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Turni massacranti, a che punto è la direttiva Ue in Italia

Nonostante i richiami di Bruxelles non è cambiato nulla

È passato un anno dall’entrata in vigore dalla legge 161 sugli orari di lavoro, ma per i medici ospedalieri non è cambiato nulla: i turni massacranti sono ancora un’amara realtà con cui confrontarsi tutti i giorni“. Consulcesi Group continua a raccogliere segnalazioni di violazioni della direttiva Ue 2003/88, applicata proprio con la legge 161 il 25 novembre 2015 e dunque con notevole ritardo. Nonostante i richiami di Bruxelles, l’Italia con la Finanziaria del 2008 aveva escluso solo il personale sanitario dai diritti riconosciuti ad ogni lavoratore di non superare un tetto settimanale di 48 ore e godere di 11 ore di riposo tra un turno e l’altro. Questo aveva portato nel 2014 anche ad un deferimento da parte della Corte di Giustizia europea. Da qui, poi, era partita la corsa per mettersi in regola, culminata appunto con la legge 161.

Già lo scorso anno – spiegano da Consulcesi -, abbiamo sostenuto la protesta dei medici sia intraprendendo azioni legali sia attraverso un lavoro istituzionale che aveva portato alla presentazione di un’interrogazione parlamentare, ponendo l’attenzione sulle oggettive difficoltà riscontrate nella concreta applicazione della normativa. Senza sblocco del turnover e nuove assunzioni era obiettivamente difficile e i fatti lo stanno confermando. Attraverso il contatto diretto con medici, Ordini professionali e sindacati, abbiamo un quadro della situazione fortemente preoccupante riguardo gli ospedali italiani. L’applicazione della norma è infatti disomogenea, varia da regione a regione, e laddove si rispettano le regole sono stati tagliati i servizi, creando disagi ai cittadini”.

Andando oltre il dibattito in corso sulla Manovra finanziaria, legato proprio alle risorse da destinare ad assunzioni e adeguamenti contrattuali, Consulcesi pone l’attenzione sui diritti, già acquisiti dai medici, da tutelare. “La violazione della direttiva Ue 2003/88 dal 2008 al 2015 dà infatti diritto ad un rimborso che può arrivare, secondo le stime, fino ad 80mila euro. Si tratta di un’azione nei confronti dello Stato inadempiente e non contro la propria Azienda“. Ad esclusione di pochissimi direttori generali, che violando il diritto di accesso ai documenti amministrativi rischiano una denuncia alla Procura della Repubblica, la stragrande maggioranza appoggia le istanze dei camici bianchi finalizzate a dimostrare di non aver goduto delle 11 di riposo obbligatorie tra un turno e l’altro. Ad oggi abbiamo raccolto già oltre 7mila richieste e ci sono migliaia di medici in procinto di adire le vie legali.