Lunga vita ai cibi fermentati: il benessere passa attraverso l’intestino

L’antico processo della fermentazione vive una nuova popolarità grazie ad un crescente numero di ricerche che confermano e ampliano i vantaggi di cibi, cosmetici e altri prodotti fermentati.

Sommario
  1. La dieta di ieri, la dieta di oggi 
  2. I benefici dei cibi fermentati
  3. Fermentazione e cosmesi 
Dal pane fatto con il lievito madre al kombucha e il Kefir: i prodotti fermentati stanno riscuotendo un rinnovato successo tra gli occidentali, sempre più attenti al benessere fisico attraverso un’alimentazione basata sui cosiddetti cibi funzionali.   In modo particolare durante il periodo pandemico, la corsa verso i prodotti volti a migliorare le difese immunitarie ha fatto sì che anche questi alimenti registrassero una crescita significativa nelle vendite, fino a collocarli nel 2021 tra i 10 di tendenza dell’anno, secondo il Whole Foods.   Sebbene molti di questi cibi siano da tempo già presenti nelle nostre diete, come pizza, yogurt, crauti, vino, birra e aceto, molti altri, soprattutto provenienti dalla cucina orientale come miso e tempeh, stanno vivendo un vero e proprio boom. Alla base del loro successo? Il processo di fermentazione appunto e gli innumerevoli benefici che continuano ad emergere da una sempre più ricca ricerca scientifica.   Grazie al processo biochimico impiegato da migliaia di anni per una più lunga conservazione dei cibi infatti, lieviti, batteri e muffe in assenza di ossigeno sono in grado di trasformare proteine e carboidrati presenti in questi cibi producendo vitamine, omega-3, probiotici, acido lattico ed enzimi, rendendoli quindi molto più ricchi a livello nutrizionale.  

La dieta di ieri, la dieta di oggi 

Come ci ricorda la European Society of Neurogastroenterology & Motility (ESNM) -organizzazione di medici no-profit fondata nel 1982 con l’obiettivo di promuovere il dibattito e la conoscenza attorno al microbiota intestinale - se fin dalle origini l’uomo è sempre stato esposto a microrganismi presenti in gran quantità negli alimenti, nell'acqua, nell'aria e sulle superfici ambientali, fattori come la crescente lavorazione dei cibi, la purificazione dell'acqua e uno stile di vita industrializzato, hanno ridotto drasticamente “le interazioni tra i microrganismi vivi sicuri ottenuti dalla dieta e le cellule digestive e immunitarie attraverso il tratto gastrointestinale, aumentando successivamente la probabilità di malattie croniche”.   Così, prosegue l’articolo, secondo gli scienziati “il fatto che il sistema immunitario deve far fronte all'assenza di microrganismi non nocivi con funzioni di regolazione immunitaria potrebbe contribuire all'attuale aumento delle malattie immunomediate come le malattie autoimmuni, le malattie allergiche e l'asma”, tanto che un gruppo di ricercatori sostiene che avremmo forse bisogno di tornare a consumare un gran numero di microrganismi sicuri ogni giorno “per prevenire, limitare o migliorare le malattie legate alla disfunzione del sistema immunitario”.   A questo si aggiunge una dieta basata su un alto consumo di grassi e carboidrati (nel mondo occidentale in modo particolare) che, come  spiega Cinzia De Vendictis, dottoressa specializzata in Anestesia e Rianimazione, con Master nelle materie di Omotossicologia, Omeopatia, Nutrizione Biologica e Medicina Ambientale clinica, “può avere effetti disastrosi sul nostro organismo e in particolar modo sull’intestino, nel breve ma soprattutto nel medio-lungo termine, provocando da un lato infiammazioni al lume intestinale, dall’altro contribuendo all’insorgere della sindrome dell’intestino permeabile, ma non solo”. “L’aumento dell’infiammazione localizzata e sistemica può provocare casi di artrite reumatoide, malattie infiammatorie croniche intestinali e disturbi metabolici che, a loro volta, possono portare a obesità, diabete e fibrosi epatica”, prosegue la De Vendictis introducendo alcuni dei contenuti affrontati nel nuovo corso ECM per tutti i camici bianchi e realizzato con Consulcesi Club: “Microbiota. Macro vantaggi. Dalla dieta Mediterranea alla tradizione giapponese”.  

I benefici dei cibi fermentati

È qui allora che entra in gioco la composizione microbica dell’intestino, “il cui stato dipende dalla genetica, dal trasferimento materno e dalla colonizzazione precoce, ma anche da “fattori esterni” come l’assunzione di antibiotici e farmaci, infezioni, infiammazioni, accumulo di stress, mancanza di igiene e l’avanzare dell’età”, ricorda ancora l’esperta.   In questo contesto, un’alimentazione ricca di cibi fermentati può aumentare la biodiversità del microbiota intestinale, andando così a migliorare il nostro sistema immunitario e contribuendo a tenere bassi i livelli di infiammazione sistemica e più in generale a prevenire i disturbi dell’apparato gastrointestinale e orale.   “Le diete rappresentano a tutti gli effetti un patrimonio immateriale dell’umanità e questo lo stabilisce e conferma la Convenzione UNESCO”, aggiunge la De Vendictis che, nel corso parte del catalogo di Consulcesi messo a punto per offrire un ampio ventaglio di tematiche tra cui poter scegliere per conseguire i crediti formativi obbligatori, approfondisce il particolar modo il valore della dieta Mediterranea, di quella giapponese e messicana.     Queste tre infatti, “rappresentano un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo”, conclude la dottoressa.   La dieta mediterranea, nello specifico, ha alla sua base tutti alimenti che possono essere più o meno fermentati: dal pane, che se realizzato con il lievito madre favorisce la predigestione dei carboidrati, ai derivati del latte (come formaggi freschi a bassa fermentazione a quelli a lunga stagionatura), fino all’olio di oliva, al vino e all’aceto.  

Fermentazione e cosmesi

La fermentazione si sta rivelando sempre più versatile tanto che sta trovando nuovi campi d’applicazione anche nei saloni di bellezza. Come anche raccontano le ricercatrici della GALA Academy, se fino a non molto tempo fa questo processo di trasformazione non sembrava essere applicabile a parti vegetali composte da molecole complesse o povere di zuccheri e utilizzate comunemente in cosmesi naturale come foglie, radici, petali e fiori, le ultime innovazioni tecnologiche consentono ora “l’impiego di particolari batteri in grado di idrolizzare i trigliceridi, quindi gli oli, e l’utilizzo di particolari miscele di batteri che idrolizzano la parete cellulare, esponendo le molecole attive e rendendole disponibili per la successiva fermentazione”, permettendo così alle “aziende cosmetiche di migliorare l’efficacia dei fitocomplessi vegetali aumentando la concentrazione di vitamine, dei sistemi antiossidanti, di proteine e aminoacidi e incrementando, di conseguenza, l’efficacia dell’estratto e quindi del cosmetico”.
Di: Redazione Consulcesi Club

News e Approfondimenti che potrebbero interessarti

Vedi i contenuti