Negli ultimi anni si discute sempre più spesso della possibilità che i medici di medicina generale (MMG) possano diventare dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), abbandonando l’attuale modello di convenzione. Una riforma di questo tipo avrebbe un impatto significativo non solo sull’organizzazione del lavoro dei medici, ma anche sull’assistenza ai cittadini e sull’intero sistema sanitario.
Medici di base: il modello attuale
Oggi i medici di medicina generale operano come liberi professionisti convenzionati con il SSN. Questo significa che, pur garantendo un servizio pubblico, non sono dipendenti diretti delle aziende sanitarie locali. Hanno un tetto massimo di pazienti da seguire (circa 1.500 per medico) e gestiscono in autonomia orari di studio, modalità di ricevimento e in parte anche la propria organizzazione del lavoro.
Questo sistema offre ai medici un certo margine di libertà gestionale, ma spesso lascia i pazienti in difficoltà per quanto riguarda gli orari di reperibilità e la possibilità di accedere a visite in tempi rapidi.
Cosa cambierebbe con la dipendenza
Se i medici di base diventassero dipendenti del SSN, ci sarebbero alcune novità rilevanti:
- Orari e reperibilità: verrebbero stabiliti turni più rigidi, con la possibilità di garantire ambulatori aperti anche in fasce serali o nei weekend, per ridurre la pressione sui pronto soccorso.
- Formazione continua: come avviene già per altri medici ospedalieri, la formazione e l’aggiornamento sarebbero gestiti e finanziati in modo più strutturato, con percorsi obbligatori.
- Lavoro di squadra: i medici di base lavorerebbero più facilmente all’interno delle Case di comunità, insieme a infermieri, specialisti e altri operatori sanitari, migliorando la presa in carico complessiva del paziente.
- Riduzione della burocrazia: la dipendenza potrebbe alleggerire i medici da alcune incombenze amministrative, affidandole direttamente alle strutture sanitarie.
Leggi anche
I possibili vantaggi per i cittadini
Per i pazienti, questa riforma potrebbe tradursi in:
- maggiore accessibilità agli ambulatori,
- tempi di attesa più brevi,
- assistenza più continuativa,
- una presa in carico più completa e integrata con altri servizi sanitari.
L’obiettivo sarebbe ridurre i casi in cui i cittadini si rivolgono al pronto soccorso per problemi che potrebbero essere gestiti sul territorio.
Le criticità del modello dipendente
Non mancano però i dubbi. Alcuni medici temono la perdita di autonomia professionale e la rigidità di un rapporto di lavoro subordinato. Inoltre, una riforma di questo tipo richiederebbe risorse economiche importanti e una riorganizzazione strutturale che potrebbe non essere semplice da attuare.
Il dibattito resta aperto: passare da un modello convenzionato a uno dipendente per i medici di medicina generale significherebbe cambiare in profondità il modo in cui si fa assistenza sul territorio. Una scelta che potrebbe garantire più servizi ai cittadini, ma che richiede un’attenta valutazione delle risorse, delle esigenze dei medici e dell’impatto sull’intero sistema sanitario nazionale.