L’attività del farmacista e del coadiutore amministrativo sono sempre estremamente delicate, richiedendo massima attenzione e cura soprattutto nella fase di individuazione del farmaco prescritto e nella verifica dell’effettiva conformità di quest’ultimo con quello che poi viene effettivamente consegnato al paziente, che ne fa richiesta, posto come un’assunzione prolungata nel tempo di un farmaco sbagliato possa provocare danni, talvolta molto gravi, con conseguenze risarcitorie davvero rilevanti.
È quanto recentemente discusso davanti alla sezione Civile del Tribunale di Vibo Valentia che, con ordinanza depositata qualche mese fa, ha riconosciuto la grave negligenza di 2 dipendenti di una farmacia, che avevano erroneamente affidato ad un paziente trapiantato un farmaco chemioterapico, in luogo di quello antirigetto indicato nella ricetta, con conseguente condanna della struttura al pagamento di oltre 300 mila euro a titolo di danni provocati.
Il farmaco errato e il contenzioso
La vicenda sfociata in contenzioso riguarda un paziente che, dopo essere stato sottoposto a trapianto di fegato, si recava presso la farmacia per acquisire il farmaco prescrittogli per sostenerlo nella terapia antirigetto.
In luogo di quanto indicato nella ricetta medica, riceveva dal coadiutore amministrativo e sotto la riferita supervisione del dirigente farmacista di turno presente in quel momento, un farmaco diverso che, assunto inconsapevolmente per un paio di mesi, gli provocava una sintomatologia piuttosto violenta tipicamente legata ad un episodio di gastroenterite tossica.
Ritornato alla medesima farmacia per ritirare la seconda confezione del farmaco inizialmente prescritto, si rendeva conto, al momento della ricezione, dell’errore commesso in precedenza, riferendo a ciò le complicazioni registrate durante il primo trattamento.
Dopo l’introduzione da parte dell’interessato del procedimento per accertamento tecnico preventivo ai fini del bonario componimento della lite, durante il quale veniva peraltro raccolta la consulenza tecnica d’ufficio che confermava sia l’erroneità della condotta professionale che il pregiudizio provocato, il malato decedeva con conseguente subingresso degli eredi, che coltivavano la richiesta risarcitoria avanzata dal loro congiunto.
Inquadramento giuridico
Preliminarmente, vale osservare come il Giudice, riprendendo principi da tempo consolidati, peraltro pienamente accolti dalle disposizioni contenute nella l. n. 24/2017, ha ricordato come la responsabilità della struttura sanitaria per i danni provocati ad un paziente possano ricondursi sia all’art. 1218 c.c., qualora non adempia correttamente alle prestazioni derivanti dal contratto di spedalità, sia all’art. 1228 c.c. laddove, nell’esecuzione delle attività di cura, si avvalga dell’opera di soggetti terzi, siano essi dipendenti o professionisti esterni, nelle vesti di esercenti professioni sanitarie, ovvero di personale ausiliario.
Conseguentemente, la prova a carico del paziente consiste nel dimostrare il rapporto negoziale, allegando il peggioramento delle proprie condizioni di salute in stretta correlazione causale (secondo la regola del più probabile che non) con la condotta ritenuta inadempiente, gravando poi sulla struttura la prova contraria che la prestazione è stata invece effettuata diligentemente e che gli esiti sarebbero stati provocati da un fatto imprevisto e imprevedibile.
La valutazione del fatto
Calati i principi regolatori sulla vicenda giunta all’esame giudiziale, il magistrato si è quindi persuaso, anche alla luce delle risultanze raccolte nel corso dell’espletata CTU, che la responsabilità della struttura fosse pienamente impegnata, essendo i dipendenti della farmacia incorsi in grave negligenza per aver consegnato al paziente un farmaco chemioterapico, in luogo del prescritto farmaco anti-rigetto, provocando l’insorgere di un’insufficienza renale cronica correlata alla gastroenterite tossica ed alla disidratazione grave dovute all’assunzione protratta nel tempo del farmaco sbagliato, con conseguente necessità di accedere al trattamento dialitico.
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La decisione finale
Pertanto, riconosciuta la responsabilità contrattuale della struttura in questione, la stessa è stata condannata al risarcimento dei danni patiti dal paziente, liquidati in favore degli eredi per la sua premorienza nella misura di oltre 300 mila euro, con vittoria delle spese di giudizio sostenute.