Mantenere standard di assistenza e cura come quelli spesso riconosciuti al nostro sistema sanitario è talvolta legato ad un surplus lavorativo del personale, dirigenza inclusa, che non ha eguali in ambito europeo.
Turni di lavoro che esondano i limiti contrattuali, periodi di reperibilità passiva continuamente interrotti per gestire richieste telefoniche di consulenze, servizi di guardia che sfiancano il medico su più fronti contemporaneamente.
E le ferie annuali diventano così un miraggio, a cui spesso occorre parzialmente rinunciare per garantire la continuità dei servizi, venendo così minato, dalle fondamenta, il sacrosanto diritto a periodi lungi e continuativi di riposo necessari per ritemprare le forze.
Due dirigenti, anni di lavoro senza sosta e decine di giorni di ferie non godute
Questo è quello che è accaduto a 2 direttori di struttura complessa che, per anni, hanno rivestito funzioni apicali di elevata responsabilità, impegnandosi senza sosta per garantire le attività essenziali ed inderogabili dei rispettivi reparti assegnati, con l’ulteriore aggravio dello sforzo profuso per la gestione organizzativa del periodo pandemico.
Conclusi i loro rapporti di lavoro per dimissioni volontarie, gli stessi riscontravano sul loro ultimo cedolino l’evidenza di un enorme quantitativo di giorni di ferie non goduti pari, nel primo caso, a 136 mentre, nell’altro, addirittura a 189.
Giunti quindi alla fine del loro servizio, speravano di poter ricevere, perlomeno, una gratificazione economica per tutto questo surplus di lavoro, ma nulla: l’azienda sanitaria negava qualsiasi riconoscimento economico, forte (a suo dire) dell’applicazione del divieto sancito dall’art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012.
La presa in carico del team legale del Club
Delusi ed amareggiati per ciò che consideravano un’ingiustizia, i due dirigenti medici non si sono però dati per vinti e, volendo comprendere i termini della questione, facevano ricorso al team legale messo a disposizione per i clienti Club Professioni Sanitarie, ricevendo immediatamente una approfondita valutazione tecnica dei loro casi cui seguiva, una volta verificata la legittimità delle loro pretese, l’affidamento ad un professionista esperto che, nel giro di qualche giorno, dava subito corso alla richiesta di pagamento dell’indennità sostitutiva dei giorni di ferie perduti.
Il tentativo di negoziazione
Malgrado la fondatezza delle pretese avanzate, siccome avvalorata dai principi che già dal 2016 si andavano affermando a livello comunitario, il tentativo non sortiva l’effetto sperato, avendo l’azienda riscontrato negativamente le diffide sui seguenti presupposti:
- l’art. 5, comma 8, del D.L. 95/2012 dispone il divieto di monetizzazione delle ferie non godute dei pubblici dipendenti;
- con 2 note ministeriali (n. 40033/2012 Dipartimento della Funzione Pubblica – n. 94806/2012 MEF) è stato stabilito che, all’atto della cessazione del servizio, le ferie non fruite sono monetizzabili solo nei casi in cui l’impossibilità di fruire delle ferie non è imputabile o riconducibile al dirigente come nelle ipotesi di decesso, malattia, infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente e assoluta, congedo obbligatorio per maternità o paternità;
- infine, che entrambi i medici rivestivano ruoli apicali all’interno dell’organizzazione aziendale per cui, disponendo del potere-dovere di attribuirsi le ferie in piena autonomia e senza condizionamento alcuno da parte dell’Azienda, avrebbero addirittura contravvenuto all’obbligo contrattuale di assegnarsele.
È bene ricordare fin da ora che queste affermazioni, purtroppo tuttora utilizzate dalle amministrazioni pubbliche per respingere analoghe richieste avanzate dai loro ex dipendenti, non sono pienamente coerenti con i principi inderogabili sanciti dall’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, così come interpretati dalla Corte di Giustizia Europea a partire dal 2016.
Leggi anche
Il Tribunale smonta la linea difensiva dell’Azienda sanitaria
Neppure l’ulteriore tentativo di negoziazione veniva raccolto dall’azienda sanitaria che, con la sua completa chiusura, rendeva di fatto inevitabile il ricorso all’Autorità giudiziaria, con gli esiti che erano stati agevolmente pronosticati già al tempo della prima consulenza fornita dal team di professionisti legali messi a disposizione del Club Consulcesi.
Depositati i ricorsi presso la Sezione Lavoro del Tribunale di Ferrara, l’Azienda datrice di lavoro persisteva nel portare avanti le sue obiezioni, sostenendo in poche parole che, trattandosi di dirigenti medici con ruoli apicali, il mancato godimento delle ferie non fosse in alcun modo imputabile all’amministrazione, ma sostanzialmente dovuto a scelte personali degli stessi, e che le anticipate dimissioni avrebbero impedito loro di fruire delle ferie alla naturale scadenza del contratto.
Disposta la riunione dei procedimenti, vertendo entrambi sul riconoscimento della monetizzazione delle ferie non godute nel pubblico impiego, si completava la successiva fase istruttoria, giungendo così all’emissione della sentenza definitiva.
Sentenza esemplare: il giudice afferma i diritti dei medici, anche nei ruoli apicali
Davanti al magistrato, tutte le obiezioni mosse dall’Azienda sanitaria hanno inesorabilmente dovuto cedere il passo alla legittimità delle pretese formulate dai medici dirigenti, che hanno finalmente ottenuto il giusto riconoscimento economico per i tanti anni di impegno profuso per garantire alla stessa Azienda il raggiungimento di quegli obbiettivi qualitativi e quantitativi, che si era prefissata.
Ricostruito, con meticolosità rara, l’intero quadro normativo per come letto ed interpretato dai più recenti arresti della giurisprudenza nazionale e soprattutto comunitaria (fra cui, si staglia la nota sentenza del 18/1/24, C-218/22, che si è occupata specificatamente del divieto stabilito dall’art. 5, comma 8, del D.L. 95/12), il Tribunale di Ferrara con la sentenza n. 95/2025 ha quindi affermato:
- la sostanziale irrilevanza del ruolo apicale rivestito dal direttore di struttura complessa che, pur avendo poteri di autodeterminarsi, è “pur sempre dipendente subordinato che interloquisce e si interfaccia con i vertici apicali (direttore generale, direttore sanitario) nel rispetto di una pianificazione che deve essere preventivamente predisposta, il che rende evidente che egli è assoggettato alle direttive generali dell’azienda sanitaria la quale è evidentemente tenuta a monitorare l’operato dei dirigenti medici”;
- la contrarietà ai principi comunitari, così come declinati dalla Corte di Giustizia, di protocolli operativi intraziendali che lascino “totalmente a carico del dipendente l’onere di assicurarsi di essere posto nelle condizioni di potere usufruire delle ferie annuali”;
- la mancata osservanza, da parte dell’azienda, di quello che invece era propriamente il suo onere probatorio, non avendo dimostrato “di avere invitato i due dirigenti, se necessario formalmente, a fruire delle ferie maturate e informandoli, in modo accurato ed in tempo utile, del rischio di perderle definitivamente”, anzi lasciando che gli stessi continuassero a non consumare tutte le ferie che si stavano accumulando;
- che la mancata fruizione delle ferie era, in ogni caso, correlata alle continue ed incessanti necessità organizzative e gestionali delle strutture e dei dipartimenti da loro diretti, peraltro aggravatesi durante la gestione della pandemia.
L’ammontare degli indennizzi: 124 mila euro per ferie mai fruite
Riconosciuto l’ammontare dei rispettivi periodi ferie non goduti dai ricorrenti, siccome risultati dalle buste paga e dai fogli di rilevazione presenze, il Tribunale di Ferrara ha quindi utilizzato il sistema di conteggio siccome desunto dall’art. 33 comma 10 CCNL, riconoscendo a favore del dirigente con 186 gg. un’indennità pari ad € 72.000,00, mentre al secondo, con 136 gg., la somma di € 52.000,00, oltre rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla maturazione al saldo effettivo.
Nel complesso, una condanna davvero sonora sia per i principi definitivamente affermati, con buona pace delle resistenze della pubblica amministrazione, che per l’ammontare complessivo delle somme liquidate a favore dei dirigenti medici a cui sono stati riconosciuti, incluso il rimborso delle spese legali, quasi 140 mila euro in totale.