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Per il TAR il vaccino anti Covid-19 non è un farmaco sperimentale. Fondamentali i dati dell’ISS e dell’AIFA.

18/09/2021

Per il TAR il vaccino anti Covid-19 non è un farmaco sperimentale. Fondamentali i dati dell’ISS e dell’AIFA.

Nell’ambito di un ricorso avviato da un medico per contestare l’accertamento da parte dell’Azienda sanitaria di elusione dell’obbligo vaccinale, il TAR del Friuli Venezia Giulia ha ulteriormente precisato alcuni elementi fondamentali relativi al vaccino anti-Covid19 con particolare riferimento al concetto di “farmaco sperimentale”.

Importanza dei dati ufficiali dell’ISS e dell’AIFA come parametro per la decisione

Il giudice, nel respingere tutte le richieste del ricorrente, ha innanzitutto precisato che non era tenuto alla valutazione della copiosa documentazione concernente studi scientifici di varia tipologia e attendibilità che sostenevano la non sicurezza e/o efficacia del vaccino. “Nell’ambito di una disciplina caratterizzata, per il suo stesso statuto epistemologico, da un ineliminabile margine di incertezza, il giudice non può essere chiamato a pesare e valutare ogni singola opinione o fonte informativa, né avrebbe il potere e la competenza per farlo, ma deve fondare il proprio convincimento sulle informazioni ufficiali, veicolate dalle competenti autorità pubbliche, nello specifico l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS).”

Sempre con riferimento ai dati statici ufficiali pubblicati sul sito dell’ISS ha, inoltre, specificato che la profilassi vaccinale ha efficacia preventiva, oltre che dei sintomi della malattia, anche della trasmissione dell’infezione e pertanto la normativa che obbliga il personale sanitario alla vaccinazione è legittima e costituzionale.

 

I vaccini anti Covid-19 non sono sperimentali

I prodotti attualmente utilizzati nella campagna vaccinale sono stati rigorosamente verificati e autorizzati dalla Commissione UE attraverso la procedura c.d. condizionata che prevede la possibilità dell’utilizzo di un farmaco anche in assenza di dati clinici completi a condizione che i benefici dell’utilizzo superino i rischi. Tale procedura in ogni caso garantisce le opportune verifiche sulla sicurezza del farmaco ed è stata utilizzata già altre volte (30 dal 2006 al 2016) senza che alcun farmaco sia stato poi ritirato per ragioni di sicurezza. Peraltro, preliminarmente a tale autorizzazione i farmaci erano stati raccomandati dall’EMA.

La sperimentazione dei vaccini si è dunque conclusa con la loro autorizzazione all’immissione in commercio, all’esito di un rigoroso processo di valutazione scientifica e non è corretto affermare che la sperimentazione sia ancora in corso solo perché l’autorizzazione è stata concessa in forma condizionata. L’equiparazione dei vaccini a “farmaci sperimentali”, dunque, è frutto di un’interpretazione forzata e ideologicamente condizionata della normativa europea, che deve recisamente respingersi.

 

Lo scudo penale per gli operatori sanitari non è connesso alla sicurezza dei vaccini

Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il cosiddetto scudo penale approvato dal Governo in favore di coloro che somministrano i vaccini non è indizio della pericolosità dei vaccini stessi. Si tratta, infatti, di un intervento funzionale a evitare che la prospettiva di una mole di contenziosi, peraltro supportati da sedicenti associazioni a tutela dei pazienti, evitasse il proliferarsi di scelte di “medicina difensiva” da parte degli operatori sanitari stessi.

 

Conclusioni

La sentenza si conclude poi con una serie di motivazioni, oggetto di una consolidata giurisprudenza sul tema, che riprendono essenzialmente il bilanciamento di interessi del singolo e della collettività, indicando, peraltro, che l’obbligo vaccinale così come concepito dal legislatore integra tutti i presupposti che la Corte Costituzionale nella sentenza n. 5/2018 ha ritenuto necessari affinché vi sia compatibilità con l’art. 32 della Costituzione.


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