Aggressione a paziente in clinica: risarcimento a carico di cooperativa e struttura sanitaria

Dopo un grave episodio avvenuto in reparto di neurologia, il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità civile delle due realtà coinvolte nel percorso di tirocinio dell’aggressore, escludendo invece la colpa personale del giovane per incapacità di intendere e volere.

Sommario

  1. Il tirocinante ritenuto incapace di intendere e volere
  2. La responsabilità della cooperativa datrice di lavoro
  3. Il coinvolgimento diretto della struttura sanitaria
  4. La condanna solidale al risarcimento del paziente

Questa la conclusione adottata dal Tribunale Civile di Pavia che, con la sentenza n. 877/2025 pubblicata lo scorso 21 luglio, ha risolto un grave episodio occorso ai danni di un paziente, piuttosto anziano, ricoverato presso una clinica privata, riconoscendo a suo favore il diritto al ristoro dei danni patiti a seguito dell’aggressione.

La vicenda, da cui è seguito un lungo e complesso contenzioso, trae origine dall’aggressione perpetrata da un allievo in tirocinio OSS a danno di un paziente, ricoverato presso il reparto di riabilitazione neurologica per recuperare dalle conseguenze di una caduta domestica dovuta ad un improvviso ictus ischemico.

Dalle prove raccolte nel corso del concluso procedimento penale, era emerso che, mentre il paziente si trovava in procinto di consumare il pranzo, veniva violentemente colpito dal succitato allievo che, prima, gli infliggeva diverse ferite con una forbice, per poi tentare di soffocarlo con un cuscino, senza però riuscire nel suo intento per il pronto intervento risolutore di alcuni colleghi tirocinanti.

Prosciolto in sede penale per la riconosciuta incapacità di intendere e volere al momento dei fatti, l’anziano introduceva il giudizio civilistico sia nei confronti del medesimo autore dell’aggressione che, nel medesimo contesto processuale, del datore di lavoro e della struttura sanitaria, presso la quale era stato ricoverato, per sentire affermare la loro responsabilità per l’accaduto, con conseguente condanna, anche in via solidale fra loro, al risarcimento di tutti i danni sofferti.

Il tirocinante ritenuto incapace di intendere e volere

Confermate le modalità dell’evento, siccome ricostruite dal materiale probatorio raccolto nel corso del procedimento penale, il giudice civile ha parimenti escluso qualsiasi conseguenza dannosa a carico del tirocinante, avendo ritenuto applicabile, nel caso di specie, il disposto di cui all'art. 2046 c.c. per cui il soggetto, che risulti incapace di autodeterminarsi consapevolmente, non potrà essere chiamato a rispondere delle conseguenze del suo operato.

Tale convincimento discendeva sia dalle dichiarazioni testimoniali di coloro che, per primi, erano accorsi nella stanza dove si consumava l’aggressione, sia dalle risultanze della perizia psichiatrica, espletata in sede penale, da cui era emerso, a carico dell’allievo, un quadro patologico diagnosticato come schizofrenia semplice, integrante una “condizione di grave infermità con offuscamento della coscienza e una volizione sostenuta da un pensiero illogico e probabilmente da fenomeni dispercettivi”.

La responsabilità della cooperativa datrice di lavoro

La domanda promossa nei confronti del datore di lavoro veniva, invece, indagata sotto diversi profili.

Quanto alla dedotta responsabilità per la mancata sorveglianza dell'incapace, il giudice concludeva per l’inapplicabilità della previsione contenuta nell’art. 2047 c.c., non rinvenendo nel caso in esame la prova del relativo obbligo a carico del datore di lavoro, trattandosi di maggiorenne non interdetto, né potendosi desumere una pervia consapevolezza del compromesso stato di salute del tirocinante prima dell’aggressione perpetrata.

Analogamente, veniva esclusa l’ipotesi della responsabilità del “precettore”, di cui all’art. 2048 c.c. comma 2, non rivestendo la medesima parte datoriale un tale ruolo nei confronti del soggetto maggiorenne, ammesso al tirocinio curriculare come operatore socio-sanitario.

Diversa, invece, la soluzione adottata con riferimento alla responsabilità prevista dall’art. 2049 c.c. (ossia quella dei cd. “padroni e committenti”), per cui il soggetto che si avvale di un preposto per il perseguimento dei propri fini risponde del suo operato a condizione che sussistano tre requisiti: a) la presenza di un rapporto di preposizione; b) il fatto illecito realizzato dal preposto; c) la connessione tra le incombenze di quest'ultimo e il danno subito dal terzo.

Il Tribunale, riscontrata l’esistenza di tutti i presupposti, ha quindi concluso riconoscendo la responsabilità della Cooperativa riguardo al fatto illecito commesso dal tirocinante, ancorchè incapace ex art. 2046 c.c., alla luce del principio per cui non si richiede “che tra le mansioni affidate all'autore dell'illecito e l'evento sussista un nesso di causalità, essendo sufficiente che ricorra un rapporto di “occasionalità necessaria”, nel senso che l'incombenza disimpegnata (nello specifico, distribuzione e ritiro dei vassoi dei pasti) abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l'evento dannoso”.

Leggi anche

Il coinvolgimento diretto della struttura sanitaria

L’affermata responsabilità della cooperativa sociale, al cui programma di formazione aveva aderito  l’aggressore,  non ha però escluso quella, altrettanto dichiarata, della struttura sanitaria presso la quale l’allievo era stato inviato per svolgere concretamente la fase di tirocinio.

In tal caso, si è fatto ricorso al principio espresso dall’art. 1228 c.c., secondo cui “il debitore che, nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, costituisce l'estensione alla sfera contrattuale delle norme contenute negli artt. 2048 e 2049 c.c.”.

Anche in questo caso, è stata positivamente apprezzata sia l’esistenza di un danno provocato dal fatto dell'ausiliario, che di un concreto rapporto tra quest’ultimo ed il debitore/committente nonché, infine, la circostanza che il pregiudizio sia stato reso possibile dall’espletamento delle mansioni affidate al responsabile.

Ripreso il materiale probatorio raccolto in sede penale, il giudice ha quindi concluso ritenendo accertata la circostanza per cui il tirocinante fosse impegnato, nell’ambito del suo programma di formazione come o.s.s., nello svolgimento delle mansioni affidate all’interno del reparto di neurologia della clinica dove il paziente era ricoverato e che, proprio in considerazione di ciò, gli era stato possibile aggredirlo, utilizzando peraltro materiale necessario per le medicazioni.

La condanna solidale al risarcimento del paziente

Su tali premesse, è stata quindi affermata la responsabilità concorrente sia della Cooperativa, giusta applicazione del disposto di cui all’art. 2049 c.c.c, che della clinica dove l’aggressore stava svolgendo il previsto periodo di tirocinio, ai sensi dell’art. 1228 c.c., con conseguente condanna solidale, ex art. 2055 c.c., al risarcimento di tutti i danni patiti dal paziente a seguito dell’aggressione occorsa durante la degenza, senza alcuna possibilità di agire  in regresso (od in manleva) fra loro, avendo trovato applicazione quei criteri di imputazione oggettiva della responsabilità civile per fatto altrui che invero l’escludono.

Di: Francesco Del Rio, avvocato

Argomenti correlati

Visibilità online

Elenco Professionisti Sanitari

Entra in contatto con i professionisti della rete in modo facile e immediato.

News e approfondimenti che potrebbero interessarti

Vedi i contenuti

La soluzione digitale per i Professionisti Sanitari

Consulcesi Club

Contatti

Via G.Motta 6, Balerna CH
PEC: consulcesisa@legalmail.it

Social media