Ogni corsia di ospedale racconta storie di fragilità, coraggio e speranza. Tra le pareti dei reparti, la diversità culturale può diventare un ostacolo o una risorsa. Al Policlinico Gemelli di Roma, il progetto Ohana ha scelto di trasformarla in una forza: una famiglia allargata, dove nessuno si sente solo e ogni paziente è compreso nella sua unicità, indipendentemente dalla lingua o dal contesto culturale. Nato il 14 febbraio 2023 dall’intuizione di Cristina Pistacchio, infermiera e coordinatrice dipartimentale delle professioni sanitarie, Ohana nasce dall’osservazione diretta sul campo: un paziente che comprende e si sente accolto risponde meglio alle cure, e anche l’operatore sanitario lavora con più efficacia e serenità. “Ohana significa famiglia – spiega Pistacchio – ma non solo legami di sangue. È l’impegno condiviso di chi coopera, sostiene e non dimentica nessuno nelle nostre corsie”.
Operatori madrelingua e competenze integrate
Ohana ha costruito una rete di 134 professionisti e oltre 30 studenti volontari delle professioni sanitarie e studenti di medicina e surgery, specializzanti volontari, in grado di accogliere persone provenienti da 44 Paesi, parlando 40 lingue, compresa quella dei segni (lis). “Gli operatori non si limitano a tradurre: portano le proprie competenze professionali, garantendo sicurezza, chiarezza e supporto pratico, come accade nel caso di una donna polacca operata, aiutata a comprendere rischi e indicazioni terapeutiche grazie all’intervento combinato di linguaggio e professionalità”, spiega l’infermiera.
Ridurre le barriere culturali e linguistiche
Barriere linguistiche e culturali possono compromettere fiducia, adesione ai trattamenti e sicurezza del paziente. Ohana interviene con mediazione linguistica e culturale, accompagnamento alle visite e supporto diretto sul campo. Questo approccio migliora l’esperienza dei pazienti e la qualità complessiva delle cure, trasformando la diversità in una risorsa clinica e relazionale.
Formazione e mappatura delle competenze culturali
“Il progetto ha mappato inizialmente le competenze culturali interne, ampliando poi la rete su base volontaria- racconta ancora Cristina Pistacchio -. Il metodo scelto, training on the job, permette agli operatori di apprendere competenze transculturali direttamente sul campo, affiancando le équipe multidisciplinari senza sostituirle, per garantire un’assistenza integrata e culturalmente competente”.
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Impatto e risultati concreti
In soli due anni, Ohana ha dimostrato un impatto significativo: i pazienti stranieri mostrano maggiore comprensione e soddisfazione, mentre gli operatori riportano valorizzazione professionale e senso di appartenenza. “La competenza transculturale riduce incomprensioni, errori clinici e interruzioni dei percorsi terapeutici, migliorando l’efficacia delle cure e la sicurezza del paziente”, assicura la professionista sanitaria.
Verso una sanità inclusiva e replicabile
Ohana continuerà a crescere, con estensioni a nuovi reparti e l’inserimento di ulteriori lingue. Come sottolinea Pistacchio, “la diversità è una risorsa preziosa. La sanità deve essere sempre umana: integrare competenza tecnica e sensibilità interculturale significa offrire cure efficaci, sicure e davvero inclusive”. Il progetto dimostra che la medicina transculturale non è solo teoria, ma pratica quotidiana: un modello replicabile che promuove inclusività, rispetto e qualità delle cure, trasformando ogni paziente in protagonista del proprio percorso di salute.