Infermiere ottiene l’aspettativa: il Tribunale sancisce l’urgenza e condanna l’ASL

un provvedimento cautelare, il giudice conferma la legittimità della richiesta di sospensione dal servizio e riafferma la tutela della mobilità e della professionalità del personale sanitario.

Sommario

  1. Un tema ricorrente nei rapporti di lavoro sanitario
  2. Il ricorso d’urgenza e la richiesta di aspettativa
  3. Cosa prevede il CCNL Sanità sull’aspettativa
  4. Aspettativa non retribuita per motivi personali o di famiglia
  5. Aspettativa non retribuita per motivi di lavoro e gravi motivi familiari
  6. Aspettativa non retribuita: diritto o no?
  7. Il giudice conferma il diritto del lavoratore
  8. Una pronuncia che si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato
  9. Il ricorso cautelare come strada più efficace

Nessuna pausa estiva quando è in ballo la richiesta di un infermiere di vedersi riconosciuta l’aspettativa non retribuita per ragioni di lavoro.

Il Tribunale di Sassari coglie puntualmente l’urgenza insita nell’istanza presentata dal dipendente sanitario e, respinte tutte le obiezioni opposte dall’amministrazione pubblica, accoglie integralmente le ragioni del ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in atti ordinandole, con provvedimento reso lo scorso 14/08, l’immediata concessione dell’aspettativa ex art. 12, comma 8, lett. b) CCNL Comparto Sanità 2001 per tutta la durata dell’incarico indicato dal ricorrente.

Un tema ricorrente nei rapporti di lavoro sanitario

Una delle questioni più dibattute nei  rapporti di lavoro sanitario è quello legato alle sorti delle richieste di concessione dell’aspettativa non retribuita che, in molte occasioni, vengono presentate dal personale infermieristico alla propria azienda per poter prendere servizio presso altre strutture, generalmente all’esito di un procedimento selettivo a cui ha partecipato.

Queste istanze, di per sé pienamente legittime per i motivi che vedremo, trovano spesso ferma opposizione nella parte datoriale di appartenenza che, in taluni casi, frappone ingiustificabili dinieghi mentre, in altri, intollerabili silenzi che, senza la necessaria ed immediata reazione, rischiano di condurre alla perdita di vere e proprie opportunità di lavoro e di vita, non sempre ripresentabili.

Il ricorso d’urgenza e la richiesta di aspettativa

Dipendente a tempo indeterminato con il ruolo di Collaboratore Professionale Sanitario Infermiere, il ricorrente depositava ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. nei confronti della sua Azienda, invocando l’immediata concessione dell’aspettativa non retribuita, prevista dall’art. 12 comma 8 lett. b) CCNL Comparto sanità 2001, già negata dalla stessa amministrazione, così da poter prendere  servizio presso altra ASL, a cui avrebbe potuto accedere con contratto a tempo determinato fino al 31/12/2025, giusta scorrimento della graduatoria relativa alla procedura a cui aveva partecipato.

L’infermiere assumeva altresì che tale opportunità gli avrebbe consentito di contemperare al meglio alcune esigenze di carattere familiare e che, pur non essendo previsto un termine entro il quale prendere servizio, la conclusione del contratto risultava piuttosto ravvicinata, da cui il carattere d’urgenza della pretesa giudiziale presentata.

Cosa prevede il CCNL Sanità sull’aspettativa

Nell’ambito della professione infermieristica, l’aspettativa viene disciplinata dall’art. 12, commi 1 ed 8, del CCNL integrativo del CCNL Comparto Sanità 2001 secondo cui:

1 - “Al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta possono essere concessi, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio. […]”.

8 - “L’aspettativa, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, è, altresì, concessa al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato: a) per un periodo massimo di sei mesi se assunto presso la stessa azienda o ente del medesimo comparto ovvero ente o amministrazione di comparto diverso con rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di vincita di pubblico concorso per la durata del periodo di prova; b) per tutta la durata del contratto di lavoro a termine se assunto presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre pubbliche amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea con rapporto di lavoro ed incarico a tempo determinato; c) per la durata di due anni e per una sola volta nell’arco della vita lavorativa per i gravi e documentati motivi di famiglia, individuati - ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 4 della legge 53/2000 - dal Regolamento interministeriale del 21 luglio 2000, n. 278, pubblicato sulla GU dell’11 ottobre 2000, serie generale n. 238.

Tale aspettativa può essere fruita anche frazionatamene e può essere cumulata con l’aspettativa di cui al comma 1 se utilizzata allo stesso titolo”.

Aspettativa non retribuita per motivi personali o di famiglia

Come si legge dalle richiamate disposizioni, vengono in rilievo diverse ipotesi in cui il sanitario dipendente si può venire a trovare, con le conseguenziali prerogative.

La prima, descritta dal comma 1, concerne la richiesta di aspettativa non retribuita per motivi personali o di famiglia.

In questi casi, al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che faccia formale e motivata richiesta, l’Azienda può rispondere favorevolmente riconoscendo, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio.

Laddove ricorrano questi presupposti, l’amministrazione non è quindi obbligata alla concessione dell’aspettativa non retribuita, potendola invero negare per ragioni di servizio, che andranno però motivate.

Aspettativa non retribuita per motivi di lavoro e gravi motivi familiari

Il successivo comma 8, lett. a), b) e c) descrive altre distinte situazioni.

La prima riguarda la richiesta proveniente dal sanitario, dipendente a tempo indeterminato, che sia stato assunto presso la stessa azienda o ente del medesimo comparto, ovvero ente o amministrazione di comparto diverso con rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di vincita di pubblico concorso per la durata del periodo di prova e, comunque, per un periodo massimo di 6 mesi.

La seconda concerne, invece, l’aspettativa concessa a coloro che risultassero assunti, con contratti od incarichi a tempo determinato, presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre pubbliche amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea, valevoli per tutta la durata del contratto.

L’ultima attiene, infine, a gravi e documentati motivi di famiglia, individuati - ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 4 della legge 53/2000 - dal Regolamento interministeriale del 21 luglio 2000, n. 278, pubblicato sulla GU dell’11 ottobre 2000, serie generale n. 238, e viene riconosciuta per la durata di due anni e soltanto una volta nell’arco della vita lavorativa dell’interessato.

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Aspettativa non retribuita: diritto o no?

Posto l’elenco di situazioni in cui il sanitario è comunque legittimato a domandare alla propria azienda l’aspettativa non retribuita, la questione di rilievo attiene l’esistenza o meno di un legittimo diritto soggettivo a pretenderne la successiva concessione: in poche parola, l’amministrazione è obbligata o no ad accogliere l’istanza ricevuta dal dipendente?

La giurisprudenza, che si è trovata a decidere su dinieghi opposti dalle Aziende sanitarie ai loro dipendenti, che avevano protocollato domande d’aspettativa per motivi riconducibili alla previsione descritta al comma 8, ha spesso optato per l’annullamento del provvedimento amministrativo, ritenendolo illegittimo dal momento che, in questi casi, nessun potere discrezionale sarebbe riconosciuto alla PA.

La diversa formulazione del comma 1 (per cui i periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia “possono” essere concessi, compatibilmente con le esigenze di servizio), rispetto a quella utilizzata nella redazione del comma 8 (per cui l’aspettativa “è” concessa), è stata infatti interpretata riconoscendo, nei casi descritti dal succitato comma 8, un vero e proprio diritto soggettivo del lavoratore ad ottenere l’assenso dall’Azienda di appartenenza.

Il giudice conferma il diritto del lavoratore

In piena adesione a questo orientamento, si è espresso il Tribunale di Sassari che, a sostegno dell’ordinanza resa lo scorso 14/08, ha ribadito che “il tenore letterale della norma contrattuale impone di ritenere che il dipendente abbia il diritto soggettivo di ottenere l’aspettativa senza che sia configurabile uno spazio di discrezionalità riservato al datore di lavoro, ricorrendo i presupposti di cui al comma 8 lett. b) del citato art. 12, sussistenti nel caso di specie”.

Proprio l’utilizzo della formulazione “è, altresì, concessa”, in luogo della locuzione “possono” contenuta nel comma 1, depone chiaramente per questa interpretazione distintiva che, nel primo caso, non consente alcun margine di valutazione amministrativa circa l’eventuale bilanciamento fra le esigenze del lavoratore e quelle di organizzazione o servizio interne all’Azienda.

Secondo il magistrato l’aspettativa per motivi personali e familiari impone, peraltro, la descrizione dei motivi a sostegno della richiesta, mentre l’inciso “a domanda” avvalorerebbe la tesi per cui la P.A. non sarebbe tenuta neppure a svolgere un bilanciamento di interessi fra pubblico e privato.

E la diversità di trattamento risiederebbe nel fatto che, nelle ipotesi di motivi di lavoro, verrebbe tutelata la “più ampia mobilità e flessibilità del dipendente, e ciò in ragione della elevata professionalità dei lavoratori coinvolti e del particolare settore in cui gli stessi operano, sicché la norma appare finalizzata anche a tutelare l’interesse pubblico sotto il profilo della qualificazione e della formazione di personale sempre più specializzato”.

Una pronuncia che si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato

Dopo altri precedenti, che hanno visto le Sezioni lavoro di altri Tribunali dare ragione a dirigenti medici in fattispecie del tutto analoghe, si registra allora un nuovo pronunciamento giudiziale che, percorrendo il medesimo solco interpretativo, ha favorevolmente inteso la richiesta di un infermiere.

Da registrare come, in questo ultimo caso, si sia altresì aggiunta, visto lo strumento cautelare utilizzato dal ricorrente, la valutazione dell’urgenza che, per l’appunto, è stata pienamente riconosciuta rendendosi necessario, per non veder irrimediabilmente compromessa l’opportunità lavorativa descritta dal dipendente, l’adozione dello strumento dell’ordinanza, con cui l’Azienda è stata condannata alla concessione immediata dell’aspettativa ex art. 12, comma 8, lett. b) CCNL Comparto Sanità 2001 come richiesta per tutta la durata dell’incarico.

Il ricorso cautelare come strada più efficace

Il percorso legale utilizzato nel caso in questione è del tutto coerente con quello che, in questi casi, appare consigliabile apparendo senz’altro opportuno che, una volta individuati i profili di illegittimità nella condotta aziendale che respinga la domanda di aspettativa non retribuita, ovvero  rimanga inerte per un tempo irragionevole, si ricorra a quelle procedure cautelari che, appositamente previste dal nostro ordinamento nelle situazioni di particolare urgenza ed indifferibilità, potranno celermente condurre all’emissione di provvedimento giudiziale, che imporrà alla PA l’immediata concessione, nei casi previsti, dell’aspettativa non retribuita, senza così perdere occasioni lavorative e di vita.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

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