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Ferie non godute, i primi effetti della sentenza europea: Corte di Appello di Roma concede indennizzo a infermiere

27/02/2024

Novità sulle ferie non godute: riconosciuto un indennizzo precedentemente negato ad un infermiere dalla Corte di Appello di Roma, usando la sentenza della CGUE come motivazione.

Ferie non godute, i primi effetti della sentenza europea: Corte di Appello di Roma concede indennizzo a infermiere

Non si è ancora sopito il clamore del recente pronunciamento della Corte di Giustizia Europea sulla questione della monetizzazione delle ferie non godute del personale del pubblico impiego, che già le Corti di merito iniziano ad adeguarsi riconoscendo, anche in forza dei principi enunciati dall’UE, il diritto all’indennità al lavoratore, un infermiere, anche quando questo era stato negato in primo grado. 

 

Il caso di un infermiere

La questione giunta all’esame della Corte di Appello di Roma riguardava la domanda con cui un infermiere, entrato in quiescenza, aveva richiesto il riconoscimento dell’indennità finanziaria in sostituzione del ragguardevole numero di ferie annuali maturate, ma non potute godere nel corso del rapporto di lavoro. 

 

Incardinato il contraddittorio con la costituzione in giudizio dell’amministrazione pubblica, che sul punto negava ogni rimborso economico, il Giudice di primo grado respingeva la richiesta del sanitario, costringendolo al gravame, che veniva prontamente interposto ritenendo la sentenza di rigetto contraria ai principi affermati dalla giurisprudenza eurounitaria sul tema. 

 

Sentenza ribaltata

Lo scorso 31 gennaio è stata finalmente consegnata la decisione della Corte di Appello di Roma che, non solo ha completamente riformato la decisione assunta dal precedente organo giudiziario, riconoscendo all’infermiere il diritto a ricevere il pagamento dell’indennità per le ferie maturate nel corso del rapporto di lavoro e non godute, ma soprattutto lo ha fatto facendo espresso ricorso, con fulminea prontezza, proprio alle motivazioni rese dalla Corte di Giustizia Europea qualche giorno prima. 

 

La motivazione sulle ferie non godute

Esaminando lo specifico motivo di censura proposto dal ricorrente, la Corte capitolina ha dapprima ricordato come, proprio durante il giudizio pendente innanzi a sé, la giurisprudenza unionale avesse raggiunto un ulteriore ed importante approdo in materia di indennizzo per ferie non godute, considerando la sentenza dello scorso 18 gennaio (causa C 218/22) addirittura dirimente per la decisione del caso posto alla sua attenzione. 

 

Il giudice interno ha quindi ribadito che, malgrado sia ritenuto ammissibile apportare limitazioni al diritto alle ferie annuali retribuite, ciò debba comunque avvenire nel rispetto del contenuto essenziale di questo diritto, senza interferire il raggiungimento degli obiettivi di interesse generale previsti dall’Unione. Questa limitazione al diritto, considerato fondamentale, di poter godere di un periodo di riposo è stato quindi individuato nel portato disciplinare contenuto nell’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95/2012. 

 

Con questa norma si è infatti stabilito che, per dichiarate ragioni di contenimento della spesa pubblica e per tutela delle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, compresa la razionale programmazione del periodo di ferie e l’incentivazione all’adozione di comportamenti virtuosi delle parti del rapporto di lavoro, la monetizzazione delle ferie non godute poteva essere negata ai dipendenti pubblici, ad eccezione di alcune specifiche ipotesi. 

 

Su questi aspetti, la Corte romana ha quindi ricordato che, secondo la CGUE, la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori non può mai dipendere da considerazioni di carattere puramente economico mentre, per quanto riguarda l’aspetto delle esigenze organizzative del datore di lavoro, questo deve essere inteso più propriamente come un incentivo alla fruizione delle ferie. 

 

 

Le ragioni della revisione

Rammentato il passaggio in cui la Corte Europea sottolinea che è impedito agli Stati membri derogare al principio, previsto dalla normativa comunitaria, per cui il diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale se il lavoratore non è stato in condizione di beneficiare delle sue ferie, la Curia capitolina ha quindi osservato come ben diversa sarebbe la soluzione laddove, invece, lo stesso lavoratore si fosse, deliberatamente e con piena cognizione delle conseguenze che ne sarebbero derivate, astenuto dalla fruizione del periodo di riposo, avendone piena disponibilità di godimento. 

 

Si è così ribadito, prestando completa adesione ai principi affermati nel recente pronunciamento unionale, come sia il datore di lavoro ad essere gravato dall’obbligo di verificare, concretamente e in piena trasparenza, che il lavoratore venga posto effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a farlo. Nel contempo informandolo, in modo accurato e in tempo utile a garantire che tali ferie siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte a contribuire, del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato, o non potranno più essere sostituite da un’indennità finanziaria.  

 

Com’è andata a finire

Fissato così il principio derivato per cui anche l’onere della prova ricade sullo stesso datore di lavoro, la Corte di Appello di Roma ha dunque risolto la questione a favore dell’infermiere con un’indennità per le ferie non godute; osservando come, a fronte del documento prodotto dal sanitario da cui emergeva il consistente periodo di ferie non godute al momento della collocazione a riposo, l’azienda sanitaria non avesse fornito conferente dimostrazione di  aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore venisse posto effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto. 

 

Anzi, dall’istruttoria, era emerso che di questa situazione si era resa conto soltanto nell’immediatezza del pensionamento, dunque neppure sarebbe stato possibile consumarle interamente prima della cessazione del rapporto. La ASL è stata così condannata al pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute da calcolarsi nella misura prevista dalle previsioni contenute nella contrattazione collettiva. 

 

Francesco Del Rio, avvocato