Corte di Cassazione, Sentenza n. 2193/18: l’inerzia del medico e l’omicidio colposo
14/03/2019
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2193 del 15 novembre 2018 ha rigettato il ricorso di una pediatra condannata per omicidio colposo.
La sentenza di primo grado, confermata poi dalla Corte d’appello di Milano, aveva infatti riconosciuto gravi negligenze a carico del medico in conseguenza delle quali era avvenuto il decesso di un bambino di 17 mesi.
La Corte di Cassazione, concordando in sostanza con il giudice di primo grado, ha ritenuto che il medico avesse sottovalutato i sintomi del minore, che a distanza di cinque giorni dall’inizio delle terapie prescritte dal sanitario non solo non era sostanzialmente migliorato, ma anzi presentava ancora un quadro clinico problematico.
Il comportamento gravemente negligente dell’imputata è stato confermato perché, nonostante i sintomi indicati telefonicamente dalla madre (in particolar modo un drastico abbassamento della temperatura corporea), la pediatra si limitava a prescrivere ulteriori medicinali omettendo di visitare il bambino. In seguito, durante la visita domiciliare avvenuta solo il giorno seguente, la stessa non aveva verificato accuratamente le condizioni del bambino, che aveva in atto una grave sepsi batterica che lo avrebbe portato alla morte solo poche ore dopo.
In virtù dunque degli elementi emersi, in sede processuale la Corte di Cassazione riteneva che era stata sufficientemente provata la sussistenza del nesso causale fra le omissioni contestate e la morte del paziente.
La Corte ha ritenuto che “[…] è stato correttamente e congruamente addebitato alla pediatra un atteggiamento attendista e di generale sottovalutazione del quadro clinico del paziente, nonostante i sintomi manifestati avrebbero dovuto indurre ad un approccio ben diverso […]” Dunque, “[…] è stata ritenuta plausibile la conclusione che le condotte omissive contestate alla pediatra abbiano determinato le condizioni dell’evento fatale con alto o elevato grado di probabilità logica o credibilità razionale […]”
La Corte di Cassazione ha inoltre escluso l’ipotesi della colpa lieve (art. 3 l. 189/12 c.d. legge Balduzzi), richiesta dalla ricorrente, in virtù della notevole divergenza fra la condotta tenuta dall’imputata e quella che avrebbe effettivamente dovuto tenere, rilevando un marcato allontanamento da un’appropriata condotta medica che sostanzialmente configura un’ipotesi di colpa grave.
Dunque, la Suprema Corte ha ribadito in questa sentenza che l’atteggiamento ingiustificatamente attendista del medico e in generale la sottovalutazione del quadro clinico di un paziente, che conducono alla morte di quest’ultimo, devono essere inquadrati come colpa grave e come tali sanzionati.
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