Legge sul fine vita, via libera al testo base: cosa prevede

Approvato il testo base che regolamenta il fine vita, in linea con i criteri della Consulta. La legge riafferma l’inviolabilità del diritto alla vita ma consente, in condizioni estreme, di accedere al fine vita. Critiche dalle opposizioni su accessibilità, ruolo del Comitato e uso di risorse pubbliche: “Una legge che rischia di peggiorare lo status quo”.

Sommario

  1. I contenuti della proposta: tra apertura e limiti
  2. Cure palliative: obbligo garantito, ma non sempre attuato
  3. Il nodo del Servizio sanitario nazionale: verso una privatizzazione del fine vita?
  4. Etica, politica e Vaticano: un equilibrio instabile

La maggioranza parlamentare ha presentato un disegno di legge per regolamentare il fine vita. Il testo, approvato dalle commissioni Giustizia e Sanità del Senato con il voto contrario delle opposizioni, rappresenta il tentativo più organico di dare attuazione alla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale.

In quella pronuncia, la Consulta aveva riconosciuto la possibilità di non punire chi aiuta una persona a morire, a condizione che siano rispettati criteri rigorosi e che sia il legislatore a definire chiaramente il perimetro della liceità. Ora, con questo provvedimento, si punta a colmare quel vuoto normativo. L'esame parlamentare è previsto per il 17 luglio, mentre gli emendamenti potranno essere presentati fino all’8.

I contenuti della proposta: tra apertura e limiti

La legge non introduce una legalizzazione piena dell’eutanasia, ma stabilisce quando l’aiuto al suicidio non è punibile. Si modifica l’art. 580 del Codice penale con l’introduzione di un nuovo comma (2-bis) che esclude la responsabilità penale per chi agevola il proposito di morte di un soggetto in precise condizioni: maggiore età, capacità di intendere e volere, inserimento in un percorso di cure palliative, patologia irreversibile con sofferenze intollerabili, e dipendenza da trattamenti vitali.

Un nuovo “Comitato Nazionale di Valutazione”, nominato da Palazzo Chigi, è chiamato a verificare ogni richiesta. Ma il comitato ha solo potere consultivo, mentre la decisione ultima resta all’autorità giudiziaria. La possibilità di ripresentare la richiesta in caso di diniego è subordinata a un intervallo di 180 giorni e a un mutamento delle condizioni cliniche.

Cure palliative: obbligo garantito, ma non sempre attuato

Il testo affronta anche il nodo dell’accesso alle cure palliative, considerate condizione preliminare per qualsiasi richiesta di suicidio assistito. Si rafforza il ruolo dell’Agenas, si impone l’utilizzo integrale dei fondi dedicati, e si prevede il commissariamento delle Regioni inadempienti.

Tuttavia, resta aperta una questione cruciale: metà delle Regioni italiane risultano ancora in ritardo nell’attuazione delle reti palliative. Il Governo potrà nominare un commissario ad acta con l’obiettivo di colmare i gap. Ma restano dubbi sulla concreta efficacia di questi poteri sostitutivi, in assenza di risorse aggiuntive.

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Il nodo del Servizio sanitario nazionale: verso una privatizzazione del fine vita?

Il punto più controverso riguarda il ruolo del Servizio sanitario nazionale. Il testo esclude esplicitamente che personale, strumenti e farmaci del Ssn possano essere utilizzati per realizzare materialmente l’aiuto al suicidio. Questo significa che anche nei casi autorizzati, il paziente dovrà sostenere in autonomia i costi per l’acquisto del farmaco letale, per le strumentazioni e persino per il personale medico, a meno che non trovi assistenza in una struttura privata.

Una soluzione definita da molti “ipocrita”, che rischia di rendere inaccessibile il fine vita a chi non può permetterselo. Il senatore dem Alfredo Bazoli ha criticato il testo come “insoddisfacente”, denunciando la restrizione dei criteri rispetto alla Consulta e la totale esclusione del Ssn, che apre alla privatizzazione della morte assistita.

Etica, politica e Vaticano: un equilibrio instabile

La calendarizzazione del provvedimento coincide simbolicamente con l’udienza della premier Giorgia Meloni da Papa Leone XIV e dal cardinale Parolin. Un messaggio politico chiaro: rassicurare il Vaticano sul fatto che non ci saranno “fughe in avanti” verso l’eutanasia. Il centrodestra, promotore del testo, sottolinea la volontà di ribadire l’inviolabilità del diritto alla vita e il ruolo dello Stato come garante, non come promotore dell’aiuto a morire.

Ma proprio questo equilibrio fragile tra rispetto della libertà individuale e tutela della vita rischia di trasformarsi in un terreno di scontro durissimo, in Parlamento e nel Paese. Per ora, resta l’impressione di un compromesso che, nel tentativo di accontentare tutti, rischia di non soddisfare davvero nessuno.

Di: Arnaldo Iodice, giornalista

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