Denti e disuguaglianze: chi può davvero curarsi con il SSN?

Dalla vulnerabilità sanitaria alla povertà economica, milioni di persone in Italia rinunciano a curarsi i denti. La dottoressa Tiziana Emili, odontoiatra, spiega perché oggi l’odontoiatria è ancora un privilegio per pochi e cosa si può fare per cambiare rotta: “Serve un’integrazione tra pubblico e privato per garantire cure ai più fragili”.

Sommario

  1. Vulnerabilità sanitaria, sociale ed economica
  2. Le disuguaglianze che nascono in bocca
  3. Serve un’integrazione tra pubblico e privato

L’odontoiatria non è stata esclusa dai LEA (Livelli Essenziali di assistenza). Si è semplicemente ridotta la platea delle persone che possono accedere gratuitamente alle cure”. A chiarire lo stato dell’arte sulle cure odontoiatriche offerte in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale è la dottoressa Tiziana Emili, odontoiatra, delegata AMOlp per la regione Lazio. “All’interno delle strutture del SSN ci sono odontoiatri professionisti ambulatoriali, che effettuano prestazioni come ablazioni del tartaro, estrazioni dentarie, otturazioni. Con tariffe ridotte rispetto al libero professionista, grazie alle convenzioni delle ASL con laboratori esterni – aggiunge la specialista -, vengono realizzate anche protesi dentarie e inseriti apparecchi ortodontici mobili e fissi”. Ma resta il nodo cruciale: l’accesso.

Vulnerabilità sanitaria, sociale ed economica

Nel campo odontoiatrico, l’accesso alle prestazioni sanitarie è regolato dall’ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente. La vulnerabilità sanitaria riguarda pazienti con patologie come malattie cardiovascolari, immunodepressione o tumori, per cui un’infezione orale rappresenterebbe un rischio clinico rilevante. Rientrano in questa categoria anche coloro che sono in attesa di interventi chirurgici o trapianti, i quali necessitano di cure odontoiatriche per evitare complicazioni post-operatorie, così come le persone con disabilità fisiche, psichiche o sensoriali che non riescono ad accedere a cure private.

Sul piano sociale, l’accesso gratuito alle cure odontoiatriche è garantito solo a chi ha un ISEE inferiore a 8mila euro. In questa fascia rientrano anche rifugiati e richiedenti asilo politico, nei primi sei mesi dalla domanda. Chi ha un ISEE compreso tra gli 8 e i 13mila euro deve partecipare alla spesa con un ticket massimo di 50,15 euro per ricetta. Chi invece ha un reddito tra i 13 e i 20mila euro può accedere alle cure con uno sconto del 20% sulle tariffe aziendali, ma restano sempre esclusi i costi dei manufatti, degli impianti e del materiale ortodontico. “Basta poco per arrivare a un ISEE di 13mila euro - osserva Emili -. E questo significa che la maggior parte della popolazione resta di fatto esclusa dalle cure odontoiatriche”.

Le categorie più penalizzate

Secondo la dottoressa Emili, le persone più penalizzate sono quelle con un reddito basso ma non abbastanza per rientrare nelle fasce di esenzione. A essere spesso dimenticati sono anche gli adolescenti sopra i 15 anni, che non beneficiano più dell’assistenza garantita ai più piccoli. “I dati Istat del 2019 – ricorda – ci dicono che solo il 51% degli over 15 ha ricevuto almeno una prestazione odontoiatrica, e che il 92% l’ha pagata per intero, con o senza rimborso assicurativo. In più, il 91% si è rivolto a un libero professionista invece che a una struttura pubblica o convenzionata”. Le prestazioni gratuite sono oggi riservate a categorie molto precise: persone con patologie sistemiche gravi, bambini e ragazzi fino ai 14 anni, soggetti in carico ai servizi sociali o sociosanitari, famiglie in condizioni di indigenza, senza fissa dimora e detenuti. Ma l’accesso avviene solo previa certificazione del servizio sociale, rendendo il percorso burocratico spesso complesso e scoraggiante.

Le disuguaglianze che nascono in bocca

La mancanza di prestazioni odontoiatriche pubbliche amplifica il divario tra chi può e chi non può permettersi le cure. “Chi ha maggiori disponibilità economiche ha più possibilità di accedere sia al SSN che al privato - sottolinea Emili -. Spesso accade che un paziente anziano riceva la visita protesica gratuitamente, ma non possa poi sostenere la spesa del manufatto, anche se meno onerosa rispetto al privato”.

Rinunciare a curarsi ha un costo

Le conseguenze della rinuncia alle cure sono pesanti. “Durante il convegno AMOlp a Cassino è stato evidenziato come l’assenza di cure odontoiatriche nei soggetti fragili causi problemi psicologici, sociali e di salute. Succede spesso che donne alle quali mancano i denti si presentino con la mascherina per non mostrare il sorriso”. Ma il danno non è solo estetico. “La masticazione è la prima fase della digestione – spiega Emili – e la mancanza di denti può provocare problemi gastrointestinali come gastriti, reflusso, alitosi. Inoltre, le infezioni dentarie trascurate possono contribuire all’insorgenza di patologie cardiovascolari”.

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Serve un’integrazione tra pubblico e privato

Cosa fare per superare il problema? “L’associazione AMOlp propone una forma d’integrazione tra pubblico e privato - spiega Emili -. Un documento del Consiglio Superiore di Sanità, redatto per il Ministero della Salute, ha evidenziato che lo Stato investe appena l’1% di quanto fanno i privati per le cure odontoiatriche. E non a caso il 91% della popolazione si rivolge al libero professionista, scoraggiata dalle liste d’attesa pubbliche che possono durare settimane o mesi”.

Costi alti e poca visione politica

Secondo Emili, a ostacolare il cambiamento sono barriere economiche, politiche e culturali. “L’odontoiatria ha costi elevati – spiega – sia per la strumentazione, che richiede manutenzione costante, sia per i materiali impiegati. Inoltre, non è facile trovare una formula efficace per integrare pubblico e privato”. Uno spiraglio potrebbe arrivare dal PNRR. “Le strutture del SSN hanno ricevuto fondi per potenziare la digitalizzazione, l’innovazione tecnologica e migliorare l’accesso alle cure. Molte stanno ristrutturando anche i reparti odontoiatrici. Speriamo in un futuro migliore per le cure odontoiatriche”, conclude Emili.

 

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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