Affaticamento dei sanitari: dovrebbe essere riconosciuto come un "rischio per i pazienti"

Scopri perché l'affaticamento dei sanitari dovrebbe essere riconosciuto come un rischio per i pazienti.

Sommario

  1. Un rischio clinico sistemico
  2. Strategie di contrasto: dalla formazione alla riorganizzazione
  3. Un cambiamento culturale necessario

In un sistema sanitario sempre più sotto pressione, il benessere psicofisico dei professionisti della salute è spesso trascurato. Tuttavia, l’affaticamento del personale sanitario — sia fisico che mentale — rappresenta una delle principali minacce alla qualità e alla sicurezza dell’assistenza clinica.

L’affaticamento non è solo una condizione di malessere personale, ma può compromettere seriamente l’accuratezza diagnostica, la tempestività degli interventi, la comunicazione tra colleghi e persino l’empatia verso il paziente. I turni prolungati, il lavoro notturno, la carenza di personale e la pressione emotiva quotidiana minano la lucidità decisionale e favoriscono errori medici, ritardi terapeutici, dimenticanze nelle prescrizioni e un peggioramento complessivo dell’esperienza di cura.

In situazioni di sovraccarico lavorativo, l'organismo entra in una fase di stress cronico che può alterare le funzioni cognitive superiori, in particolare l’attenzione, la memoria operativa e la capacità di giudizio. Non è un caso che l'affaticamento cronico sia spesso associato a fenomeni come il burnout e la compassion fatigue, due condizioni psicologiche che riducono sensibilmente la performance professionale.

Un rischio clinico sistemico

Il problema non riguarda solo i singoli professionisti, ma l'intero sistema sanitario. Quando un operatore sanitario è stanco, non è solo più vulnerabile agli errori: è meno collaborativo, meno efficace nelle relazioni interdisciplinari e meno reattivo in situazioni di emergenza. In questo senso, l’affaticamento si configura come un vero e proprio fattore di rischio clinico sistemico.

Molti studi correlano l’errore umano in ambito sanitario a condizioni di sovraccarico lavorativo. È quindi fondamentale che le strutture sanitarie adottino politiche di prevenzione dell’affaticamento, al pari di quanto si fa per il controllo delle infezioni o la gestione del rischio infettivo.

L'affaticamento fisico e mentale del personale sanitario non è solo un problema di benessere individuale, ma rappresenta una vera e propria minaccia sistemica alla sicurezza dei pazienti. Studi recenti confermano che turni eccessivamente lunghi, mancanza di pause e carenza di sonno riducono le capacità cognitive dei professionisti, aumentando il rischio di errori clinici. Questo impatto non si limita alle performance individuali, ma si estende all'intero sistema sanitario, riducendo la qualità dell'assistenza, aumentando il rischio di eventi avversi e generando una spirale di burnout e inefficienza organizzativa. Promuovere il benessere degli operatori sanitari significa, quindi, tutelare anche i pazienti.

Strategie di contrasto: dalla formazione alla riorganizzazione

La soluzione non si limita a "dormire di più", ma richiede un approccio sistemico:

  • Pianificazione dei turni più equilibrata: alternare il personale nei compiti ad alto impatto decisionale, ridurre le notti consecutive e prevedere tempi minimi di riposo tra i turni.
  • Monitoraggio del benessere psico-fisico: adottare strumenti di autovalutazione dello stress e affaticamento da parte del personale.
  • Promozione della cultura della segnalazione: riconoscere l'affaticamento come una condizione da segnalare, e non da nascondere per paura di stigmatizzazione.
  • Formazione continua sul benessere del personale: includere nei programmi ECM moduli specifici sul self-care e sulla gestione dello stress lavorativo.

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Un cambiamento culturale necessario

Riconoscere l’affaticamento dei sanitari come problema di sicurezza significa cambiare paradigma: da una responsabilità individuale a una responsabilità organizzativa. È necessario un cambiamento culturale che permetta di considerare il benessere del professionista non come un lusso, ma come una condizione essenziale per garantire cure sicure, tempestive ed efficaci. Il concetto di “cura della cura” deve entrare nei protocolli clinici, nella formazione, nella leadership e nella gestione delle risorse umane.

Prevenire l’affaticamento significa prendersi cura, indirettamente, anche dei pazienti. Un operatore sanitario attento, riposato e motivato è più sicuro, più empatico e più efficace. Non si tratta di un dettaglio gestionale, ma di una priorità strategica per qualsiasi sistema sanitario che voglia davvero mettere il paziente al centro.

Di: Cristina Saja, giornalista e avvocato

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