Le città più inquinate d'Italia secondo Mal’Aria 2023 di Legambiente

L’inquinamento atmosferico nelle città italiane si conferma un “problema pressante”. Dal report emergono concentrazioni ancora preoccupanti e una decrescita troppo lenta per raggiungere i nuovi obiettivi Ue entro i tempi stabiliti.

Sommario
  1. I dati di Mal’aria 2023
  2. Il miglioramento c’è, ma è troppo lento: “Cambio di passo cercasi”

Secondo quanto emerso dal report “Mal’Aria di città: cambio di passo cercasi 2023” di Legambiente, l’inquinamento dell’aria nelle città italiane “è un problema sempre più pressante”. L’ultimo report annuale realizzato nell’ambito della Clean Cities Campaign, mostra livelli ancora troppo alti di inquinamento e una qualità dell’aria che migliora ma “troppo lentamente” per raggiungere, quanto prima e al più tardi entro il 2030, i nuovi limiti stabiliti dall’Unione Europea.

Limiti che, sottolineano dall’associazione ambientalista, sono comunque “una condizione necessaria” ma “non più sufficiente” per poter garantire una reale tutela della salute umana e contribuire ad un effettivo risanamento dell’ambiente circostante. Le soglie Ue devono infatti essere considerate solo “una tappa intermedia” verso i più rigorosi e salutari limiti OMS.

I dati di Mal’aria 2023

Nel report relativo all’inquinamento dell’aria nelle città italiane durante il 2022, sono stati analizzati i dati di 243 centraline ufficiali, dislocate in 17 Regioni e rappresentative di 96 città capoluogo di provin­cia. Nel complesso, anche in quest’ultimo anno analizzato, diverse città hanno mostrato grandi criticità in relazione ai tre principali inquinanti dell’aria: PM10, PM2.5 e NO2. Queste hanno riguardato in particolar modo il superamento dei giorni di sforamento del limite giornaliero per il PM10, e “criticità meno evidenti, ma da attenzionare seriamente”, riguardanti la media annuale delle polveri sottili (PM10 e PM2.5) e del biossido di azoto (NO2).

Secondo l’analisi dei dati relativi ai capoluoghi di provincia, sono ben 29 su 95 monitorate, le città che hanno superato l’attuale limite normativo per i giorni di sforamento consentiti per il PM10, pari a 35 giorni l’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo. Nella classifica delle peggiori, troviamo Torino (con la centralina di Grassi) che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) 79, Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70.

Sempre per il PM10, l’analisi delle medie annuali ha evidenziato che nessuna delle città ha superato il limite stabilito dalla normativa attuale di 40 µg/mc. Tuttavia, tale condizione non tutela sufficientemente la salute dei cittadini, ribadiscono anche da Legambiente, come confermano i nuovi parametri stabiliti dalla Direttiva europea sulla qualità dell’aria e le molto più stringenti indicazioni OMS, che fissano una media annua massima per il PM10 a 15 µg/mc.

Rispetto alla media annua per il particolato fine stabilito dalla nuova Direttive Ue, pari a 20 µg/mc, solamente 23 delle 95 città monitorate (pari al 24% del totale) risulterebbero conformi, mentre 72 città sarebbero fuorilegge.

Anche in relazione al PM2.5, la situazione si conferma preoccupante. Tra le 85 città per cui erano disponibili i dati, ben 71 (l’84% del campione) nel corso del 2022 hanno riportato livelli superiori a quelli previsti dalla prossima direttiva 2030. Monza (con 25 μg/mc), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (23 μg/mc), Alessandria, Bergamo, Piacenza e Torino (22 μg/mc), e Como (21 μg/mc) sono le città che attualmente superano il doppio del futuro limite di legge, pari a 10 μg/mc (contro l’attuale soglia in vigore di 25 μg/mc).

La situazione non presenta miglioramenti significativi nemmeno quando si considerano i livelli di biossido di azoto nell’atmosfera. Tra le 94 città analizzate, oltre il 60% evidenzia concentrazioni di questo inquinante. Pur non superando attualmente i limiti legislativi in vigore, tali concentrazioni risulterebbero non conformi con la nuova normativa imminente. Il nuovo limite di 20 μg/mc verrebbe superato in 57 città, con condizioni particolarmente critiche e lontane dall’obiettivo registrate a Milano (38 μg/mc), Torino (37 μg/mc), Palermo e Como (35 μg/mc) e Catania (34 μg/mc).

Il miglioramento c’è, ma è troppo lento: “Cambio di passo cercasi”

Nel rapporto sono stati esaminati anche i percorsi delle città nel tentativo di comprendere con quale passo si stia perseguendo la riduzione delle concentrazioni di inquinanti. Utilizzando i dati raccolti da Legambiente tramite il rapporto storico di Ecosistema Urbano, sono stati analizzati i trend delle concentrazioni medie annuali di PM10 e NO2 nelle città capoluogo dal 2011 al 2021. Inoltre, sono state valutate le variazioni percentuali delle concentrazioni anno dopo anno negli ultimi dieci anni per comprendere meglio la “velocità” con cui ci si sta avvicinando ai nuovi obiettivi Ue.

I risultati, purtroppo, non sono incoraggianti. Nonostante gli sforzi e le evidenti riduzioni delle emissioni, gli esperti di Legambiente fanno sapere che praticamente in nessuna città si è verificato un declino sistematico e costante delle concentrazioni mentre si registra un tasso medio di riduzione che si aggira attorno al 2% per il PM10 e al 3% per l’NO2.

Le città più inquinate dal PM10, per raggiungere i nuovi obiettivi Ue, potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni e città come Modena, Treviso e Vercelli potrebbero metterci oltre 30 anni. La situazione è simile anche per il biossido di azoto (NO2), dove ad esempio Catania, alle attuali tendenze di riduzione, avrebbe bisogno di oltre 40 anni per migliorare la qualità dell’aria mentre Monza, Bolzano e Trento impiegherebbero più di 15 anni per raggiungere lo stesso obiettivo.

Le città più inquinate da NO2, come Milano, Torino e Palermo devono ridurre le loro concentrazioni di oltre il 40%. Ancora più lontana appare la nuova soglia per il PM2.5: Monza deve ridurre questo inquinante di circa il 60%, seguita da Milano, Cremona, Padova e Vicenza con un 57%, Bergamo, Piacenza, Alessandria e Torino (55%), Como (52%), Brescia, Asti e Mantova (50%).

 “L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza”, ha ricordato il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani in occasione della pubblicazione del report. Come confermato anche dall’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), nel continente lo smog risulta la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali. In questo contesto, l’Italia registra un triste primato con più di 52mila decessi ogni anno da PM2.5, pari a 1/5 di quelli rilevati in tutta Europa.

 

“È necessario agire con urgenza per salvaguardare la salute dei cittadini, introducendo politiche efficaci ed integrate che incidano sulle diverse fonti di smog, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura – ha aggiunto quindi il presidente di Legambiente – Chiediamo al Governo, alle Regioni e ai Comuni, di mettere in campo azioni coraggiose per creare città più pulite e sicure. La salute è un diritto fondamentale che non può essere compromesso”.

Di: Redazione Consulcesi Club