Boom di aggressioni alle guardie mediche, ma le Regioni bloccano le indennità
02/08/2018
Minacce verbali, percosse, atti di vandalismo, violenza a mano armata. È questa l’inquietante casistica della violenza in corsia nel nostro Paese, di cui sono vittime 1.200 medici ogni anno, in media 3 al giorno, perlopiù donne (68% dei casi) e soprattutto guardie mediche.
A lanciare l’allarme sono i dati Inail, portati anche all’attenzione del Senato dal Sindacato Medici Italiani, ma si teme che siano addirittura sottostimati, poiché considerano solo i casi denunciati, e che in realtà il fenomeno faccia registrare più di 3mila episodi l’anno.
Un problema che riguarda particolarmente da vicino le guardie mediche, che garantiscono l’assistenza sanitaria in tutte le situazioni in cui i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta non sono disponibili come, ad esempio, nelle ore notturne o nei giorni festivi.
La particolarità dell’attività di guardia medica aveva fatto sì che nel contratto (su base regionale) fosse inserita anche la cosiddetta indennità di rischio. Tale indennità avrebbe dovuto rifondere il medico per l’utilizzo del proprio veicolo nei vari spostamenti da una sede all’altra, per l’assistenza pediatrica (che comporta una serie di maggiori e più gravose responsabilità) ma soprattutto era connessa al potenziale rischio per l’incolumità dei medici che, soprattutto quando esercitano in sedi isolate o in zone molto critiche, potevano essere vittime di malviventi di ogni sorta.
«Mentre i fatti di cronaca degli ultimi mesi confermano come le guardie mediche siano costantemente a rischio – spiega Consulcesi & Partners, network legale nato sulla scia del sostegno dato ai medici da Consulcesi nei Tribunali di tutta Italia – le amministrazioni di alcune regioni, al momento Abruzzo, Campania, Basilicata e Sardegna, paradossalmente bloccano le indennità di rischio sugli stipendi e, addirittura, in taluni casi richiedono il rimborso di quelle già erogate in precedenza, anche alla luce del fatto che la Corte dei Conti ha ritenuto illegittime tali indennità, potendosi configurare un potenziale danno all’erario».
Tali provvedimenti vengono assunti dalle Aziende sanitarie in attuazione di delibere regionali che, al fine di contenere i costi della medicina convenzionata, hanno disposto il blocco di alcune voci retributive. Si tratta di atti adottati unilateralmente dalle Aziende sanitarie che modificano le clausole del Contratto integrativo regionale, che ha riconosciuto un compenso aggiuntivo di 4 euro l’ora quale indennità per i rischi legati alla tipologia dell’incarico.
«I medici possono però richiedere la declaratoria di illegittimità, con conseguente disapplicazione dei provvedimenti assunti dalle Asl con cui è stata sospesa l’erogazione dell’indennità di rischio ai medici di continuità assistenziale», sottolinea Consulcesi & Partners.
Alcune pronunce giurisprudenziali, intervenute sulla questione, hanno per l’appunto affermato che i provvedimenti delle Aziende sanitarie non potevano essere adottati autoritativamente dall’Amministrazione perché – per individuare concretamente le modalità di contenimento della spesa da attuare – l’Azienda avrebbe dovuto attivare la “concertazione” e cioè il confronto con la Regione e le organizzazioni sindacali (v. da ultimo Trib. di Teramo 13.06.2017 ed inoltre, Corte di Appello di L’Aquila n. 595/2013; Tribunale di Chieti n. 473/2012; Tribunale dell’Aquila n. 361 e n. 362/2011).
«È legittimo il potere discrezionale della Pubblica Amministrazione di fissare un limite di spesa a prescindere da qualsiasi contrattazione collettiva con le strutture sanitarie, – spiega Consulcesi & Partners – ma non può dirsi altrettanto delle concrete modalità con cui il rispetto di tali limiti viene perseguito, laddove queste comportino modifiche ed integrazioni agli Accordi collettivi regionali che non possono essere derogati unilateralmente dall’Amministrazione, vincolata al loro rispetto».
«Lodevole il recentissimo tentativo della Regione Abruzzo di “risolvere” la problematica, – sottolinea Consulcesi & Partners – adottando un provvedimento normativo che, ribadendo la validità degli accordi integrativi regionali, ha di fatto riconosciuto il diritto pregresso all’indennità fino all’approvazione della delibera di sospensione della stessa, intendendo così salvaguardare gli emolumenti già percepiti dai medici beneficiari. Lodevole l’iniziativa ma ancora tutta da verificare nella sua concreta applicazione».
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