Impianti dentali: senza esami preliminari il dentista rischia la condanna

Dopo essersi sottoposto alle cure del suo dentista, un paziente si ritrova senza denti e senza ossa su cui realizzare un eventuale impianto: il dentista avrà preso tutte le precauzioni necessarie per evitare questo tipo di conseguenze? Leggi l’articolo per scoprirlo.

Sommario

  1. La responsabilità medica in odontoiatria
  2. Colpa medica: la condanna definitiva

l signor A ha una protesi superiore fissa frontale composta da sei elementi, impiantata anni addietro dal dottor B. 

Non essendo più soddisfatto della protesi, dal punto di vista estetico, si reca dal dottor B per una visita di controllo, all’esito della quale il medico gli consiglia un intervento di lunga durata consistente in varie attività odontoiatriche: 

  • estrazione di sei denti,
  • quattro impianti endossei,
  • una devitalizzazione,
  • un’otturazione,
  • all’esito, l’applicazione delle corone plastiche

Prima di procedere alle attività estrattive il dottor B sottopone il signor A a varie visite, durante le quali prende le “impronte” e procede con la devitalizzazione del canino sinistro. 

Per il signor A l’estate è un mese abbastanza doloroso: nel mese di giugno viene sottoposto all’estrazione di sei denti (11,1 2, 22, 24 e 27) e, dopo aver tolto le suture, gli vengono posizionati tre impianti sui denti 22, 24 e 26, con estrazione del dente 25 su cui era apposto ulteriore impianto. 

A fine luglio si procede con la riapertura degli impianti per tappini di guarigione e l’applicazione di 15 punti. 

Dopo poco tempo il signor A è costretto a chiamare l’ambulatorio del dottor B d’urgenza poiché ha un imponente sanguinamento alle gengive; dalla visita emerge una forte mobilità del ponte frontale, che rende necessario il posizionamento di tre nuovi impianti. 

Il giorno successivo al posizionamento di questi impianti il signor A presenta ematomi e gonfiore sul volto: non più soddisfatto del lavoro del dottor B, decide di rivolgersi a un altro medico specialista, il dottor C, che durante la visita riscontra, purtroppo, un’infezione estesa con ascesso in zona 22-23, dove gli impianti presentavano un completo riassorbimento osseo. 

Il signor A, ritrovandosi con sette denti in meno, ritenendo che il dottor B non abbia correttamente svolto il suo lavoro, decide di denunciarlo alla Procura della Repubblica. 

La responsabilità medica in odontoiatria

La responsabilità penale del medico, perciò anche dell’odontoiatra, è regolata dagli articoli 589, 590 e 590 sexies del codice penale: se, nell'esercizio della professione sanitaria, il dentista cagiona la morte o delle lesioni al paziente (come, appunto, la perdita irreversibile di uno o più denti), rischia una pena che va da un minimo di tre anni (pena minima per le lesioni) a cinque anni di reclusione (pena massima prevista per l'omicidio colposo, salvo particolari circostanze in cui la pena può aumentare fino a dieci anni). 

La legge Gelli Bianco, nel 2017, ha introdotto una causa di giustificazione relativa alla condotta del sanitario, correlata al rispetto delle linee guida e/o delle buone pratiche clinico assistenziali, introducendo l’art. 590 sexies all’interno del codice penale; la norma stabilisce che qualora la morte o le lesioni del paziente si siano verificati a causa di imperizia del sanitario, la sua punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida (come definite e pubblicate ai sensi di legge) ovvero, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto. 

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Colpa medica: la condanna definitiva

I giudici di primo grado valutano la condotta del dottor B, sicuramente aggressiva e di tipo non conservativo, corretta ed esente da colpa medica, disponendo l’assoluzione del professionista. 

Di diverso avviso, invece, i giudici di secondo grado, i quali, rivalutando completamente le risultanze del processo di primo grado, pongono l’accento su quanto emerso dalla consulenza tecnica svolta dal perito d’ufficio e da quello del signor A, concordi nel riscontrare varie criticità nella condotta del dottor B, e precisamente: 

- assenza di informativa al paziente circa la tipologia e le conseguenze dei trattamenti pianificati, peraltro molto aggressivi, con conseguente inesistenza del consenso informato del paziente a ciascun trattamento, 

- mancata prescrizione, da parte del dottor B, di accertamenti diagnostici preliminari agli interventi (ortopanoramica, TAC),  

- errore di biomeccanica, consistente nel posizionare un ponte, ipotizzando la protesi da canino a canino e determinando così la frattura del canino di sinistra, con sua totale perdita, 

- omessa prescrizione di terapia antibiotica al paziente, in violazione delle linee guida vigenti. 

Secondo il giudizio della Corte d’appello, ritenuto immune da vizi anche dalla Corte di Cassazione, tutte le omissioni commesse dal dottor B sono idonee a qualificare la sua condotta come negligente, con conseguente configurabilità della colpa medica a suo carico. 

Il dottor B viene perciò ritenuto colpevole del reato di lesioni nei confronti del paziente, signor A, cui ha dovuto versare un risarcimento del danno, con una condanna provvisionale immediatamente esecutiva di venticinquemila euro, oltre a dover sostenere il costo delle spese degli ultimi due gradi di giudizio. 

 

Di: Manuela Calautti, avvocato

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