Vivere nei boschi con i figli: libertà genitoriale o rischio per i bambini?

I recenti casi delle famiglie che vivono isolate nei boschi riaccendono il dibattito pubblico. In questa intervista Claretta Femia, consigliera CNOP e presidente dell’Ordine degli Psicologi della Liguria, analizza i fattori di tutela e i possibili rischi per lo sviluppo dei minori

Sommario

  1. Sviluppo socio-relazionale: una ricchezza diversa, ma più ristretta
  2. Scuola e contatto con i pari: cosa accade quando mancano
  3. Quando l’isolamento diventa un rischio: segnali da non sottovalutare
  4. Vivere “fuori dal sistema”: le condizioni minime di tutela per i bambini

Quali effetti ha un’infanzia vissuta lontano dalla società? I recenti casi di famiglie che vivono stabilmente nei boschi, tornati al centro del dibattito pubblico e mediatico, stanno riaccendendo l’attenzione sul tema della crescita dei bambini in contesti isolati dalla società. Tra fascinazione per un ritorno alla natura e preoccupazioni per il benessere psicologico dei più piccoli, la domanda è una: quali sono le reali conseguenze sullo sviluppo dei minori?

Crescere immersi nella natura, lontano dai ritmi e dalle strutture della società contemporanea, è una scelta che negli ultimi anni suscita sempre più interesse e discussione, anche alla luce di vicende di attualità che hanno acceso il confronto tra opinione pubblica, istituzioni e professionisti della salute mentale. Famiglie che vivono stabilmente nei boschi o in contesti remoti rivendicano uno stile di vita essenziale, a contatto con l’ambiente naturale e lontano da pressioni sociali percepite come eccessive. Ma cosa accade quando questa scelta coinvolge dei bambini? Quali aree dello sviluppo vengono maggiormente influenzate?

In questa intervista, la dottoressa Claretta Femia, consigliera CNOP e presidente dell’Ordine degli Psicologi della Liguria, offre una lettura equilibrata e scientificamente fondata: la natura non è un rischio in sé, ma l’isolamento non mediato può diventare una criticità. Il focus si sposta così dalla scelta di vita alle condizioni di sviluppo, alla qualità delle relazioni e alla capacità di costruire ponti tra natura e società.

Sviluppo socio-relazionale: una ricchezza diversa, ma più ristretta

Quando un bambino cresce in un ambiente quasi totalmente immerso nella natura e isolato dalla società — come nelle famiglie che vivono stabilmente nei boschi — quali aspetti dello sviluppo vengono maggiormente influenzati?

Quando un bambino cresce in un ambiente quasi totalmente immerso nella natura e con scarsi contatti sociali, lo sviluppo non è “meno” ricco in senso assoluto, ma diversamente orientato. L'aspetto più sensibile riguarda l'area dello sviluppo socio-relazionale, in particolar modo, la limitata esposizione a coetanei e adulti diversi dalla cerchia familiare può ridurre le occasioni di apprendimento di competenze sociali fondamentali: negoziazione, gestione del conflitto, riconoscimento delle regole implicite della convivenza, lettura delle emozioni altrui in contesti complessi. Il rischio non è l’isolamento affettivo, ma una socializzazione ristretta. Per quanto riguarda invece lo sviluppo cognitivo ed esecutivo, la natura offre potenti stimoli per sviluppare capacità di problem solving pratico, autonomia, pianificazione e flessibilità. Nell'area dello sviluppo emotivo e identitario può emergere la possibilità di costruire una relazione di attaccamento sicura all'interno di un contesto maggiormente prevedibile. La criticità può emergere nel momento in cui il bambino entra in contatto con la società più ampia: il senso di appartenenza, l’identità sociale e l’autostima possono essere messi alla prova se la diversità vissuta non è stata mentalizzata e accompagnata. Crescere immersi nella natura non è quindi di per sé un fattore di rischio; lo diventa quando l’isolamento è rigido e non mediato”.

Scuola e contatto con i pari: cosa accade quando mancano

La mancanza di scuola, strutture educative e contatto regolare con coetanei può alterare lo sviluppo delle competenze sociali e cognitive?

La mancanza di scuola, di strutture educative e di un contatto regolare con i coetanei può influenzare in modo significativo lo sviluppo delle competenze sociali e cognitive del bambino, soprattutto se questa condizione si protrae nel tempo e non è compensata da altre esperienze strutturate. Ciò è rilevabile sia sul piano delle competenze sociali, sia dal punto di vista di stimoli cognitivi che la scuola può essere in grado di fornire. L’isolamento educativo e sociale prolungato può rappresentare un fattore di vulnerabilità per lo sviluppo socio-cognitivo; ciò che tutela il benessere del bambino è la presenza di contesti relazionali plurali, stimolanti e progressivamente più complessi, che preparino alla vita nella società”.

Quando l’isolamento diventa un rischio: segnali da non sottovalutare

Vivere in natura può offrire stimoli preziosi — autonomia, creatività, resilienza — ma quali sono invece i rischi psicologici o neuroevolutivi quando l’isolamento diventa eccessivo o prolungato? E quali sono i segnali a cui prestare attenzione nei bambini cresciuti in contesti così remoti?

Vivere a stretto contatto con la natura può essere una risorsa importante per lo sviluppo, ma quando l’isolamento sociale ed educativo diventa prolungato e non mediato, possono emergere alcuni rischi psicologici e neuroevolutivi, soprattutto nelle fasi più sensibili dell’infanzia. I principali rischi possono riguardare una fragilità nello sviluppo delle competenze sociali, una possibile difficoltà nella regolazione emotiva. Tra i segnali cui prestare attenzione possiamo trovare:

  • marcata difficoltà o ritiro nelle interazioni con i coetanei
  • ansia intensa o evitamento in contesti sociali nuovi
  • rigidità comportamentale, scarsa flessibilità alle regole
  • scarso interesse o fatica nell’apprendimento strutturato
  • difficoltà a tollerare frustrazione, attesa o cambiamenti”.

Vivere “fuori dal sistema”: le condizioni minime di tutela per i bambini

Per le famiglie che scelgono volontariamente una vita “fuori dal sistema”: quali condizioni minime dovrebbero garantire per evitare che l’ambiente diventi deprivante e per assicurare un adeguato sviluppo emotivo, linguistico e cognitivo dei bambini?

Per le famiglie che scelgono consapevolmente di vivere nel bosco o in contesti naturali isolati, la questione centrale non è la scelta di vita in sé, ma le condizioni di sviluppo offerte ai bambini. Un ambiente naturale può essere altamente nutriente, ma rischia di diventare deprivante se mancano alcuni requisiti minimi irrinunciabili, soprattutto sul piano relazionale ed educativo. Il fattore protettivo non è l’ambiente naturale in sé, ma la presenza di mediazione adulta consapevole, di opportunità relazionali progressivamente più ampie e di occasioni di integrazione con il mondo sociale. L’obiettivo non è opporre natura e società, ma costruire ponti che permettano al bambino di muoversi con sicurezza in entrambi i contesti. In questo senso, il monitoraggio attento dello sviluppo e l’apertura a interventi educativi e relazionali tempestivi rappresentano strumenti fondamentali di tutela del benessere psicologico del bambino”.

 

Di: Viviana Franzellitti, giornalista

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