Sempre più spesso vengono segnalati, soprattutto nel periodo estivo, situazioni in cui le Aziende sanitarie, per ovviare alle gravi carenze di organico, adottano provvedimenti che impongono lo spostamento di medici dal loro reparto di appartenenza ad altre strutture, diverse e distinte per competenze specialistiche, per fornire la loro assistenza.
Questi provvedimenti rivestono le forme più svariate, da quelle formali dell’ordine di servizio sottoscritto dal direttore generale fino ad arrivare, in certi casi, addirittura all’utilizzo della messaggistica social, o di ordini impartiti verbalmente, con motivazioni e diciture talvolta improbabili, unite però dall’unico obbiettivo di far fronte comune rispetto ad una situazione definita, a dire il vero impropriamente, contingente ed emergenziale.
La vicenda giudiziaria: il ricorso dei medici contro l’ordine di servizio
Proprio di recente, si è interessato dalla questione il Tribunale di Lecce (sent. 1793/2025) che ha introitato la richiesta di alcuni medici di veder annullati, o comunque resi inefficaci, il provvedimento amministrativo e conseguente disposizione di servizio, con cui erano stati dirottati, per ragioni d’urgenza, dal loro reparto di appartenenza (U.O.C di Geriatria e di Medicina Interna) a prestare servizio, seppur temporaneamente, al Pronto Soccorso del medesimo nosocomio.
Si assumeva, in proposito, che con pervia nota interna (denominata “Situazione di Prono Soccorso”), l’Azienda avesse informato i dirigenti medici delle UU.OO. di Medicina Interna, Geriatria, Chirurgia Generale e Cardiologia, circa la “grave carenza di personale medico strutturatasi presso il Pronto Soccorso”, ordinando a alle stesse Unità Operative individuate di “contribuire nello spirito di una reciproca, fattiva collaborazione”.
Da ciò, ne è quindi seguita la decisione di emanare una serie di ordini servizio, della durata non superiore a trenta giorni, che prevedevano la partecipazione, a rotazione, di tutti i Dirigenti Medici inquadrati presso codeste UU.OO. di discipline affini e/o equipollenti, per essere inviati ad assumere mansioni in PS.
Rimaste senza esito tutte le diffide inviate dai medici all’Azienda per desistere da siffatta iniziativa, seguiva l’adozione della prima disposizione di servizio, con cui una appartenente al gruppo dei ricorrenti veniva adibita, per la durata di 30 gg, presso la U.O.S.V.D. Pronto Soccorso del presidio ospedaliero.
Anche la sua formale reazione scritta rimaneva priva di riscontro, per cui il medico era costretto a prendere servizio presso il PS indicato, nel mentre veniva presentata da tutti i ricorrenti, inclusa la prima, ricorso giudiziale avverso gli atti assunti dall’azienda sanitaria siccome in violazione dell’art. 97 della Costituzione, delle disposizioni contenute nella legge n. 24/2017, dell’art. 19 comma 3 e ss del CCNL Area Sanità del 23/01/2024 e dell’art. 16 comma 3 del CCNL Integrativo del 10/02/2004, del CCNL Area della Dirigenza.
Cosa prevede davvero la mobilità interna d’urgenza
Nel valutare l’accaduto, si è quindi fatto espresso riferimento alla disciplina della cd. “mobilità interna d’urgenza” che, secondo l’art. 16 comma 3 e ss. del CCNL del 10.02.2004, si configura in quell’istituto per cui: “Prescinde dall’incarico attribuito la mobilità interna di urgenza che avviene, nell’ambito della disciplina di appartenenza, nei casi in cui sia necessario soddisfare le esigenze funzionali delle strutture interessate in presenza di eventi contingenti e non prevedibili, ai quali non si possa far fronte con l’istituto della sostituzione di cui all’art. 18 del CCNL 8 giugno 2000. La mobilità d’urgenza, ferma restando la necessità di assicurare in via prioritaria la funzionalità della struttura di provenienza, ha carattere provvisorio, essendo disposta per il tempo strettamente necessario al perdurare delle situazioni di emergenza e non può superare il limite massimo di un mese all’anno solare salvo consenso del dirigente, espresso sia per la proroga che per la durata.
La mobilità d’urgenza – ove possibile – è effettuata a rotazione fra tutti i dirigenti, qualsiasi sia l’incarico loro conferito. Agli interessati, se ed in quanto dovuta, spetta l’indennità di trasferta prevista dall’art. 32 per la durata dell’assegnazione provvisoria.
Qualora la necessità di provvedere con urgenza riguardi l’espletamento dell’incarico di direttore di dipartimento o di struttura complessa e sempre nei casi in cui non possa farsi ricorso all’art. 18, commi 1 e 2 del CCNL 8 giugno 2000, le aziende possono affidare la struttura temporaneamente priva di titolare ad altro dirigente con corrispondente incarico nella stessa o in disciplina equipollente, ove prevista, ai sensi del citato art. 18, comma 8”.
Perché alcuni ricorrenti non erano legittimati ad agire
Preliminarmente, c’è da dire che, per quanto concerne i medici non ancora raggiunti dalle disposizioni di servizio conseguenti alla nota iniziale emessa dall’azienda, il Giudice ha correttamente dichiarato la loro carenza di legittimazione ad agire, e quindi ad impugnare la disposizione di servizio perchè, in realtà, non li vedeva ancora direttamente ed immediatamente coinvolti.
La nota iniziale, da cui è poi conseguita l’adozione del primo provvedimento autoritativo, è stata infatti considerata di carattere “generalissimo”, avendo bisogno di una successiva integrazione al fine di determinare una lesione, anche solo potenziale, della loro posizione giuridica, eccezion fatta – come già detto – per un solo medico che, destinatario dell’ordine di mobilità interna d’urgenza, ha effettivamente subito una reale ed effettiva modificazione della sua sfera giuridica di interesse.
Leggi anche
La decisione del Tribunale: prevale la tutela della disciplina di appartenenza
Il Giudice, condividendo la lettura fornita dal medico ricorrente, ha così ribadito che per la mobilità interna deve sempre e comunque trovare applicazione, ai sensi del comma 3 dell’art. 16 del menzionato contesto negoziale, il rispetto della disciplina di appartenenza e la necessità di “fronteggiare esigenze contingenti e non prevedibili”.
Secondo il magistrato, questa interpretazione discende proprio dal confronto della predetta disposizione con il successivo comma 5 del medesimo articolo laddove, per l’incarico di direttore di dipartimento o di struttura complessa, si è invece voluta estendere l’applicabilità dell’istituto della mobilità interna d’urgenza anche ai titolari di disciplina equipollente.
In questi casi, a differenza di quelli previsti dal comma 3 che impongono la coincidenza specialistica proprio per garantire la migliore e più rapida operatività del professionista nel contesto di destinazione, nel ruolo di direttore non “si ha solo la, ma rileva fortemente anche la componente gestionale e manageriale che ha natura trasversale”.
A questa considerazione, si aggiungono altresì motivazioni sia di ordine letterale, per cui soltanto nel comma 5 si fa riferimento alla disciplina equipollente, che di natura sistematico-letterale, per cui dal testo si evince chiaramente che l’ipotesi descritta al comma 3 valorizzazione delle competenze specialistiche di natura medica deve intendersi di carattere generale, mentre quella al comma 5 descrive una situazione speciale per direttori di dipartimento o di struttura complessa.
Soltanto, la sopravvenuta sospensione dell’applicazione della disposizione di servizio, quindi ha impedito al magistrato di concludere dettando un ordine all’Amministrazione rispetto al provvedimento assunto, di cui è stata però dichiarata l’illegittimità con conseguente accoglimento del ricorso presentato dal medico coinvolto dall’ordine impartito di prestare il suo servizio presso il PS indicato.