Quali sono le normative UE sulla tutela ambientale?

L’UE ha mostrato da sempre un particolare interesse per la tutela dell’ambiente e nel corso degli anni ha approvato normative funzionali a questa tutela. Per l’Italia il Testo Unico Ambientale è stato un primo passo importante, ma la strada per allinearsi ai parametri europei è ancora lunga.

Sommario
  1. Cosa si intende per “normativa ambientale dell’Unione Europea”?
  2. Monitoraggio e situazione italiana
  3. Le procedure di infrazione e le sanzioni che interessano l’Italia
  4. Cos’è una procedura d’infrazione?
  5. Quali rimedi per uscire da questa situazione?

Cosa prevede la normativa UE in tema di tutela ambientale? E cosa si intende per “normativa ambientale dell’Unione Europea”? Domande lecite, alle quali è essenziali dare una risposta per diversi ordini di motivi: diventare cittadini più consapevoli, correggere le nostre cattive abitudini, preservare il Pianeta dove passeremo l’intera vita e puntare al miglioramento della qualità della nostra intera esistenza, affinché non sia costellata da una salute flagellata dalle conseguenze nocive di una Terra maltrattata.

Cosa si intende per “normativa ambientale dell’Unione Europea”?

La normativa ambientale dell’Unione Europea è un insieme di leggi e regolamenti che mirano a proteggere l’ambiente e promuovere lo sviluppo sostenibile all’interno dei Paesi membri. Lo scopo è quello di proteggere l’aria, l’acqua, la biodiversità, il suolo e il clima, nonché di promuovere l’uso efficiente delle risorse naturali. Uno dei principali pilastri della normativa ambientale dell’UE è la Direttiva quadro sull’acqua, che stabilisce e regola la gestione delle risorse idriche all’interno dell’UE. La direttiva mira a garantire che tutte le acque interne e costiere siano in buono stato ecologico entro il 2027.

La normativa ambientale dell’UE comprende anche le direttive sull’aria e sulla qualità dell’aria, che stabiliscono standard per la riduzione delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria. Inoltre, l’UE prevede la protezione della biodiversità attraverso la Direttiva Habitat e la Direttiva Uccelli, che stabiliscono la protezione di specie e habitat naturali in tutto il territorio. Non solo, l’UE ha adottato una serie di regolamenti e direttive per affrontare i cambiamenti climatici, tra cui la Direttiva sulle emissioni di gas a effetto serra e la Direttiva sull’efficienza energetica. Questi strumenti hanno lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra e promuovere fonti di energia rinnovabili all’interno dell’UE.

Monitoraggio e situazione italiana

La normativa ambientale dell’UE è monitorata e attuata dalla Commissione Europea e dalle autorità ambientali nazionali degli Stati membri. Gli Stati membri sono tenuti a rispettare gli standard ambientali stabiliti dall’UE e a presentare rapporti periodici sulla loro attuazione.

Qual è la normativa di riferimento italiana?

Il Testo unico Ambientale, meglio conosciuto come il Codice Ambientale, per essere più specifici il Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 entrato in vigore il 29 aprile 2006 rappresenta la normativa principe della tutela ambientale in Italia. Anche se con netto ritardo rispetto all’attenzione riservata da altri Paesi, l’Italia cerca di aggiornarsi e adattarsi a quanto richiesto dall’Europa ma si trova spesso ad essere sanzionata. Questo decreto legislativo, in realtà, non è un vero e proprio testo unico, in quanto non si occupa di tante discipline importanti come il rumore, l’elettrosmog, le aree protette ecc.) e la sua epigrafe – appunto – parla soltanto di norme in materia ambientale.

Per capirne meglio il contenuto, è necessario soffermarsi su alcuni articoli di questo TUA e sapere che il nostro ordinamento ha previsto dei principi generali enunciati, ad esempio, all’interno dell’art. 9 della nostra Costituzione che tutela quindi non solo più il paesaggio, ma anche l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi; per altro verso, l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con la salute e l’ambiente. Inoltre, viene stabilito all’art. 1 TUA che:

Il presente decreto legislativo disciplina, in attuazione della Legge 15 dicembre 2004, n. 308, le materie seguenti:

  1. nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata (IPPC);
  2. nella parte terza, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche;
  3. nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati;
  4. nella parte quinta, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera;
  5. nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.

Interessanti al nostro scopo risultano, inoltre, i cinque articoli introdotti nel 2008 e la visione che assume questo testo normativo dopo ben 16 anni dalla sua entrata in vigore. Il Diritto Ambientale ha ancora bisogno di moltissimi accorgimenti per essere rispettato da un Paese che risulta essere famoso per le sue innumerevoli procedure d’infrazione da parte dell’UE in tema ambientale. La tutela e la salvaguardia dell’ambiente sono ancora lontani dal modo di essere e di pensare dell’Italia, nonostante l’alta attenzione sull’argomento.

Se gli obiettivi principali erano quelli della semplificazione e riorganizzazione normativa ambientale il TUA non ha aiutato il Paese a raggiungerli. Mancano in particolare tantissimi indispensabili provvedimenti attuativi che renderebbero effettivamente applicabili alcune norme che rischiano di restare lettera morta e inoltre è di tutta evidenza che la gran parte della normativa speciale di settore è ancora fondamentalmente estranea al contenuto del TUA.

Inoltre, soltanto la legge n. 68 del 2015 ha introdotto nuovi reati a salvaguardia dell’ambiente, modificando così il quadro normativo previgente che affidava in modo pressoché esclusivo la tutela dell’ambiente a contravvenzioni e sanzioni amministrative, previste dal Codice dell’ambiente. In tal senso, il diritto penale ambientale può essere esercitato nei casi di:

  • gestione dei rifiuti;
  • inquinamento idrico;
  • inquinamento atmosferico.

Il diritto penale ambientale abbraccia diverse materie, tra cui:

  • Urbanistica; Tutela dei beni culturali e ambientali;
  • Energia nucleare;
  • Inquinamento elettromagnetico;
  • Inquinamento acustico;
  • Inquinamento delle acque;
  • Inquinamento atmosferico;
  • Disciplina e gestione dei rifiuti;
  • Modificazioni genetiche e delitti contro l’ambiente.

Le procedure di infrazione e le sanzioni che interessano l’Italia

L’Italia sancisce nella propria potestà legislativa il rispetto sia della costituzione che dei vincoli dell’ordinamento comunitario, quindi anche dell’Unione europea ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. Tuttavia, negli anni il nostro Paese non è riuscito in diverse occasioni ad adeguarsi alle direttive europee. Una dinamica che nel 2020 lo ha portato a essere tra i primi 20 stati membri con il numero più elevato di infrazioni, pari a 85.

Cos’è una procedura d’infrazione?

L’Italia è, ad oggi, il terzo stato con più procedure di infrazione in tema ambientale, 6 solo nel 2020. Tuttavia, è da sottolineare che le questioni ambientali costituiscono anche per gli altri paesi l’ambito più soggetto a inadempienze. Basti pensare dal 1998 al 2020 sono stati in totale 454 i procedimenti aperti sul tema, 29,68% le infrazioni ambientali a carico dei Paesi Ue, sul totale delle procedure aperte nel 2020.

La Commissione Europea, tra le varie funzioni, si occupa di verificare che i Paesi membri adeguino i propri ordinamenti nazionali alle normative europee. Se una direttiva, una regolamentazione o una decisione Ue non viene recepita, viene applicata in modo sbagliato o il paese non comunica in tempo le misure scelte per implementarla, la Commissione può avviare una procedura formale di infrazione verso il paese interessato.


25 le infrazioni a tema ambiente ricevute dall’Italia dal 2003 al 2020.


Tra queste, ci sono procedure dovute al mancato adeguamento dell’ordinamento italiano in tema di inquinamento, energia, cambiamento climatico.

Secondo le ultime cronache, in quasi dieci anni – tra il 2012 e giugno 2022 – l’Italia ha dovuto sborsare una cifra pari a 878 milioni di euro per sanzioni comminate da parte dell’Unione europea, così come dichiarato in esclusiva al QdS dal Ministero Economia e finanze.


In soldoni, si può parlare di circa 90 milioni all’anno (in media), un conto salatissimo che l’Italia ha dovuto pagare per le condanne conseguenti a procedure di infrazione relative al mancato recepimento di direttive nell’ordinamento nazionale o per violazione del diritto comunitario.


L’Europa, insomma, controlla se l’Italia ha fatto i conti e risulta che sono 82 le procedure d’infrazione che interessano il nostro Paese oggi e ci classifichiamo settimi tra coloro che hanno difficoltà ad adeguarsi.

Le procedure d’infrazione ad oggi

I rifiuti, le acque reflue, l’aria e le emissioni ci hanno messo nei guai. In particolare, per la gestione dei rifiuti vi sono in corso 3 infrazioni dal 2003: Abruzzo (Vasto), Calabria (20 siti non conformi), Lazio (4), Marche (Ascoli-Piceno), Puglia (5), Sicilia (5) e Veneto (4), per un totale di 40 comuni con discariche non conformi alle normative europee. Solo l’emergenza rifiuti Campania, poi, dal 2015 a oggi ci ha fatto incorrere in un esborso da 20 milioni più una sanzione accessoria da 12 mila euro al giorno. La violazione riguarda la Direttiva 2006/12 in ragione della perdurante assenza di una rete di gestione integrata di rifiuti nella Regione.

Relativamente alle acque reflue, nel nostro Paese abbiamo pagato in 8 anni una cifra pari a 102 milioni, di cui 52 solo nel 2019. Sebbene la cifra nel 2020 sia stata più che dimezzata (23 milioni), nella nostra nazione continua ad essere assente una corretta gestione in termini di colletta mento, fognature e depurazione. Solo in Sicilia, ad esempio, ci sono attualmente 265 agglomerati sotto infrazione a fronte di due sentenze definitive. La realizzazione di depuratori e reti fognarie ha consentito di mettere in regola alcuni dei siti considerati, permettendo così il risparmio di 6,2 milioni di euro. In particolare, è stata raggiunta la conformità di cinque agglomerati dislocati tra Calabria, Sicilia e Sardegna: Acri, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Sellia Marina e Battipaglia, nonché la Commissione Ue ha accolto riesami e correzioni nel territorio di Palermo.

Quali rimedi per uscire da questa situazione?

Consapevolezza e giusta informazione alla popolazione civile potrebbero essere un primo passo. In secondo luogo, per uscire dal pantano in cui ci troviamo bloccati, non ci resta che sperare che quei 600 milioni del PNRR per fognature e depurazione siano un’occasione per riabilitarci. Intanto, il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, ha annunciato che verrà istituita una Commissione per la revisione del codice per l’ambiente.

Cristina Saja, giornalista e avvocato

Di: Redazione Consulcesi Club

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