Diritto alla seconda opinione medica: cos'è?

Sempre più spesso, soprattutto in campo oncologico, ci si trova di fronte a pazienti che chiedono un secondo consulto, in presenza o in telemedicina: a differenza che in altri Stati, in Italia non esiste una normativa specifica che disciplini il diritto alla seconda opinione. I medici, perciò, navigano a vista, tra norme deontologiche e rispetto della privacy del paziente.

Sommario
  1. Pro e contro della second opinion
  2. I profili deontologici: è lecito fornire un secondo parere?
  3. Second opinion e privacy

Nell’esercizio della propria attività professionale, soprattutto specialistica, ogni medico si è trovato di fronte al paziente che ha già consultato un sanitario, per chiedere una seconda opinione sulla sua patologia. Le ragioni possono essere le più svariate: il paziente non ha avuto fiducia del primo medico, oppure non è stato convinto dalla diagnosi o dal percorso di cura proposto, o ancora la patologia è così grave che vuole ascoltare il parere di più specialisti del settore.

La seconda opinione medica, sia in presenza che in televisita o teleconsulto, è quasi una prassi nel settore oncologico, dove spesso è proprio il primo oncologo a consigliare al paziente di rivolgersi a un collega per un ulteriore consulto e per valutare la gravità della patologia e le possibili terapie da consigliare al paziente.

Il diritto alla seconda opinione medica è sancito dalla Carta dei Diritti del Malato, ed è definito come diritto alla libera scelta: ogni individuo ha il diritto di scegliere liberamente tra differenti procedure ed erogatori di trattamenti sanitari sulla base di informazioni adeguate; ogni malato ha il diritto di richiedere una second opinion circa il trattamento a cui dovrà essere sottoposto, decidendo a quali esami diagnostici e terapie sottoporsi, nonché quali medici di famiglia, specialisti o ospedalieri utilizzare.

Va precisato che, al di là del generale diritto alla salute previsto dall’art. 32 della Costituzione, nel nostro ordinamento giuridico non esiste una vera e propria legge dello Stato che sancisca, in maniera chiara e specifica, il diritto del paziente a una seconda opinione medica.

Pro e contro della second opinion

La richiesta di una seconda opinione medica, per il paziente, presenta sia pro che contro, da valutare accuratamente in base al singolo caso concreto.

Dal punto di vista dei benefici, la second opinion assicura al paziente un ritorno psicologico positivo, in quanto il malato percepisce di esercitare autonomamente il proprio diritto alla salute e la sua libertà di disporre autonomamente del proprio corpo.

Tuttavia, se la seconda opinione è fortemente discordante con la prima, c’è il rischio che il paziente si confonda e che rallenti il suo percorso diagnostico-terapeutico, a svantaggio della sua salute.

Quando il paziente decide di esercitare il suo diritto alla second opinion è fondamentale il dialogo tra lui e i medici, che devono essere aperti alla seconda opinione, evitando di viverla come un “affronto”, parlandone e discutendone con il paziente, indirizzandolo verso un professionista o un centro che possa soddisfare le sue esigenze e discutendo in maniera chiara e completa, l’esito della seconda opinione, sia con il paziente che con il collega.

I profili deontologici: è lecito fornire un secondo parere?

Al medico spetta il compito di tutelare la vita, la salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo dalla sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana.

Nel rispetto della propria missione, così come delineata dal Codice deontologico, possiamo dire che il medico è obbligato ad accettare la scelta del suo paziente di chiedere un secondo parere, supportandolo e indirizzandolo verso un professionista specialistico, fornendo allo stesso tutti gli esami già effettuati e garantendo – se richiesto – un consulto in presenza o telematico.

Quando, all’esito di una visita, il paziente espliciti la sua volontà di chiedere un consulto specialistico, il medico deve saper riconoscere i propri limiti, anche per come evidenziati dal paziente, guidandolo verso la seconda opinione.

Il medico che, invece, riceve al suo studio un paziente che esplicita di essere andato prima da un altro sanitario e chiede un secondo parere deve fornire in modo chiaro ed esaustivo il consulto al paziente, visitandolo, analizzando tutti gli esami svolti dal precedente professionista e facendoli anche ripetere, se necessario, fornendo le proprie conoscenze scientifiche per perseguire la salute del paziente.

Second opinion e privacy

Se il paziente che chiede una second opinion ha svolto degli esami diagnostici con il primo medico, la trasmissione dei dati e dei referti al secondo professionista, trattandosi di dati sanitari, deve avvenire nel rispetto dei principi stabiliti dal GDPR:

  • Liceità, correttezza e trasparenza – i dati devono essere trattati in modo legale, corretto e trasparente nei confronti del paziente;
  • limitazione della finalità – i dati devono essere raccolti solo per scopi specifici, legittimi e successivamente trattati in modo coerente con tali scopi;
  • minimizzazione dei dati – i dati raccolti devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto agli scopi del trattamento;
  • esattezza – dati devono essere accurati e aggiornati o modificati quando necessario, al verificarsi un loro cambiamento;
  • limitazione della conservazione – i dati devono essere conservati solo per un periodo limitato, non oltre quanto necessario per gli scopi del trattamento;
  • integrità e riservatezza – deve essere garantita la sicurezza dei dati con misure tecniche e organizzative adeguate a prevenire accessi non autorizzati o perdite;
  • responsabilizzazione – il titolare del trattamento deve essere in grado di dimostrare la conformità ai suddetti principi.

In particolare, il medico dovrà acquisire dal paziente un apposito consenso informato, preferibilmente per iscritto, in cui tra le finalità di trattamento dei dati viene indicata anche la trasmissione degli stessi a un secondo professionista per un ulteriore parere.

Il medico, se il paziente lo richiede, non può e non deve rifiutarsi di trasmettere i referti al collega, sia per evitare di rallentare inutilmente il percorso di diagnosi e cura, sia per rispettare il consenso informato sottoscritto dal paziente, che ha indicato tra le finalità del trattamento dei suoi dati sanitari quella relativa al consulto con altri medici per una seconda opinione.

Di: Redazione Consulcesi Club

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