La quarta sezione della Corte di Cassazione ha pronunciato un interessante sentenza (la 32870 del 3 maggio 2022) in materia di responsabilità professionale.
La vicenda trae origine dalla morte di un paziente in età avanzata giunto al pronto soccorso in osservazione a causa di un trauma cranico dovuto alla caduta da una scala. Il paziente era stato soccorso da un’ambulanza, condotto in ospedale e classificato come codice giallo e nelle sue note anamnestiche si riportava l’assunzione di una terapia coagulante. Il neurochirurgo in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale che era stato assolto in primo grado è stato condannato successivamente dalla Corte d’appello e tale condanna è stata poi confermata dalla Cassazione.
La giurisprudenza della Corte sulla condotta omissiva del medico
La Suprema Corte ha innanzitutto precisato che il titolare di una posizione di garanzia non può rispondere del verificarsi di un evento se non ha l’effettiva possibilità di modificare tale evento, ma se dispone di questa possibilità ha l’obbligo giuridico di intervenire per modificare il decorso degli avvenimenti.
Nel caso della responsabilità medica, dunque, è necessario analizzare l’inizio e il decorso di una patologia per stabilire se la sussistenza di una specifica condotta da parte del sanitario avrebbe evitato o differito l’evento lesivo per il paziente.
Nello specifico una consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite ha stabilito ormai da tempo che:
- Il nesso causale fra danno del paziente e omissione del medico si realizza quando si accerti che qualora il sanitario avesse attuato una specifica condotta l’evento dannoso non si sarebbe verificato, oppure si sarebbe verificato con minore rilevanza o in epoca successiva
- Il coefficiente di probabilità del verificarsi o meno dell’evento dovrà essere puntualmente verificato nel caso concreto.
- Il ragionevole dubbio che nel caso concreto la condotta del medico avrebbe potuto avere un’efficacia condizionante nella produzione dell’evento lesivo comporta necessariamente l’assoluzione del sanitario.
Il problema cruciale però per il Giudice in questi casi è avere un criterio valido per poter dedurre dalle prove un giudizio che “con elevata credibilità razionale” porti ad una corretta valutazione del nesso causale fra il danno del paziente e l’omissione del sanitario e questo presuppone che, dunque, i dati indiziari debbano essere attentamente verificati, sia singolarmente che nel loro complesso e necessariamente con il supporto di esperti.
Applicazione dell’analisi degli elementi indiziari nel caso concreto della sentenza 32870/22
Nel caso preso in considerazione dalla Corte di Cassazione con la sentenza 32870/22, la Corte di Appello aveva ribaltato la sentenza di assoluzione di primo grado ritenendo che il Tribunale non avesse approfondito correttamente le risultanze processuali medico scientifiche e dunque le correlazioni fra le lesioni del paziente e gli errori commessi dal medico.
L’approfondimento della Corte d’appello aveva portato a verificare:
- l’assenza di un trauma cranico facciale grave e le buone condizioni all’arrivo in ospedale del paziente;
- l’omessa prescrizione di alcuni farmaci antagonisti e della TAC in tempi congrui;
- la vistosa differenza fra le risultanze delle due TAC effettuate a distanza di tempo;
- l’inoperatività per circa 8 ore dall’arrivo in ospedale alla seconda TAC dei farmaci anticoagulanti a causa della mancata somministrazione;
- il fatto che la mancata somministrazione dei farmaci anticoagulanti avesse determinato il verificarsi di un’emorragia che a causa dei ritardi era divenuta inarrestabile;
- la sussistenza di linee guida specifiche per il caso che non erano state seguite;
- il fatto che l’intervento sul paziente non era caratterizzato da un grado alto di complessità;
- gli studi statistici che attestavano la sopravvivenza dei pazienti 65 e 75 anni ai traumi in condizioni similari a quelle del paziente deceduto;
- la possibilità di verificare tramite una TAC tempestiva l’esistenza di focali emorragici;
- la mancata esecuzione delle prassi e delle linee guida necessarie al caso specie.
Dunque, la Corte di Cassazione nel confermare la sentenza di appello che condannava il medico, ha rilevato come tale organo giudicante, diversamente dal Tribunale di primo grado abbia effettuato quell’analisi specifica e dettagliata del caso concreto, che ha reso possibile la corretta individuazione del nesso causale fra le omissioni del medico e la morte del paziente.