Infermieri, via il vincolo di esclusività contro la carenza di organico?

Il documento delle Regioni sulla disapplicazione del vincolo di esclusività è stato aggiornato. Tre le principali novità: le aziende sanitarie non potranno negare l’autorizzazione senza motivi fondati, le condizioni per il rilascio di tale autorizzazione devono essere definite da un regolamento aziendale e possono essere riverificate in qualunque momento

Il documento delle Regioni sulla disapplicazione del vincolo di esclusività e gli indirizzi per autorizzare i professionisti, da parte delle aziende sanitarie, allo svolgimento di attività esterne è stato aggiornato. Si tratta del decreto legge 34/2023, convertito in legge, la n. 56, il 26 maggio 2023. L’aggiornamento, arrivato a metà luglio, era stato espressamente richiesto da Nursing Up, al Ministro della Salute, Orazio Schillaci, lo scorso 4 luglio. In particolare, il sindacato degli infermieri avevo sollecitato la modifica del comma 2 del provvedimento di legge originario, “che- spiega Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up - limita fortemente l'ottimale implementazione delle nuove norme sulla disapplicazione del vincolo di esclusività”.

Il regolamento aziendale

Tre le principali novità del nuovo testo. Innanzitutto, le aziende sanitarie non potranno negare l’autorizzazione senza motivi fondati ed oggettivi (questo divieto non era previsto nel testo precedente) all’esercizio della libera professione. I motivi di un eventuale diniego dovranno essere esplicitati per dimostrare il pieno rispetto dei criteri di correttezza e buona fede. Di nuovo c’è anche che le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività esterna, dovranno essere definite in un apposito regolamento aziendale, che orienti e definisca in via preventiva, quali sono i criteri per l’autorizzazione o il diniego allo svolgimento di altra attività lavorativa. La stesura di questo regolamento aziendale prima era del tutto facoltativa.

La valutazione di compatibilità

Infine, la valutazione di compatibilità dei rapporti professionali di dipendenza che il professionista intende instaurare all’esterno, che possono essere attivati sia con soggetti privati che con altri enti pubblici, è estesa anche alla “fase di esecuzione della prestazione”. In una prima stesura del testo, le aziende sanitarie erano chiamate a verificare in anticipo l'esistenza di tutti i presupposti affinché un loro dipendente potesse svolgere la libera professione anche altrove. “Questo voleva dire- commenta l’infermiere - che, prima di dare l’autorizzazione, l'Ente verificava opportunamente il rispetto delle previsioni di legge, anche in tema dei vincoli previsti”. 

È sempre possibile riverificare la compatibilità

Una volta fatto ciò, di fronte ad une esito favorevole delle verifiche rispetto alla domanda, veniva rilasciata l’autorizzazione. Il professionista era, così, libero di operare altrove, stipulando ad esempio un contratto con una clinica privata o con un paziente direttamente a domicilio, stabilendo il relativo compenso e, soprattutto, della durata. Ora, con le modifiche attuali, tale controllo è sempre possibile. L’azienda sanitaria, in altre parole,non solo può revocare l’autorizzazione precedentemente concessa, ma può farlo in qualunque momento.

Carenza di personale, la libera professione è la ricetta

Il Presidente Nazionale del Nursing Up,pur ammettendo che l’aggiornamento della legge prevede importanti ed utili novità, sottolinea che “siamo ancora lontani dalla cancellazione, indispensabile, di quei lacci e lacciuoli che limitano fortemente il raggio di azione dei professionisti, per una libera professione che rappresenta l’unica strada possibile, alla luce della grande carenza di personale, per consentire agli operatori sanitari già dipendenti del nostro SSN di supportare le Rsa e soprattutto di contribuire, da protagonisti, al rilancio della sanità territoriale”.

Gli infermieri stranieri non sono la soluzione

In Italia, stando ai numeri diffusi da Nursing up durante l’incontro con il Ministro Schillaci dello scorso 4 luglio, c’è “una carenza strutturale di almeno 65-80mila unità, che arriva a 250mila unità se si ragiona sulla base degli standard europei e sul reale fabbisogno di una popolazione che invecchia. Fare ricorso ad infermieri stranieri, provenienti da Paesi come l'India, può essere un intervento tampone - conclude Antonio De Palma - ma non risolutivo".

Leggi qui la soluzione proposta da Luigi Pais dei Mori, di Fnopi. 

Di: Isabella Faggiano, giornalista professionista

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