Negli ultimi anni, la ricerca sul diabete di tipo 2 ha fatto importanti progressi, rivelando che in alcuni pazienti la malattia può regredire grazie a interventi mirati. Studio dopo studio, emerge come monitoraggio metabolico accurato, farmaci specifici e modifiche dello stile di vita possano favorire il recupero della funzione delle cellule beta pancreatiche, aprendo scenari concreti per la remissione della malattia.
Il diabete di tipo 2: prevalenza, sintomi e impatto sociosanitario
Il diabete mellito di tipo 2 rappresenta circa il 90% di tutti i casi di diabete. Nel 2024, secondo la International Diabetes Federation, circa 589 milioni di persone tra i 20 e i 79 anni erano affette da diabete a livello globale, di cui oltre 5 milioni in Italia. Entro il 2045 si prevede che il numero supererà i 700 milioni, confermando l’impatto sociosanitario estremamente gravoso della malattia, dovuto sia alle difficoltà di gestione del controllo glicemico sia all’insorgenza di complicanze acute e croniche.
Il diabete di tipo 2 si sviluppa spesso lentamente e può manifestarsi con sintomi iniziali poco evidenti, come:
- sete eccessiva e aumento della diuresi;
- stanchezza e debolezza;
- visione offuscata;
- lenta guarigione di ferite o infezioni ricorrenti.
La diagnosi avviene di solito tra i 40 e i 60 anni, ma può comparire anche in soggetti più giovani, soprattutto in caso di sovrappeso, obesità o familiarità per diabete. Recenti osservazioni cliniche indicano che una bassa percentuale di pazienti può ottenere una remissione parziale o completa, soprattutto se il diabete è di recente insorgenza. La possibilità di remissione diminuisce quando la malattia dura oltre 4–5 anni, a meno di interventi come la chirurgia bariatrica.
Cellule beta e meccanismi alla base della remissione dal diabete di tipo 2
Uno studio pubblicato su Science Advances ha identificato meccanismi molecolari e funzionali che permettono il recupero della secrezione insulinica nelle persone con diabete di tipo 2. I risultati mostrano che infiammazione e alterazioni metaboliche possono compromettere la funzione delle cellule beta pancreatiche, ma la loro modulazione, anche farmacologica, può ripristinarne l’attività e la capacità di produrre insulina. Lo studio, inizialmente condotto a Pisa e poi esteso ad altri centri italiani e internazionali, ha coinvolto università e gruppi di ricerca a Siena, Genova, Bruxelles, Barcellona, Lille, Losanna e Philadelphia, creando una rete collaborativa per studiare i processi di remissione e quelli che ostacolano la guarigione.
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Farmaci preclinici e strategie terapeutiche personalizzate
La ricerca ha identificato farmaci preclinici in grado di agire su pathway molecolari fondamentali per la sopravvivenza e la funzionalità delle cellule beta, proteggendole dallo stress metabolico e infiammatorio. Queste scoperte aprono la strada a strategie terapeutiche personalizzate, in cui un intervento precoce e mirato può:
- preservare la funzione pancreatica;
- rallentare la progressione del diabete di tipo 2.
Inoltre, la ricerca traslazionale che integra laboratorio e clinica permette di trasformare rapidamente le scoperte in approcci terapeutici concreti, rafforzando collaborazioni internazionali e il ruolo dell’Italia nella ricerca europea sul diabete, anche grazie alla rete INNODIA.org.
Remissione del diabete di tipo 2: un obiettivo concreto
Il lavoro ha ottenuto un alto riconoscimento internazionale (5° percentile per impatto Altmetric), indicando che la remissione del diabete di tipo 2 potrebbe diventare un obiettivo concreto, non più un’eccezione. Per endocrinologi, nutrizionisti e altri professionisti della salute, i risultati sottolineano l’importanza di un approccio integrato, che combini:
- Monitoraggio metabolico continuo per individuare precocemente alterazioni della glicemia e della funzione beta-cellulare;
- Farmaci mirati per proteggere e ripristinare la funzionalità delle cellule beta;
- Modifiche dello stile di vita, come alimentazione equilibrata e attività fisica regolare, per supportare metabolismo e salute pancreatica.
Questo approccio multidimensionale rappresenta oggi la strategia più efficace per prevenire la progressione della malattia e preservare la produzione naturale di insulina.