Usare l’AI per studiare Medicina: opportunità o rischio?

Uno studio pubblicato su BMJ esplora l’utilizzo dell’intelligenza artificiale da parte degli studenti di medicina. Strumento utile o scorciatoia pericolosa? Una riflessione su come cambia il modo di apprendere la professione medica.

Sommario

  1. Cosa dice lo studio del BMJ?
  2. Intelligenza artificiale: tra entusiasmo e dubbi
  3. Il ruolo delle università e l'importanza dell'equilibrio
  4. Uno scenario che riguarda anche l’Italia

Fino a poco tempo fa, parlare di intelligenza artificiale in medicina voleva dire riferirsi a software diagnostici, analisi predittive o supporto alla terapia personalizzata. Ma oggi l’AI è sempre più presente anche nelle mani degli studenti, diventando parte integrante del loro modo di studiare e prepararsi alla professione.

La conferma arriva da uno studio pubblicato sul British Medical Journal (BMJ), che ha acceso i riflettori su una tendenza ormai in crescita: l’uso di strumenti come ChatGPT, Gemini o Bing AI per studiare medicina.

Una pratica diffusa, ma che solleva domande importanti: è giusto incentivare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella formazione medica? E quali rischi comporta?

Cosa dice lo studio del BMJ?

La ricerca, condotta nel Regno Unito, ha coinvolto oltre 1.200 studenti di medicina. I risultati sono chiari: quasi 4 su 10 utilizzano regolarmente strumenti di intelligenza artificiale generativa per ripassare concetti, scrivere appunti, simulare quiz, o persino per preparare elaborati accademici.

Molti studenti si dicono entusiasti. L’AI, spiegano, li aiuta a comprendere concetti complessi in modo più semplice, rende lo studio più efficiente e permette di personalizzare il metodo di apprendimento. In poche parole, l’intelligenza artificiale diventa una sorta di “tutor virtuale”, sempre disponibile.

Intelligenza artificiale: tra entusiasmo e dubbi

Fin qui, tutto sembrerebbe positivo. Ma lo studio va oltre, e raccoglie anche le preoccupazioni degli stessi studenti e dei docenti.

Molti temono che l’uso dell’AI possa trasformarsi in una scorciatoia, portando a un apprendimento superficiale. Alcuni confessano di non riuscire più a studiare senza l’aiuto dell’AI, e c’è chi ammette di averla utilizzata per scrivere interi elaborati, sollevando non pochi dubbi sul fronte etico.

C’è anche il problema delle “allucinazioni”, ovvero delle risposte errate ma presentate con grande sicurezza da parte dei chatbot. Uno studente alle pr

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Il ruolo delle università e l'importanza dell'equilibrio

Di fronte a questo scenario, la risposta più sensata non è un divieto, ma una riflessione sul ruolo dell’AI nella formazione medica.

L’intelligenza artificiale può essere uno strumento potente, soprattutto se usato con consapevolezza. Può aiutare chi ha difficoltà, offrire un supporto in fase di ripasso, simulare casi clinici o spiegare concetti difficili in modo più accessibile.

Ma non può – e non deve – sostituire il ragionamento clinico, l’interazione con i pazienti, il confronto con i docenti, il lavoro di équipe.

Studiare medicina significa anche saper gestire l’incertezza, allenare lo spirito critico, confrontarsi con esperienze reali e imparare dagli errori. Nessun algoritmo può sostituire tutto questo.

Secondo gli autori dello studio, le università dovrebbero prendere posizione sull’uso dell’AI nello studio, non con divieti generici ma offrendo linee guida chiare.

Potrebbero, ad esempio:

  • insegnare agli studenti a validare le informazioni ricevute dall’AI;
  • promuovere corsi sull’uso etico e responsabile dell’intelligenza artificiale;
  • creare spazi di confronto tra studenti e docenti su come integrare questi strumenti senza snaturare la formazione.

Uno scenario che riguarda anche l’Italia

Anche tra gli studenti di medicina italiani l’uso dell’AI è sempre più diffuso. Alcune facoltà hanno iniziato a introdurre laboratori sul tema, altre lo vietano completamente durante le prove d’esame.

In un contesto in cui la formazione è sempre più digitale, la vera sfida sarà trovare il giusto equilibrio tra tecnologia e umanità, tra innovazione e responsabilità.

L’intelligenza artificiale può offrire un grande supporto allo studio della medicina. Ma solo se viene utilizzata come un alleato, non come un sostituto.

Di: Cristina Saja, avvocato e giornalista

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