Inquinamento dell’aria: dal corpo alla mente, sempre più i danni confermati dalla scienza
06/04/2023
Aumentano le prove scientifiche che associano e mettono in relazione inquinamento e problemi di salute. In particolar modo, tre recenti ricerche confermano e approfondiscono il legame tra inquinamento atmosferico e i disturbi della mente, dalla depressione all’ansia.

Sommario
Forma e gravità dei danni alla salute causati dall’esposizione al particolato atmosferico dipendono dalla quantità nonché dalla natura dei suoi componenti. Ma come ricorda anche l’OMS nelle ultime Linee Guida 2021, in cui abbassa ulteriormente i limiti massimi di particelle inquinanti a cui la popolazione mondiale dovrebbe essere esposta, non esiste una soglia di concentrazione di particolato che può essere considerata “risk free”, cioè al di sotto della quale non ci sono rischi per l’uomo.
Dai disturbi respiratori a bronchiti croniche, fino ad aumentare il rischio di infarti, ictus, e ovviamente tumori polmonari: l’esposizione prolungata anche a bassi livelli di PM10 e PM2.5 può essere causa di molteplici e severi danni al benessere dell’uomo come dell’ambiente.
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Inquinamento ambientale e salute mentale: le ultime ricerche
Tra la fiorente ricerca in materia di inquinamento ambientale e impatto sulla salute umana, una linea di ricerca che più di altre sta vendendo emergere significativi risultati è quella che guarda i danni sulla psiche.
Come ha ricordato di recente anche la dottoressa Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria a Sanità Informazione, infatti, i disturbi della salute mentale, come tutte le patologie, derivano dall’interazione tra patrimonio genetico e fattori ambientali.
“Sempre più studi dimostrano che l’inquinamento atmosferico può incidere in modo importante anche sulla comparsa di disturbi mentali. (…) È dimostrato che le polveri sottili, tra cui il monossido di carbonio e il biossido di azoto, tutte molecole estremamente piccole sotto i 2,5 micron passano attraverso il sangue e circolano arrivando fino al cervello, causando danni derivanti da infiammazione e dalla conseguente risposta autoimmune all’infiammazione”, ha spiegato ancora lei.
A questo proposito, sono stati pubblicati a febbraio 2023 due nuovi studi relativi al legame tra inquinamento e psiche.
Il primo, pubblicato su JAMA Psychiatry, che prende in esame poco meno di 390mila persone nel Regno Unito per un periodo di 10 anni, conferma l’associazione tra l’esposizione a lungo termine anche a bassi livelli di inquinanti atmosferici e una maggiore incidenza di sviluppare malattie mentali.
In particolare, la ricerca analizza gli effetti del particolato e rivela come chi vive in zone inquinate abbia più probabilità di ammalarsi di depressione e soffrire d’ansia.
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I risultati dello studio
Nel corso dello studio oltre 13 mila persone sono state diagnosticate affette da depressione e a quasi 16 mila di ansia. Inoltre, è emerso che il rischio di sviluppare questi disturbi era più elevato nelle persone che vivevano in aree con livelli di inquinamento più alti e il rischio di ansia legato all’inquinamento da PM2.5 è risultato maggiore negli uomini che nelle donne. Sebbene la ricerca sia basata su analisi statistiche e ulteriori indagini sono necessarie per individuare il legame tra i due fattori, altri studi sostengono tesi analoghe.
È il caso di quello pubblicato su JAMA Network Open che rivela come l’esposizione prolungata a livelli elevati di inquinamento atmosferico aumenti il rischio di depressione tra le persone in tarda età. In particolare, lo studio ha preso in esame circa 8,9 milioni di persone over 64 in America, dimostrando una forte associazione tra l’esposizione alle particelle, in particolar modo a particolato fine (PM2.5), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3), e depressione.
“Abbiamo osservato associazioni dannose statisticamente significative tra l’esposizione a lungo termine a livelli elevati di inquinamento atmosferico e l’aumento del rischio di diagnosi di depressione tardiva”, scrivono i ricercatori.
Inoltre, dallo studio è emerso che ad essere interessati da “un rischio molto più elevato di depressione in età avanzata” sono gli individui socio-economicamente svantaggiati poiché simultaneamente esposti a stress sociale, oltre che cattive condizioni ambientali, compreso l’inquinamento atmosferico.
Smog e solitudine, “effetto metropoli” sul sesso femminile
Se ad essere maggiormente a rischio di depressione e ansia sono coloro che vivono nei centri urbani, in quanto aree tra le più inquinate dal particolato, ancora una volta sono in particolar modo le donne, e le adolescenti, a subire “l’effetto metropoli”.
Secondo quanto racconta Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) e direttore emerito di Psichiatria al Fatebenefratelli di Milano ad Adnkronos, nel capoluogo lombardo su una popolazione femminile di 600mila persone (over 15 e under 90) si registra una prevalenza di depressione del 15%, equivalenti a 90 donne e ragazze affette solo a Milano.
Con circa 36 mila nuovi casi l’anno, l’incidenza nella metropoli meneghina è pari al 6%, racconta ancora lo specialista. Le cause? Un “effetto metropoli” dovuto dalla combinazione di molteplici fattori: dalla solitudine, amplificata nel contesto urbano, alla mancanza di sonno, allo stress quotidiano, e non meno rilevante, lo smog.
“Nelle aree urbane si sente di più anche il peso dell‘inquinamento: ogni microgrammo di particolato è un 13% di depressione in più”, avverte Mencacci.
Con l’emergere di nuovi e preoccupanti dati sui livelli e sui danni dell’inquinamento atmosferico, cresce la consapevolezza tra i cittadini italiani ed europei della necessità di un cambio di rotta radicale e non più prorogabile.
Così, da Parigi a Berlino fino al Piemonte ma non solo, sempre più persone, associazioni e organizzazioni ribadiscono il diritto a respirare aria pulita attraverso azioni di sensibilizzazione e cause legali contro Stati e Regioni per danni da inquinamento atmosferico.
Fabiola Zaccardelli, BA (Hons) Journalism, University of Westminster