Il semestre filtro: più opportunità per gli studenti
"Il semestre filtro che la nuova legge prevede – spiega Amoroso – di fatto posticipa il momento di selezione, ma offre due grandi punti di forza. Il primo è quello di rappresentare una grande opportunità per tutti gli aspiranti medici di potersi confrontare non con un’unica prova, ma con più esami. In questo modo il loro futuro non dipenderà più da un solo test, ma dal punteggio complessivo ottenuto durante il semestre".
Un cambiamento che, per la rappresentante SIMG, restituisce equità e merito al percorso di accesso alla facoltà: "Il secondo aspetto positivo – aggiunge – è che, se fino a oggi la preparazione al test era affidata a enti privati con costi spesso elevati, ora la formazione è garantita direttamente dagli Atenei. Questo significa che la possibilità di accedere alla facoltà non sarà più condizionata dalle possibilità economiche dei candidati". Per Amoroso, dunque, la riforma rappresenta "una democratizzazione dell’accesso", perché "viene meno la casualità del vecchio sistema e si supera un criterio eccessivamente escludente".
Le criticità: più studenti, ma strutture pronte?
Accanto agli aspetti positivi, la segretaria SIMG non nasconde le preoccupazioni legate alla tenuta del sistema universitario. "Solo il tempo ci dirà – osserva – se il sistema riuscirà a reggere la prova dei numeri. Le università saranno in grado di accogliere migliaia di nuovi studenti? I docenti saranno sufficienti? Le strutture non rischiano di essere sotto stress?". Secondo Amoroso, il successo della riforma dipenderà dalla capacità degli Atenei di organizzare efficacemente il nuovo modello formativo: "Tutte queste domande fanno parte della sfida che gli Atenei dovranno saper affrontare. Se riusciranno a gestire il semestre filtro in modo efficace, le perplessità cadranno da sole".
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Una riforma che non risolve il problema delle carenze
Ma al di là della sfida organizzativa, Amoroso individua un altro limite strutturale della riforma: "non affronta un altro grosso problema, quello della carenza di medici in alcune specialità, come la medicina generale". "Il ministro Schillaci – ricorda – ha recentemente parlato dell’‘elefante nella stanza’: la medicina generale è una disciplina che deve essere riconosciuta come autonoma e al pari delle altre, ma oggi soffre una formazione post-universitaria che non ha uno standard universitario e che è molto eterogenea a seconda del polo formativo".
Medicina generale: una disciplina da valorizzare
Per Amoroso, serve un intervento più profondo e strutturale: "Bisogna rimodulare e ristrutturare il corso di formazione specifica in medicina generale, rendendolo paritario rispetto agli altri corsi di specializzazione universitaria". Ma la vera sfida, aggiunge, "è riconoscere alla medicina generale una vera autonomia disciplinare all’interno del percorso universitario. Oggi non esiste un settore scientifico dedicato, e le ore di insegnamento sono scarse rispetto a quelle di altre branche specialistiche. Solo in alcune realtà italiane i medici di medicina generale sono coinvolti nell’insegnamento universitario. Questo riduce l’attrattività della disciplina già durante il corso di laurea".
Secondo la segretaria SIMG, il cambiamento deve partire proprio dall’università: "Occorre valorizzare la medicina generale come disciplina autonoma, coinvolgendo direttamente i medici di famiglia sia nella didattica universitaria sia nella formazione post-laurea. Solo così questa branca potrà essere considerata attrattiva e pienamente riconosciuta per il ruolo fondamentale che ricopre nel sistema sanitario", conclude.