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Covid, il microbiologo Rasi: “Sputnik e vaccino cinese: senza informazioni non possiamo accettarli”

“Anche se hanno tutte le carte in regola per essere di ottima fattura e qualità, lo Sputinik e il vaccino cinese provengono da sistemi che usano standard di evidenza diversi dai nostri. Il che non significa che siano peggiori, ma che ci mancano informazioni, ma non sapere per noi non è un’opzione accettabile”. A dirlo Guido Rasi, ex direttore Ema e ora impegnato nella formazione di medici e operatori sanitari con l’incarico di direttore del provider Consulcesi Club.”Avere a disposizione le maggiori conoscenze possibili, vuol dire riuscire a gestire a livello sociale eventuali dubbi e criticità portando a supporto numeri ed evidenze, come è accaduto con il caso Astrazeneca”, spiega nel corso della masterclass Consulcesi Club, Il Covid-19 tra mutazione e varianti.

Tanti i dubbi e le domande dei sanitari alle quali rispondono il microbiologo Rasi e l’infettivologo Massimo Andreoni primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma. Ecco le quattro domande principali dei partecipanti:

Vaccini e varianti
I vaccini attualmente disponibili a mRNA contro il Covid-19 sono efficaci anche contro le varianti? La risposta è sì e la rassicurazione arriva da Massimo Andreoni ed è supportata anche da nuovi studi appena pubblicati – il 5 maggio sul News England Journal e The Lancet – che sciolgono molti dubbi sulla loro efficacia contro le varianti di SARS-CoV-2. Per questo è importante “proseguire con convinzione nella campagna vaccinale” aggiunge Andreoni.

Chi è guarito
Chi ha contratto il Covid-19 devono vaccinarsi ugualmente? La risposta è sì, ma solo con la seconda dose e con una distanza minima di almeno tre mesi dalla fine della malattia. “Chi ha contratto il Covid-19 – chiarisce Andreoni – deve vaccinarsi per potenziare la capacità di difenderci dall’infezione con una singola dose. Con un minimo di distanziamento dai 3 ai 6 mesi dalla fine della fine della malattia per evitare che siano presenti troppi anticorpi. La malattia è come se fosse la ‘prima dose’ e la seconda da richiamo” aggiunge.

I test
Quali sono i test che identificano la variante si deve sequenziamento del virus? Per identificare nuove varianti va fatto un sequenziamento del virus, è questo il modo più completo per monitorare tutte le mutazioni e capire se vi è una reale variante, cioè se il virus sia mutato in maniera sufficiente, risponde Andreoni che aggiunge: “Attualmente stiamo sequenziando solo determinate regioni del virus che ci interessano di più ai fini della risposta al vaccino e della trasmissibilità. Altri sistemi sono utili ma permettono di capire solo se la mutazione è presente, in quanto lavorano su mutazioni già conosciute ma non di riconoscerne di nuove”.

Il piano vaccinale
Cosa prevede il piano vaccinale per i non responder ai vaccini? Il programma vaccinale per ora non prevede una strategia specifica, al momento le istituzioni sanitarie sono impegnate nel monitorare la situazione con una campagna di esami sierologici per valutare lo stato di immunizzazione della popolazione. “Bisogna chiarire chi è un non responder, infatti spesso i sanitari giudicano la risposta al vaccino solo con la presenza o meno di anticorpi ma questo non è sufficiente. Emblematico è il caso degli immunodepressi che nella maggior parte dei casi sviluppano pochi anticorpi e potrebbero esser considerati non responder ma se analizziamo la risposta cellulo-mediata in realtà sono dei responder, anche se non hanno creato anticorpi “Per molti medici e per noi tutti è un nuovo mondo che comprendiamo giorno per giorno” “Per questo – aggiunge Rasi – la formazione dei medici innanzitutto che poi informano i cittadini ora è fondamentale più che mai”.

fonte: La Repubblica