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No alla condanna se il medico non è stato messo in condizione di fare una diagnosi corretta

27/07/2018

No alla condanna se il medico non è stato messo in condizione di fare una diagnosi corretta

Se il medico non è stato messo in condizione di avere tutte le informazioni necessarie per effettuare una diagnosi corretta non può essere condannato.

È quanto sancito dalla Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 29083/18, che ha dunque posto dei limiti alla responsabilità del medico in caso di errata diagnosi.

Il provvedimento della Suprema Corte è originato da un ricorso avverso ad una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila che, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Pescara, aveva condannato per omicidio colposo un medico ritenuto responsabile di non aver individuato e curato correttamente la patologia in atto in una paziente successivamente deceduta.

La Corte di Cassazione ha dunque verificato le prove acquisite nei precedenti gradi di giudizio e le relative valutazioni degli organi giudicanti, ed ha rilevato che il medico imputato non era stato informato di tutti i sintomi effettivamente accusati dalla paziente, prescrivendo dunque una cura non idonea proprio perché le informazioni ricevute erano parziali.

Al momento della visita l’imputato aveva avuto solo contezza della presenza di dolori lombari, mentre gli ulteriori sintomi urinari e respiratori non erano stati indicati. Il professionista aveva successivamente appreso del peggioramento delle condizioni della paziente e dello stato febbrile e aveva prescritto l’immediato ricovero che però, per cause ad esso non imputabili, era avvenuto effettivamente solo il giorno successivo.

Secondo la Suprema Corte, dunque, a fronte di un’ampia motivazione del giudice di primo grado che aveva analizzato tutti gli eventi occorsi, «la Corte distrettuale non ha adempiuto all’onere di confutare specificatamente gli argomenti della prima sentenza, non avendo dato adeguatamente conto delle ragioni relative di incompletezza o incoerenza di quel decisum, tali da giustificarne la riforma in condanna».

Fermo restando che il medico deve essere responsabile della mancata diligenza nello svolgimento delle sue attività, è necessaria la collaborazione di pazienti e familiari per individuare la patologia, ma se i sintomi fondamentali vengono omessi, il medico non può effettuare una diagnosi completa e corretta e tale circostanza non può essere ad esso addebitata anche quando produce conseguenze gravi come il decesso.

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