Obbligo vaccinale per gli operatori sanitari: confermata la legittimità
16/07/2021
Già da qualche mese i Tribunali hanno iniziato a pubblicare le prime sentenze in materia di obbligo vaccinale degli operatori sanitari.
Segnaliamo oggi un’ordinanza del Tribunale di Verona (446/21) che si è occupata della tematica e che sembra rafforzare il filone giurisprudenziale della conferma dell’obbligatorietà, ma anche della legittimità alla sospensione del dipendente senza la retribuzione.
Le motivazioni del ricorso
Il caso trae origine dal ricorso avviato da un’operatrice sociosanitaria, dipendente presso una RSA, che si era opposta all’invito datoriale di sottoporsi al vaccino anti Covid-19 e conseguentemente era stata dichiarata temporaneamente inidonea allo svolgimento delle sue mansioni, con conseguente collocazione in aspettativa non retribuita.
Il provvedimento della struttura sanitaria è stato impugnato con ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., in quanto ritenuto illegittimo sulla base di due motivazioni:
- la vaccinazione all’epoca della sospensione non era obbligatoria (va precisato che il ricorso veniva presentato prima dell’entrata in vigore del d.l. 44/21);
- non era dimostrato scientificamente che un soggetto vaccinato non potesse comunque contrarre il virus costituendo veicolo di contagio per altri. A supporto di tale motivo la ricorrente depositava un rapporto del ISS.
Legittimità del provvedimento del datore di lavoro
Respingendo il ricorso il Tribunale di Verona ha quindi motivato la sua decisione osservando quanto segue:
- la sostenuta mancanza di un obbligo vaccinale doveva intendersi superata dall’entrata in vigore del D.L. n. 44/2021 che, al suo art. 4, stabilisce espressamente che la vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da Covid-19 è “requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”.
- Riprendendo la motivazione di una precedente dell’ordinanza del Tribunale di Belluno n. 328/21, ha ribadito che lo scopo della citata normativa è proprio quello di “tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza”.
- In queste circostanze viene un rilievo un interesse prevalente dei pazienti che in un’ottica di bilanciamento sarà prevalente, rispetto a quello di cui risultano portatori i soggetti obbligati alla vaccinazione.
- Il rapporto del ISS addotto dalla ricorrente dimostra che il vaccino, benché non azzeri totalmente il rischio di contagio, diminuisce indubbiamente le possibilità che questo avvenga, sia per il soggetto che si sottopone al vaccino sia per il soggetto che potenzialmente potrebbe essere infettato da questo.
Impossibilità alla reintegrazione in mansioni equivalenti
Di rilievo anche la risposta fornita dal Tribunale riguardo alla richiesta del lavoratore di venire reintegrato con mansioni equivalenti, come peraltro previsto anche dal d.l. 44/21. La pretesa del lavoratore è legittima ma non applicabile nel caso di specie, infatti, trattandosi di una struttura di modeste dimensioni, non era possibile assegnare alla ricorrente mansioni che potessero comunque garantire una prestazione lavorativa in spazi separati e non comunicanti con i soggetti fragili.
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