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Medici Consulcesi, i legali per i camici bianchi

25/07/2017

Medici Consulcesi, i legali per i camici bianchi

Tutelare dal punto di vista legale i medici, pubblici e privati. È questa, da sempre, la missione del Gruppo Consulcesi, guidata da Massimo Tortorella, realtà diventata negli anni un punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale nei servizi di consulenza e assistenza legale per i professionisti sanitari.

Sono 100mila i camici bianchi in tutta Europa che vengono seguiti dagli avvocati e dagli oltre mille consulenti che fanno parte del gruppo. L’ attività è cominciata poco più di 20 anni fa, quando ancora era al centro dell’attenzione la questione dei medici ex specializzandi che tra il 1978 e il 1993 non avevano ricevuto la borsa di studio prevista dalle direttive europee per il lavoro svolto. A questi professionisti si sono aggiunti successivamente quelli che hanno preso parte ad un corso di specializzazione tra il 1994 e il 2006, ricevendo in questo caso una borsa di studio incompleta.

Entrambi questi filoni, sulla spinta delle azioni collettive organizzate proprio da Consulcesi, hanno portato i tribunali italiani a sviluppare una giurisprudenza sul tema che ha permesso ai medici ricorrenti di ottenere rimborsi per oltre 500 milioni di euro. Si tratta di una cifra che riguarda la sola Consulcesi e che è destinata ad aumentare fino a 5 miliardi di euro, in assenza di interventi a livello legislativo. Il know how sviluppato negli anni con gli ex specializzandi ha permesso a Consulcesi di assistere i camici bianchi anche nei casi di presunta malpractice su un altro problema molto sentito dalla categoria: quello dei turni masscranti di lavoro. Consulcesi raccoglie segnalazioni di violazioni della direttiva Ue 2003/88, applicata in Italia soltanto nel 2015 attraverso la legge 161.

Con la Finanziaria del 2008 l’Italia aveva escluso il personale sanitario dal diritto, riconosciuto ad ogni lavoratore, di non superare un tetto settimanale di 48 ore e godere di 11 ore di riposo tra un turno e l’altro. Il problema sembra essere, però, ad oggi tutt’altro che risolto e i medici continuano a fare ricorso per ottenere un risarcimento per la violazione della direttiva.

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