato. La rete diventa così il luogo in cui si riaffermano modelli patriarcali, dove le donne vengono percepite come minaccia a un ordine gerarchico e, per questo, bersaglio privilegiato”. Il meccanismo è rafforzato dall’effetto dell’anonimato e dalla cosiddetta “disinibizione online”: dietro lo schermo non si percepisce lo sguardo, il dolore, la reazione dell’altro. “La persona diventa un avatar, un bersaglio. L’aggressione si normalizza, persino quando viene mascherata da ironia. I like e i commenti fungono da gratificazione immediata, rinforzando l’illusione di autoefficacia e incentivando la permanenza nel gruppo”. 

Cosa si può fare?

Non si tratta soltanto di psicopatologia individuale. “È un fenomeno trasversale, che riguarda uomini di diversi contesti sociali, più legato a un modello culturale interiorizzato che a disturbi clinici. Il sessismo viene legittimato come ‘goliardia’, ma è un dispositivo di denigrazione”. Cosa si può fare per arginare simili derive? “È necessario investire in educazione digitale ed emotiva, sviluppare empatia, consapevolezza e responsabilità. Ciò che scriviamo online ha effetti reali. E le vittime non devono essere lasciate sole: serve un sostegno che vada oltre la risposta legale, per contrastare quella che a tutti gli effetti è una forma di violenza digitale”.

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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