Commissione D’Ippolito: una nuova responsabilità penale per i medici

Il Ministero della Giustizia propone una riforma per chiarire i criteri di imputabilità dei sanitari. Al centro del dibattito, la distinzione tra colpa lieve e grave, la tutela della professionalità medica e la delusione del mondo sanitario per la mancata depenalizzazione dell’atto medico.

Sommario

  1. Le modifiche al codice penale: criteri oggettivi e soggettivi
  2. Reazioni alla proposta di riforma della responsabilità professionale

Il Ministero della Giustizia ha istituito la “Commissione per lo studio e l’approfondimento delle problematiche relative alla colpa professionale medica”, cd. “Commissione D’Ippolito”, che prende il nome dal Magistrato che la presiede.

Il fine perseguito è quello di restituire chiarezza normativa e serenità professionale ai sanitari, garantendo un equilibrio con la tutela dei diritti dell’assistito.

Le modifiche al codice penale: criteri oggettivi e soggettivi

La Commissione ha proposto una nuova formulazione dell’art. 590 sexies c.p.  e l’introduzione di una nuova norma, l’art. 590 septies c.p. per chiarire in modo netto i due profili, quello oggettivo e quello soggettivo, della causa di esonero della responsabilità penale del sanitario.

Innanzitutto, nella nuova formulazione dell’art. 590 sexies c.p. “Limiti della responsabilità in ambito sanitario”, si chiarisce quando vi sia un’esclusione “oggettiva” dei fatti illeciti previsti dagli articoli 589, 590, 593 bis cp (omicidio colposo, lesioni personali colpose, interruzione colposa di gravidanza) ovvero quando risulti che la prestazione è conforme agli indirizzi di diagnosi e cura adeguati alla specificità del caso concreto.

È stata proposta l’eliminazione del riferimento alla sola colpa per imperizia, al fine di ricomprendere, nella nuova previsione normativa, anche le ipotesi di colpa da negligenza e da imprudenza.

La norma prevede, poi al secondo comma, che “rilevano quali indirizzi di diagnosi e cura le raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi dell’art. 5 della legge 8 marzo 2027 n. 24, le buone pratiche clinico- assistenziali, nonché altre scelte diagnostiche e terapeutiche adeguate alla specificità del caso concreto”.

Secondo la Commissione D’Ippolito, il mero riferimento alle linee guida sarebbe stato insufficiente poiché sono strumenti difficili da costruire, con procedure molto costose e difficilmente aggiornabili e, dunque, recano in sé il rischio di una rapida obsoloscenza.

L’art. 590 septies “Responsabilità solo per colpa grave”, di nuovo conio, nel primo comma, regola le fattispecie in cui l’osservanza degli indirizzi di diagnosi e cura manca o è inadeguata; dunque, le ipotesi in cui l’elemento oggettivo del reato sussiste e occorre stabilire i limiti della responsabilità del sanitario dal punto di vista soggettivo della colpa.

Il fine della Commissione è quello di fornire una bussola normativa che orienti correttamente l’attività sanitaria e, nel contempo, offra una guida agli operatori del diritto per il corretto accertamento della colpevolezza.

Il perimetro è molto ampio poiché ricomprende le condotte relative a:

  • mancato ricorso a comuni cautele;
  • errata scelta dell’indirizzo di diagnosi e cura (dunque anche l’omessa diagnosi differenziale);
  • errata esecuzione dell’attività (dunque anche l’errore operatorio);
  • adozione di indirizzi di diagnosi e cura più rischiosi non giustificati da prospettive favorevoli per l’assistito;
  • violazione delle misure organizzative della sicurezza delle cure.

 

Il secondo comma delimita il perimetro della colpa medica, in caso di attività sanitaria di speciale difficoltà, ai soli casi di colpa grave.

Il terzo comma individua quattro elementi indicativi di speciale difficoltà:

  • scarsità delle risorse umane e materiali disponibili;
  • mancanza o limitatezza di conoscenze scientifiche o di terapie adeguate;
  • severità e complessità della malattia;
  • presenza di situazioni di rilevante urgenza o emergenza.

In sostanza, si richiamano le ipotesi già previste dal cd. “Scudo penale”, introdotto dal decreto-legge 44/2021 per far fronte all’emergenza Covid.

La Commissione D’Ippolito ha proposto l’introduzione di una nuova norma, l’art. 411 bis c.p.p, per rispondere all’esigenza di evitare che i sanitari siano esposti ad una pretestuosa colpevolizzazione a scopo di lucro.

Tale norma mira a stimolare rapide archiviazioni in caso di denunce o querele per reati insussistenti e a disincentivare accuse pretestuose prevedendo, in sede di eventuale archiviazione, una sanzione civilistica a carico del denunciante o del querelante ed in favore dell’indagato, qualora la notizia di reato sia “temeraria”.

La riforma prevede poi un’integrazione dell’art. 221 cpp e delle relative norme di attuazione con l’introduzione di un nuovo art. 73 bis norme di attuazione che prevede criteri più stringenti per la nomina di periti e consulenti tecnici che devono attestare i propri titoli e la propria esperienza professionale adeguati per offrire una risposta precisa ai quesiti del giudice, prevede il principio di collegialità dell’elaborato peritale (con nomina di un medico legale e di un esperto con specifica e pratica conoscenza della materia), ampia rotazione nelle nomine e l’esclusione di una nuova nomina (in successivo procedimento nel medesimo distretto di Corte di Appello per i tre anni successivi) in caso di omesso deposito dell’elaborato peritale nel termine assegnato o prorogato per la prima volta.

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Reazioni alla proposta di riforma della responsabilità professionale

La proposta di riforma della responsabilità professionale ha suscitato diverse critiche nel mondo sanitario poiché è stata disattesa l’aspettativa di una totale depenalizzazione dell’atto medico ed è stata anzi letta come un passo indietro rispetto allo “Scudo Penale”.

Il terreno di scontro si focalizza sul tema della punibilità in caso di colpa grave.

Il Segretario Nazionale ANAAO ASSOMED, Dr. Di Silverio, ha aspramente criticato la proposta di riforma della Commissione D’Ippolito poiché non rispondente all’esigenza di sicurezza invocata a nome di una classe medica sempre più spesso delegittimata ed esposta a continue denunce ed a ricorrenti diffamazioni.

Le molteplici richieste, avanzate dal Sindacato ANAOO alla Commissione, sono state del tutto oblìate, in particolare: la proposta di sostituire il concetto di “risarcimento” con quello di “indennizzo” (poiché l’indennizzo non presuppone la ricerca di un colpevole); l’istituzione  di una commissione per valutare le richieste di indennizzo prima che si attivasse il percorso della responsabilità penale; la previsione di una procedura obbligatoria di conciliazione prima di adire le vie legali; una modifica del termine di prescrizione del reato per evitare che il medico si trovasse a distanza di anni a subire, per la medesima condotta, una doppia imputazione per il reato di lesioni colpose e per omicidio colposo.

Tali proposte erano tutte finalizzate ad evitare che i medici fossero travolti da un processo che, anche se nel 97% dei casi si risolve con una sentenza di assoluzione, comporta un prezzo elevato in termini di reputazione professionale, esposizione mediatica, travaglio giudiziario.

L’auspicio del predetto Sindacato è quello di coinvolgere nei lavori della Commissione anche i medici che “ancora operano e curano”, per dare voce a chi ben conosce la complessità di ogni atto medico, esposto alla variabilità diagnostica e terapeutica, al di là di una visione troppo tecnicistica e avulsa dalla realtà operativa quotidiana del mondo sanitario.

La speranza, ampiamente disattesa, era che venisse depenalizzato il reato di cui all’art. 590 sexies c.p., alla stessa stregua del reato di abuso d’ufficio.

L’auspicio è che il Ministero della Salute possa intervenire efficacemente, integrando l’impianto legislativo, per soddisfare le legittime istanze di tutela dei diritti dei sanitari.

Di: Anna Rodinò Toscano, avvocato penalista

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