La clausola claims made nelle polizze di responsabilità sanitaria

Cosa significa “claims made” letteralmente? E come si traduce se si adduce il significato alla clausola di una polizza assicurativa destinata agli operatori sanitari? La normativa di riferimento, la logica e la tutela intenzionale del legislatore.

Sommario
  1. Cosa significa “claims made” e come si traduce nelle polizze assicurative?
  2. Qual è la differenza tra la clausola “claims made”, la retroattività e la postuma?
  3. Cosa si intende con polizze “a primo rischio” e a “secondo rischio”?

Il contesto delle assicurazioni nell’ambito della responsabilità professionale medica e, più in generale, sanitaria ha inevitabilmente risentito del progressivo e significativo aumento dei sinistri e degli innumerevoli interventi normativi in merito. Questo particolare tipo di polizza è stata resa obbligatoria con la Legge Gelli-Bianco del 2017, la quale contiene l’art. 10 rubricato proprio “Obbligo di assicurazione” e introduce, per tutte le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche o private e per i professionisti, l’obbligo di stipula di una polizza assicurativa o altre analoghe misure per la responsabilità verso terzi, in tal caso i pazienti con cui si entra direttamente a contatto.

Cosa significa “claims made” e come si traduce nelle polizze assicurative?

Letteralmente “claims made” significa “a richiesta fatta” o anche “a prima richiesta” ed è utilizzata per intendere la clausola di estensione della garanzia assicurativa. La norma di riferimento è sempre rintracciabile nella Legge Gelli-Bianco ex art. 11 la quale chiarisce che la polizza


“deve prevedere un’operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione durante la vigenza della polizza”.


È così che l’estensione della polizza si traduce in retroattività per tutte quelle polizze regolate dal regime “claims made” che prende in considerazione l’insorgenza del sinistro non legandolo alla commissione del fatto illecito, ma alla ricezione della prima richiesta danni da parte dell’assicurato, tempestivamente denunciata in pendenza di copertura.

Tuttavia, la norma non intende regolare i due momenti – prima richiesta danni e denuncia all’assicuratore – ma soltanto la retroattività di una clausola che è opzionale all’interno di un contratto assicurativo. Infatti, in tutti i casi di polizza assicurativa claims made, l’unica vera condizione essenziale è la prima iniziativa di chi lamenti un danno che indirizzi la richiesta danni al presunto responsabile.

La clausola del “claims made” non va mai dimenticata per ottenere una buona polizza assicurativa: affidati ad un esperto per non incorrere in errori che in caso di sinistro potrebbero produrre gravi conseguenze economiche.

Per completezza informativa, non va sottaciuto che questo tipo di regime “claims made” caratterizza la maggioranza delle polizze professionali per la responsabilità sanitaria e va a incrementare un vuoto esistente nel nostro ordinamento. Il nostro codice civile contempla espressamente solo il sistema “loss occurrence” ex art. 1917 c.c., secondo il quale l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato per tutto il periodo di operatività della garanzia, che è limitata agli eventi dannosi avvenuti durante il periodo di vigenza della polizza, a prescindere dalla data di richiesta del risarcimento.

Qual è la differenza tra la clausola “claims made”, la retroattività e la postuma?

  • La retroattività opera subordinatamente al fatto che l’assicurato non sia a conoscenza di reclami o situazioni sospette sui fatti professionali pregressi da assicurare
  • La postuma è stata introdotta per ovviare al problema che si creava con la cessazione definitiva dell’attività professionale e l’esigenza di copertura assicurativa anche dopo l’interruzione dell’attività
  • La clausola claims made, com’è noto, consente la copertura di richieste di risarcimento pervenute durante la vigenza della polizza che siano originate da attività professionali effettuate prima della stipula della polizza stessa

L’art. 11 della Legge Gelli-Bianco, inoltre, chiarisce non solo la retroattività di dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, ma anche l’ultrattività, parimenti di dieci anni, successivi alla cessazione definitiva dell’attività professionale.

Cosa si intende con polizze “a primo rischio” e a “secondo rischio”?

Le polizze a primo e secondo rischio sono quelle che vengono prese in considerazione in una situazione di concomitanza di due polizze diverse che coprono gli stessi rischi. In tal caso, la seconda – adeguatamente formulata – interviene solo dopo l’esaurimento del massimale della prima polizza. La polizza di secondo rischio, spesso, viene abbinata ad altre garanzie accessorie, tra cui la tutela legale.

Le polizze di secondo rischio comportano problemi di natura interpretativa, tanto da indurre la Corte di Cassazione a intervenire nel 2015 per fare chiarezza e distinzione tra assicurazione per conto proprio (rischio depauperamento patrimonio del contraente) e assicurazione per conto altrui ex art. 1891 c.c.. Nel 2016 è tornata sull’argomento sottolineando come la clausola poco chiara di una polizza assicurativa si ritorce contro chi l’ha predisposta, dunque di norma l’assicuratore.

Manuela Calautti, Avvocato

Di: Redazione Consulcesi Club

News e Approfondimenti che potrebbero interessarti

Vedi i contenuti