Venezia al 90° posto su 105 per biossido di azoto, la città che doveva essere “green”

Secondo Ecosistema Urbano 2023, Venezia risulta l’undicesima città più green tra 105 capoluoghi italiani. Eppure, i dati relativi all’inquinamento dell’aria raccontano di una situazione tutt’altro che “sostenibile”, che risulta ulteriormente preoccupante alla luce degli “effetti sinergici” degli inquinanti, dimostrati da un nuovo studio 

7 Dicembre 2023, 10:10

Venezia al 90° posto su 105 per biossido di azoto, la città che doveva essere “green”

Secondo Ecosistema Urbano 2023, il report realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore, sulle performance ambientali di 105 comuni capoluogo d’Italia, Venezia è l’undicesima città più green. Tuttavia, guardando nel dettaglio ai dati relativi alla qualità dell’aria, emerge una situazione critica e in peggioramento. Se a questo si aggiunge quanto rilevato da un nuovo studio circa l’interazione tra gli inquinanti, risulta quanto più urgente e improrogabile un’azione di contrasto più incisiva nella città lagunare, come nel resto del Paese. 

Venezia nell’Ecosistema Urbano 2023

Secondo l’ultimo Ecosistema Urbano (pubblicato a ottobre 2023 ma relativo all’anno precedente), la sostenibilità di Venezia è in miglioramento se si guarda al trasporto pubblico, con un costante incremento di coloro che utilizzano i mezzi pubblici, e alle isole pedonali, ampiamente diffuse nella laguna. Tuttavia, Venezia risulta tutt’altro che “eco-friendly” se si considera la quantità di acqua potabile sprecata, pari al 37%, la gestione dei rifiuti, e soprattutto la qualità dell’aria.  

Secondo una recente indagine del servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus, rielaborata dalla redazione tedesca di Deutsche Welle con “European Data Journalism Network”, Venezia appare infatti tra le 58 province (su 107 analizzate) che sforano i limiti di concentrazione media di Pm 2.5 nei primi otto mesi del 2023. 

Accanto a questi, dati relativi al 2022 mostrano una situazione in peggioramento e altrettanto preoccupante per gli altri inquinanti atmosferici. Secondo il report “Mal Aria di città. Cambio di passo cercasi” di Legambiente, i livelli di inquinamento atmosferico a Venezia come in molte città italiane sono ancora troppo alti e ben lontani dai limiti normativi previsti per il 2030, e ora posticipati al 2035. Il report infatti, colloca la città, insieme a Torino, Milano, Modena, Asti, Padova, tra quelle in cui si sono registrate le situazioni più critiche in relazione al PM10, con più del doppio degli sforamenti giornalieri consentiti. 

Una panoramica completa e più dettagliata sulle concentrazioni di inquinanti presenti nei cieli veneziani è contenuta nel nuovo Ecosistema Urbano 2023. Secondo quanto emerge dall’indagine, Venezia su 105 capoluoghi analizzati nel 2022, si colloca 90esima per le concentrazioni di biossido di azoto con una concentrazione media di 28,8 microgrammi per metro cubo. Non va meglio per i particolati PM2.5 e PM10 per i quali si classifica, in modo analogamente negativo, in 86° posizione 

Tali rilevazioni raccontano di un peggioramento delle concentrazioni di questi inquinanti rispetto all’anno precedente. Confrontando questi dati con quelli contenuti nel report Ecosistema Urbano dell’anno precedente, nel 2021 il biossido di azoto era pari a 27,7 µg/m³, mentre il PM10 a 28,7 µg/m³ contro i 31,4 µg/m³ registrati nell’ultimo report relativo al 2022. 

Anche nel caso di Venezia, come in molte altre città italiane, tali livelli di inquinamento risultano entro i limiti consentiti dall’attuale Direttiva in vigore, ma superiori alle nuove disposizioni Ue e ben lontani dalle indicazioni contenute nelle Linee Guida OMS. Secondo la Nuova Direttiva europea infatti, il biossido di azoto non deve superare i 20 µg/m³, mentre l’OMS fissa la soglia limite a 10 µg/m³. Similmente per il PM10, l’Ue stabilisce il nuovo limite a 20 µg/m³ mentre l’OMS suggerisce di stare entro i 15 µg/m³. 

Male anche per il PM2.5: con 22,5 µg/m³ di media annua, Venezia risulta solo leggermente la soglia massima consentita attualmente in Italia (pari a 25 µg/m³), superando di oltre il doppio i 10 µg/m³ indicati dell’Ue e risultando quasi 4 volte il valore guida dell’OMS (pari a 5 µg/m³). 

 

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Migliora l’ozono a Venezia (ma non basta)

Rispetto al 2021, emerge un miglioramento in relazione alle concentrazioni di ozono. I giorni di superamento della media mobile sulle 8 ore di 120 ug/mc per questo inquinante sono infatti scesi da 30,8 a 29,3, facendo passare la città dalla 65° alla 40° posizione in classifica.  Tuttavia, un nuovo studio condotto su scala mondiale mostra come le concentrazioni dei vari inquinanti, in particolar modo PM2.5 e Ozono, interagiscono tra loro, nella maniera in cui i danni alla salute del primo sono aggravati dalla presenza del secondo e viceversa. 

La nuova ricerca sugli “effetti interattivi” del particolato fine e dell’ozono

Una nuova ricerca, pubblicata sul British Medical Journal, conferma la correlazione fra le quantità combinate di PM2.5 e Ozono e i decessi per tutte le cause, per malattie cardiovascolari e respiratorie. Secondo l’indagine, che analizza i dati provenienti da 372 città di 19 paesi nel mondo dal 1994 al 2020, le concentrazioni medie annue di PM2.5 e O3 sono state rispettivamente di 11,4 μg/m3 e di 54,3 μg/m3. A questi inquinanti sono stati attribuiti 19,3 milioni di decessi nei 25 anni considerati, in particolar modo in relazione a problemi di cuore e polmoni. Lo studio analizza come le variazioni nei livelli di inquinamento atmosferico di particolato (PM2.5) e ozono sono associate a cambiamenti percentuali nella mortalità totale, confermando come tale relazione sia statisticamente significativa e dunque non casuale. I ricercatori hanno inoltre esaminato se questi effetti cambiano in base alla stagione, osservando durante le stagioni più fredde un impatto maggiore rispetto a quelle più calde, contrariamente da quanto ci si aspetterebbe. 

Ma c’è di più. Lo studio evidenzia “effetti di interazione significativi” tra i due inquinanti per la mortalità totale. In pratica, PM2.5 e ozono si alimentano l’un l’altro. Da quanto si evince, quando entrambi sono presenti in quantità elevate, il rischio di morte totale, malattie cardiovascolari e malattie respiratorie aumenta in modo significativo. L’indice di sinergia, misura che indica quanto questi due inquinanti lavorano insieme per aumentare il rischio (dove un valore superiore a 1 suggerisce una cooperazione negativa, mentre un valore inferiore a 1 indica una riduzione dell’effetto), risulta pari a 1,93, 1,37 e 1,36 rispettivamente per la mortalità totale, quella cardiovascolare e i decessi per malattie respiratorie. Il meccanismo di base è che l’ozono contribuisce al riscaldamento globale e la combustione del carbone rilascia particolato, che a sua volta aumenta il rischio di morte.  

Lo studio conferma dunque quanto già dimostrato in altre indagini: respirare questi inquinanti insieme peggiora ulteriormente i rischi per la salute, gravando pesantemente sul numero di decessi e sull’insorgenza di patologie croniche, confermando così la necessità di agire per ridurre simultaneamente e più significativamente tutti gli inquinanti presenti nell’aria.