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I medici hanno solo 9 minuti per visitare

In Svezia si impiegano 22 minuti. In Bangladesh 48 secondi. Molti i pazienti a carico e i dottori di base devono agire in tempi ridottissimi

Nove minuti, il empo di una doccia. Eppure è quanto ci impiegano, in media, i medici italiani a fare una visita di routine: lo dice la Simi, la Società italiana di medicina interna e lo conferma un ostudio della prestigiosa rivista scientifica inglese British Medical Journal. E non è che il continuo via vai in ambulatorio, le sale d’attesa sempre piene e la coda in accettazione che si ingrossa di ora in ora siano un gran vanto per i camici bianchi dello Stivale: basti pensare che in Svezia i controlli della salute durano almeno 22 minuti, cioè più del doppio di quelli tricolori. È persino una magra consolazione sapere che in Bangladesh si totalizzano appena 48 secondi di visita a test, neanche il tempo di prendere in mano lo stetoscopio e dire trentatré. Ci vuol pazienza, il punto è che i medici italiani sono oberati di lavoro,  il ricambio generazionale è quello che le puntate lampo allo studio di turno non possono che essere veloci.

Nell’arco di dieci anni, infatti, il carico di impegni dei medici di famiglia nostrani è più che raddoppiato: parola della Simg, la Società di categoria. Ci si mettono gli appuntamenti, le ore passate al telefono, a rispondere (giustamente) ai pazienti più intransigenti, le visite a dimicilio: e così finisce che rispetto ai 4,6 contatti stimati nel 2005, nel 2015 gli stessi sono schizzati a 9,7 in dodici mesi. Una sorta di record, che unita ai problemi pensionistici (entro il 2028 appenderà al chiodo il blocchetto delle ricette ben il 70% dei medici di base oggi in attività e i neo-laureati sono insufficienti a coprirne la carenza: questione che abbiamo già trattato innumerevoli volte) rischia di mandare in tilt l’intero sistema. Per questo i diretti interessati hanno scelto di correre ai ripari: Consulcesi, un network legale che da 20 anni si è schierato a fianco dei medici e dottori di Medicina generale, ha lanciato proprio in questi giorni una campagna di informazione per i diritti dei medici di famiglia e, soprattutto, è intenzionato a portare in tribunale un’azione legale per un risarimento forfettario fino a 50mila euro per ogni anno di specializzazione in virtù di un trattamento economico che definisce discriminatorio.

“Nella maggior parte dei Paesi europei, la Medicina generale è una specializzazione”, spiega Marco Nardelli, membro dell’ Imsgb, l’Italian medical society of Great Britain. Nardelli si è trasferito a Londra da anni: “L’ITalia non solo non si adegua ma offre una borsa di studio di 800 euro al mese rendendo praticamente impossibile la vita a centinaia di giovani medici”. Tanto per capirci: chi frequenta i corsi di Medicina generale, da noi, guadagna (applicando il regime fiscale odierno) circa 111mila euro all’anno, mentre gli specializzati nelle altre branchie mediche oscillano tra i 25 e i 27mila euro. Una bella differenza. Ecco perché Consulcesi lancia una nuova azione collettiva, una class-action, a cui possono partecipare i medici di famiglia di tutto il Paese.