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La battaglia degli stipendi dei medici di base

Un mestiere in crisi; entro 5 anni 14milioni di italiani non avranno il servizio. In 4mila si rivolgono all’avvocato per avere le stesse retribuzioni e agevolazioni degli specializzandi: “Siamo penalizzati”

Stipendi nettamente più bassi. Contributi non pagati. Assicurazione lavorativa a proprio carico. Irpef pure. Un poker di disparità, rispetto ai colleghi specializzandi, che spiega al meglio il motivo per cui tra cinque anni 14milioni di italiani si ritroveranno senza il medico di famigllia. Già, perché i camici bianchi di medicina generale da un quarto di secolo non fanno altro che finire sempre più in basso negli indici di gradimento dei neo laureati che si apprestano a scegliere la specializzazione. Rendendo di fatto impossibile il ricambio generazionale. Ma ora qualcosa inizia a muoversi. Dopo 25 anni di discriminazioni, i medici di base hanno deciso di dire basta e passare alle vie legali. Supportati da Consulcesi, il network di avvocati esperti nella tutela dei medici.

La data da segnare in rosso sul calendario è il prossimo 13aprile. Giorno in cui verrà lanciata un‘azione legale contro lo Stato per chiedere un risarcimento a titolo forfettario. Che potrà arrivare fino a 50mila euro per ogni annualità di specializzazione.

Potenziali ricorsi

Al momento, sono già 4mila i medici che hanno contattato i mille avvocati messi a disposizione da Consulcesi gratuitamente. Ma il numero, da qui a settimana prossima, è destinato a crescere. Quello che è certo è che, considerati i mille posti che ogni anno vengono riservati agli specializzandi di medicina generale su tutto il territorio nazionale, il numero di medici discriminati dal ’93 a oggi supera i 20mila. Un potenziale bacino di ricorsi enorme, che potrebbe costringere lo Stato a un esborso economico non indifferente. Il dato è tratto. Intanto il pool di legali di Consulcesi ha già sondato il terreno nei tribunali d’Italia, da nord a sud, deciso a rivendicare i diritti dei medici di base sanciti dalle direttive europee. Indicazioni che, però, non sono state messe in atto nel nostro Paese.

Infatti, chi viene ammesso al “Corso di formazione specifica in Medicina Generale” – previsto per legge dal ’90 in attuazione di una direttiva della Cee – percepisce una borsa di studio pari a 11.603 euro all’anno. Peccato, però, che i colleghi specializzandi, dai cardiologi agli oncologi, dagli psichiatri agli ortopedici, incassino più del doppio. Dall’anno accademico 2006/2007, infatti, la loro paga è salita fino a 26mila euro annui. Non solo. Perché in tutte le specializzazioni i neo medici sono esentati dal pagamento dell’ Irpef, non sostengono gli oneri assicurativi per i rischi professionali e godono dei contributi post-laurea. Tutti tranne i medici di medicina generale.

Che oltre ad essere borsisti e a guadagnare metà degli altri camici bianchi, pagano pure l’Irpef sulla borsa già tassata, i contributi e anche la copertura assicurativa. La borsa, così, assume valenza di reddito senza però comprendere il calcolo del triennio di specializzazione ai fini della pensione. Oltre al danno, la beffa.

Borse di studio

Come successo per i colleghi medici del periodo 78-2006 a cui i Tribunali continuano a riconoscere il diritto negato, ora siamo in campo per far sì che venga cancellata anche la disparità di trattamento che riguarda migliaia di medici di Medicina Generale“, affermano da Consulcesi annunciando battaglia. “Fare il medico di famiglia, ora, è diventata un’attività inferiore rispetto alle altre specialità. E questo è un problema, perché deve esserci pari dignità“, spiega Fiorentino Corti, vice segretario Fimmg (Federazione italiana medici di famiglia). Nei prossimi cinque anni saranno 45mila i medici di base che andranno in pensione, senza che le nuove leve potranno compensare in tutto le loro perdite. “In questo momento l’emergenza è grossa. Bisogna aumentare le borse di studio: ne avremmo bisogno almeno 2mila all’anno. E per questo ci auguriamo un accordo tra governo e regioni“. A proposito dell’azione legale ideata da Consulcesi, il sindacato aspetterà il Consiglio nazionale di fine mese per valutare i pro e i contro. “Stiamo seguendo la situzione con interesse, ma dobbiamo ancora studiare come agire. Siamo al lavoro per ridare dignità e importanza a questa professione, che è il primo presidio per le famiglie”.

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Medici indagati ma innocenti

Più di 300mila le cause contro i dottori. Assolti al 95%. I dati contenuti in un report Consulcesi. Ogni anno intentate 35mila nuove azioni legali.

Medici italiani molto indagati e poco colpevoli. Sono più di 300mila le cause giacenti nei tribunali contro dottori e strutture sanitarie, sia pubbliche che private, con 35mila nuove azioni legali che vengono intentate ogni anno. Il 95% dei procedimenti penali, però, si conclude con un proscioglimento; cifra che scende al 66% per quanto riguarda i contenziosi civili. I numeri sono contenuti nel documento “Analisi del contenzioso medico paziente” realizzato dal Gruppo Consulcesi e presentato in conferenza stampa al Ministero della salute durante l’evento “Basta odio medici-pazienti“. Le aree maggiormente a rischio contenzioso sono chirurgia (45%), materno-infantile (13.8%), medicina generale (12.1%) e emergenza-urgenza (10.6%). Partendo da un’analisi geografica, invece, viene evidenziato che la maggior parte delle cause è intentata al sud e nelle isole (44.5%), con percentuali più basse al nord (32.2%) e ancor più basse al centro (23.2%).

Questi numeri hanno avuto un effetto sulla catgoria: infatti, secondo quanto emerge dall’analisi realizzata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari, il 78.2% dei medici ritiene di correre un maggior rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato; il 68.9% pensa di avere tre probabilità su dieci di subirne e il 65.5% ritiene di subire una pressione indebita nella pratica quotidiana a causa della possibilità di subire un processo.

Oltre al numeri sui procedimenti in atto, il rapporto analizza anche quanto intraprendere queste azioni legali costi ai medici e pazienti; immaginando le cause che contemplino un risarcimento medio di 100mila euro, per una causa penale servono 36.901 euro, per una civile si arriva fino a 50.128 euro (i numeri sono ricavati applicando il decreto 37/2018 “determinazione dei parametri per la liquidazione di compensi per la professione forense”). Per cercare di porre un freno a questa deriva, Consulcesi propone l’istituzione di un Arbitrato della salute: “partendo dall’analisi statistica del contenzioso legale medico paziente“, fanno sapere dal gruppo, “è emersa la necessità di istituire un luogo di confronto, e non di contrapposizione, per la risoluzione delle controversie: l’Arbitrato della salute”. L’Arbitrato dovrebbe rappresentare un luogo di recepimento di tutte le istanze che riguardano l’intera attività sanitaria, comprese le modalità relative al suo concreto svolgimento e le possibili controversie che possano insorgere tra il personale, sanitario, le strutture e i pazienti. “Un organismo libero, indipendente e imparziale, sia nello svolgimento delle sue funzioni che nell’adozione delle decisioni, che nascerà con l’idea di coinvolgere tutte le parti in causa invitandole a ricercare una soluzione conciliativa davvero condivisa“.

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Responsabilità professionale. Consulcesi: “È tra le principali preoccupazioni dei medici”

Lo rivela uno studio del network legale che, oltre alla malpractice, elenca tra i “grattacapi” dei medici anche la reiterazione di contratti a tempo determinato da parte della P.A. e le richieste restituzione di indebiti da parte dell’Inps.

Dall’analisi delle richieste pervenute emerge che il medico più “preoccupato” è del Centro-Sud: Lazio, Sicilia, Campania in testa.

Specialisti chiamati in causa per presunta malpractice senza che l’azienda sanitaria ne assuma la difesa né rimborsi le spese legali, medici ospedalieri assunti a tempo determinato con rinnovi di contratto per 12 anni di fila, camici bianchi in pensione a cui l’INPS ha ricalcolato la liquidazione del TFS escludendo dal conteggio l’indennità di specificità medica richiedendo la restituzione di un certo importo“. Sono solo alcune delle problematiche giunte al network legale Consulcesi & Partners, che ha stilato una lista dei “grattacapi” che più frequentemente attanagliano i medici sulla base delle numerose segnalazioni ricevute.

Quello della responsabilità professionale è sicuramente “il tema che si ripropone più spesso a causa dell’imponente contenzioso che coinvolge i medici, contro centomila cause pendenti e 35mila nuove azioni legali ogni anno, ma tra le questioni irrisolte si registrano anche: abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato da parte della Pubblica Amministrazione, richieste restituzione di indebiti da parte dell’Inps, monetizzazione delle ferie non godute e riconoscimento dell’indennità per facenti funzioni“.

Inoltre, dall’analisi delle richieste, è emerso con chiarezza che il medico più “preoccupato” è del Centro-Sud: il 23% degli SOS è stato lanciato dal Lazio, il 20% dalla Sicilia e il 18% dalla Campania.

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Sanità: Toscana, 3,4 mln rimborsi a 110 ex specializzandi. Assegni erogati al momento in favore di 110 medici in regione

Valgono 3,4 milioni di euro, in Toscana, gli assegni di rimborso firmati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri verso i medici che si sono specializzati tra il 1978 e il 2006 senza ricevere il corretto trattamento

economico: l’iniziativa, che riguarda fin qui 110 medici in regione, è stata illustrata oggi in un convegno a Firenze dal network legale Consulcesi.

Continuiamo nel nostro lavoro a tutela dei medici specialisti – afferma l’avvocato Marco Tortorellaforti ora anche di un recente e autorevole parere pro veritate che conferma la tesi che abbiamo sempre sostenuto, e cioè che in assenza di sentenze e normative chiare ed univoche sulla posizione dei medici immatricolati dal 1978 in poi, non si è formata la certezza del diritto necessaria per il decorso della prescrizione“.

Dunque, sostiene Consulcesi, spetta al nuovo Parlamento “il compito di individuare finalmente una soluzione normativa per scongiurare un esborso complessivo stimato in oltre 5 miliardi di euro“.

Per Federico Gelli (Federsanità Anci) è evidente “che Governo e Parlamento debbano riprendere l’iter per varare una soluzione normativa

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Medici, UE al lavoro per transazione con ex specializzandi

Tajani, “lo Stato dia il buon esempio e faccia il suo dovere”

Accordo transattivo per gli ex medici specializzandi degli anni tra il 1978 e il 2006 e adeguamento del sistema della formazione ECM attraverso premi e scatti di carriera legati all’aggiornamento professionale. Due delle grandi questioni che riguardano il mondo dei professionisti della Sanità sono stati al centro dell’incontro che il Presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani ha avuto presso Consulcesi Group a Roma, piattaforma internazionale con oltre 100 mila medici rappresentati.

L’escalation di istanze ai Tribunali italiani e alla Corte di Giustizia Europea di Strasburgo, hanno portato il presidente Tajani ad un confronto sul tema direttamente nella sede italiana del network maggiormente rappresentativo del mondo medico-sanitario, avanzando soluzioni e proposte collegate all’attività dell’Unione Europea, ha reso noto Consulcesi. Dal 2007 a oggi sono state 80 mila le vertenze degli ex specializzandi a cui lo Stato italiano ha negato il corretto trattamento economico (previsto dalle direttive Ue) tra il 1978 ed il 2006. Negli ultimi tre anni è stata registrata una vera e propria escalation con 30 mila cause avviate. Circa tremila i ricorsi presentati alla Corte di Giustizia Ue di Strasburgo dal 2015.

Non si tratta soltanto di un diritto negato – ha sottolineato Tajani – è anche di un principio morale: lo Stato deve sempre dare il buon esempio. Non può pretendere che i cittadini paghino le tasse e poi quando lui dev’essere pagatore non fa il suo dovere“. Altro argomento affrontato con Consulcesi ha riguardato la formazione continua (ECM) per il personale medico-sanitario: “La formazione dovrebbe essere parte della strategia per l’innovazione e la ricerca – ha affermato il presidente del Parlamento Ue – in Italia, ad esempio, si potrebbe favorire nelle carriere coloro che hanno fatto corsi di formazione“.

Durante l’incontro si è parlato anche delle denunce contro i camici bianchi e delle innovazioni tecnologiche in Sanità grazie all’applicazione della Blockchain. Ed è stata fatta una ricognizione tra le opportunità che l’Ue offre e che spesso l’Italia non coglie: a partire dalla possibilità – per tutti i professionisti della Sanità – di accedere a bandi e finanziamenti europei per lo sviluppo delle loro attività. Un servizio che Consulcesi sta mettendo a punto – ha sottolineato il network – con l’obiettivo di offrire soluzioni altamente performanti per la professione.

Fonte: ANSA

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Rimborsi ex specializzandi. Tajani (UE): “Siamo al lavoro per un accordo transattivo”

L’escalation di istanze ai Tribunali italiani e alla Corte di Giustizia Europea di Strasburgo, hanno portato il presidente Tajani ad un confronto sul tema con Consulcesi, avanzando soluzioni e proposte collegate all’attività dell’Unione Europea. Altro tema al centro dell’incontro è stato quello di adeguare il sistema della formazione Ecm attraverso premi e scatti di carriera legati all’aggiornamento professionale.Accordo transattivo per gli ex specializzandi 78-2006 e adeguare il sistema della formazione Ecm attraverso premi e scatti di carriera legati all’aggiornamento professionale. Due delle grandi questioni che riguardano il mondo dei professionisti della sanità al centro dell’incontro che il Presidente del Parlamento Ue, Antonio Tajani, ha avuto stamani presso Consulcesi. L’escalation di istanze ai Tribunali italiani e alla Corte di Giustizia Europea di Strasburgo, hanno portato il presidente Tajani ad un confronto sul tema direttamente nella sede italiana di Consucesi, avanzando soluzioni e proposte collegate all’attività dell’Unione Europea.

Riguardo la vertenza degli ex specializzandi, a cui lo Stato italiano ha negato il corretto trattamento economico (previsto proprio dalle direttive UE) tra il 1978 ed il 2006, ha preso corpo la soluzione di un accordo transattivo tra le parti. “Non si tratta soltanto di un diritto negato – ha sottolineato il Presidente Tajani – è anche di un principio morale: lo Stato deve sempre dare il buon esempio. Non può pretendere che i cittadini paghino le tasse e poi quando lui dev’essere pagatore non fa il suo dovere“.

Altro tassello fondamentale, quello della formazione continua (Ecm) per il personale medico-sanitario. “La formazione dovrebbe essere parte della strategia per l’innovazione e la ricerca – ha spiegato Il Presidente del Parlamento Ue – in Italia, ad esempio, si potrebbe favorire nelle carriere coloro che hanno fatto corsi di formazione“.

Durante l’incontro, grazie all’expertise del Gruppo Consulcesi, sono stati affrontati anche i temi delle denunce contro i camici bianchi e delle innovazioni tecnologiche in Sanità grazie all’applicazione della Blockchain ma è stata fatta una ricognizione anche tra le opportunità che l’UE offre e che spesso l’Italia non coglie: a partire dalla possibilità – per tutti i professionisti della sanità – di accedere a bandi e finanziamenti europei per lo sviluppo delle loro attività. Un servizio che Consulcesi sta mettendo a punto nell’ambito del suo Club con l’obiettivo di offrire soluzioni altamente performanti per la professione.

Fonte: Quotidiano Sanità

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Consulcesi Onlus e la Stracittadina di Roma per sostenere l’assistenza sanitaria nelle periferie

Tutti di corsa per una sanità davvero inclusiva, per tutti, anche per coloro che sono più fragili e che vivono ai margini. È questo l’obiettivo della campagna social #SalutexTutti, lanciata in occasione della Stracittadina del 7 aprile prossimo che si affianca alla competitiva Maratona, da Consulcesi Onlus per sostenere l’Unità Mobile “Salute e Inclusione” che offre assistenza sanitaria e orientamento ai servizi socio-assistenziali alle persone svantaggiate nelle periferie di Roma.

Consulcesi Onlus ha predisposto un’apposita raccolta fondi, attiva sulla Rete del Dono che ha già raccolto oltre 11mila euro e si pone come primo obiettivo di raggiungere quota 50 mila. Inoltre, i manager e i dipendenti del Gruppo Consulcesi hanno dato il via a una vera e propria gara di solidarietà, prestando il volto per la campagna social #SalutexTutti attraverso testimonianze foto e video e partecipando in prima persona alla Stracittadina.
Il loro percorso verrà tracciato tramite tecnologia Blockchain grazie all’app RunOnChain in modo da poter confrontare i rispettivi tempi e decretare il miglior runner. La stessa tecnologia verrà utilizzata per certificare l’assoluta trasparenza nell’impiego delle donazioni raccolte.
Lo scopo della campagna è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di migliorare il livello di salute e benessere psico-fisico nelle periferie: per questo l’Unità Mobile “Salute e Inclusione”, in partenariato con ASL Roma 1, Policlinico Umberto I e Centro nazionale per la salute globale, offre assistenza ai più deboli grazie ad un’equipe formata da un medico e due mediatori interculturali. L’iniziativa fa parte del progetto “Sanità di Frontiera” che ha ricevuto il sostegno anche della Santa Sede.
Ad oggi nel nostro Paese la salute non è uguale per tutti – spiega Massimo Tortorella, ideatore e presidente di Consulcesi Onluse per questo è necessario promuovere un programma di azioni concrete per il contrasto alle diseguaglianze nell’accesso ai servizi sanitari, con particolare riferimento alle zone più periferiche delle grandi città. Ringrazio, quindi, i dipendenti e i manager del Gruppo Consulcesi per aver dedicato il loro tempo e le loro energie a questa iniziativa, trasformando una semplice corsa in una vera e propria gara di solidarietà”.

Fonte: Il Messaggero

Sostieni anche tu la nostra iniziativa #SaluteXtutti per l’Unità Mobile “Salute e Inclusione”: Dona ora!

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Medici ex specializzandi, Corte d’Appello riconosce 19 milioni

I rimborsi riconosciuti a seguito dell’azione collettiva per le somme non percepite durante la scuola di specializzazione frequentata tra il 1978 e il 2006

Continuano a vincere in tribunale i medici ex specializzandi che hanno chiesto il risarcimento allo Stato per le borse non percepite durante la scuola di specializzazione post laurea. Centodiciottomila i medici coinvolti, che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra il 1978 e il 2006 e non hanno ricevuto il giusto trattamento economico, nonostante fosse previsto dalle direttive Ue in materia. La Corte d’Appello di Roma ha riconosciuto – con la sentenza 1030 del 13 febbraio 2019 – a 490 camici bianchi, 15 milioni di euro. Con la stessa sentenza è stata riformata la posizione di altri 172 medici che avevano perso in primo grado, aggiungendo 4 milioni di euro in loro favore.

Conti pubblici

Complessivamente, 19 milioni di euro dovuti a camici bianchi che non si videro riconosciuti la borsa, oppure oneri previdenziali e assicurativi non corrisposti. A comunicare l’esito è il network legale Consulcesi in una nota. Che sottolinea come l’Italia sia “in balìa delle sentenze di condanna in favore dei medici“.Il presidente dell’organizzazione, Massimo Tortorella, parla di un “vero e proprio allarme per i conti pubblici“. “Secondo le stime – afferma Tortorella, che ha più volte invocato un accordo transattivo tra lo Stato e i medici – senza un accordo con gli ex specializzandi l’esborso complessivo è destinato a superare i 5 miliardi di euro“.

Il contenzioso

Il lungo contenzioso tra Stato e camici bianchi si trascina ormai da decenni: nasce dalla violazione delle direttive comunitarie del ’75 e dell’82 che hanno provocato dure condanne per il nostro Paese, a partire dalla Corte di Giustizia europea. Con le azioni collettive portate avanti dal network legale, solo nel 2018 sono stati rimborsati 1521 medici con più di 48 milioni di euro. “È la conferma – afferma Tortorella – che solo non proseguire nell’iter giudiziario rappresenta una sconfitta certa: per questo è importante insistere per la tutela dei propri diritti”. Il senatore Udc Antonio de Poli ha presentato un disegno di legge che riconosce agli ex specializzandi 8 mila euro annui, invece degli 11 mila stimati, teso a garantire il diritto dei medici e al contempo di produrre un risparmio di 5 miliardi di euro per le casse dello Stato.

Fonte: Corriere della Sera

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Errori sanitari: troppe cause legali nei confronti dei medici e il 95% finisce in un nulla di fatto

Errori sanitari: troppe cause legali nei confronti dei medici e il 95% finisce un nulla di fatto. La proposta è di un Arbitrato della salute.

Sono 300mila le cause legali contro i medici e le strutture sanitarie private e pubbliche, pari a 35mila ogni anno. Il network legale in ambito sanitario Consulcesi ha proposto oggi al Ministero della Salute una risoluzione dei conflitti prima della causa.

Guarda il video del TG1 a partire dal minuto 06:41

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Medici in “ostaggio” dei tribunali

Oltre trecentomila le cause pendenti che riguardano i camici bianchi. Ogni anno 35mila nuovi contenziosi. E c’è chi non va più in sala operatoria

Dall’assistenza medica a quella legale. È il passaggio più temuto dai camici bianchi a causa dell’imponente contenzioso che coinvolge i medici, con trecentomila cause pendenti e 35mila nuove azioni legali ogni anno in tutta Italia. Ma è nel Lazio il sintomo più allarmante avvertito dallo stesso personale sanitario in cerca d’assistenza legale. Perché, “dall’analisi delle richieste, è emerso con chiarezza che il medico più ‘preoccupato’ è del Centro-Sud – rivela il Rapporto del network legale Consulcesi & Partnersil 23% egli SOS è stato lanciato dal Lazio, il 20% dalla Sicilia e il 18% dalla Campania“. L’offensiva del contenzioso medico-legale arriva a preoccupare l’80% dei chirurghi, come ha quantificato in un’intervista a Il Tempo il professor Pierluigi Marini.

Il presidente dell’Associazione chirurghi ospedalieri italiani (Acoi) e direttore del Dipartimento Emergenza- Accettazione e Area critica dell’ospedale San Camillo-Forlanini ha messo in guardia dalle “basse garanzie professionali, minate dall’alto tasso di contenzioso medico-legale, che in Italia viene addirittura promosso con spot televisivi“. Con conseguenze che, sommate agli effetti della riforma pensionistica quota-100, rischiano di rivelarsi dirompenti proprio “a partire dal Lazio, dove un chirurgo su cinque potrebbe lasciare gli ospedali. Perché sono all’incirca 500 quelli attualmente in organico e almeno 100 hanno maturato i requisiti richiesti (62 anni di età e 38 di contributi) della riforma per chiedere di andare in pensione. Sono sicuro che molti non lo faranno, perché chi fa questa professione la fa per passione”. Però, incontrando i colleghi in tutta Italia, riscontro un aumento di professionisti stanchi e delusi, soprattutto per questa assurda offensiva del contenzioso medico-legale che, secondo un sondaggio effettuato, preoccupa l’80% dei colleghi. C’è chi, addirittura, sceglie di non andare più in sala operatoria. E così aumenta anche la cosiddetta medicina-difensiva, quella che porta ad un eccesso di prescrizioni inappropriate, soprattutto di esami diagnostici come Tac e risonanze magnetiche.

Uno spreco che fa male anche alle case dello Stato, fra i 10 e i 15 miliardi, oltre che prolungare le liste d’attesa. Per cercare di allentare le tensioni, dal febbraio scorso l’Ordine dei medici di Roma è arrivato ad avviare un’attività di tutoring. Mettendo avvocati e consulenti a disposizione gratuita per medici e cittadini. Un’iniziativa “unica in Italia per assicurare al cittadino che ritiene di aver subito un dannno in sanità e al medico che vive una situazione di sofferenza professionale, l’assistenza adeguata e gratuita per orientarsi verso la soluzione migliore in un clima di leale collaborazione“. Sul sito dell’Ordine sono disponibili i due modelli da scaricare: uno per le segnalazioni da parte dei cittadini e uno per i medici.

Noi crediamo sia questo il nostro dovere – spiegano Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti, rispettivamente presidente e vice presidente dell’Ordine di Roma – la leva per cambiare le cose crediamo stia nell’evitare che i cittadini e medici diventino prede di una deriva affaristica estrema che può produrre solo effetti devastanti portando in corsia e nelle camere operatorie ansie e incertezze. Il nostro obiettivo è instaurare un clima di collaborazione che miri anche a correggere gli eventi avversi che hanno portato all’eventuale errore e aiutare i colleghi che si trovano in difficoltà. La nostra è un’alternativa pubblica a chi sugli errori in sanità vede un mercato da conquistare e spremere. Togliamo spazio a chi vuole portare in sanità un clima di incertezza e farne terra di conquista per novelli cacciatori di taglie“.

Fonte: Il Messaggero

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Sanità, in Italia 300 mila cause contro i medici: 35 mila ogni anno

Durante una conferenza stampa al ministero della Salute, Consulcesi ha proposto l’istituzione dell’Arbitrato della Salute.

Complessivamente, in Italia, sono 300 mila le cause contro i medici e le strutture sanitarie private e pubbliche. Ogni anno, 35 mila nuove azioni legali si sommano alla cifra totale. Dai dati più aggiornati (Tribunale del malato (2015) e Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari, del 2013), emerge come il 95% dei procedimenti per lesioni personali colpose termini con un proscioglimento. Queste informazioni sono state esposte da Consulcesi, network legale in ambito sanitario, al ministero della Salute. L’azienda ha suggerito l’istituzione dell’Arbitrato della Salute, un sistema alternativo per la risoluzione delle controversie che potrebbe consentire di ridurre i costi e i tempi necessari.

L’Arbitrato della Salute

Durante la conferenza stampa al ministero della salute, Massimo Tortorella, il presidente di Consulcesi, ha dichiarato che le numerose denunce, evidenziano una crisi del rapporto medico-paziente. È per questo che l’azienda ritiene necessaria l’istituzione di un luogo di confronto, e non di contrapposizione, in cui risolvere le controversie. La proposta sarà discussa insieme con i rappresentati delle istituzioni sanitarie, tra cui Filippo Anelli, presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), Pierpaolo Sileri, presidente della Commissione Sanità del Senato, Francesco Moccia, vicesegretario generale di CittadinanzAttiva, e Ausilia Pulimeno, vicepresidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi).

Le statistiche

Durante la conferenza stampa è emerso come le denunce siano presentate principalmente al Sud e nelle isole (44,5%). Percentuali inferiori al nord (32,2%) e al Centro (23,2%). L’area chirurgica è quella maggiormente a rischio contenzioso (45,1%), seguita da quella materno-infantile (13,8%) e medica (12,1%). Il costo medio di una causa civile nei confronti di un medico o di una struttura sanitaria privata è di 50.128 euro per entrambe le parti coinvolte. Per un procedimento penale, invece, servono 36.901 euro. La Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari riporta che il 78,2% dei medici ritiene di correre un rischio maggiore di cause legali rispetto al passato. Il 68,9% crede di avere tre possibilità su dieci di essere coinvolto in un procedimento e ben il 65,4% afferma di essere sottoposto a una pressione ingiusta nella pratica quotidiana per via della possibilità di subire un processo.

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Medici in fuga dall’Italia: “Già 10.000 lavorano all’estero”. Il nodo del numero chiuso

Diecimila medici in dieci anni hanno lasciato l’Italia. E secondo le stime nel 2025 mancheranno 16.500 specialisti. Il governo lavora ad aumentare i posti: “Bisogna far sì che si iscrivano meno di 20 mila, solo i motivati”. Ma i tempi sono lunghi.

In dieci anni, dal 2005 al 2015, oltre diecimila medici hanno lasciato l’Italia per lavorare all’ estero. Nello stesso periodo si sono trasferiti anche otto mila infermieri. Ai dati della Commissione europea e del Rapporto Eurispes-Enpam, si aggiungono quelli di Consulcesi group secondo cui ogni anno 1.500 laureati in Medicina vanno via per seguire scuole di specializzazione all’estero. Un danno anche economico, perché la formazione – dicono i sindacati di categoria – costa allo Stato italiano 150 mila euro per ogni singolo medico.

Il buco

Chi mette lo stetoscopio in valigia ha un’età che va dai 28 ai 39 anni, la regione da cui emigrano di più i giovani medici italiani è il Veneto. La meta principale è la Gran Bretagna, con il 33% di scelte, seguita dalla Svizzera con il 26%. I professionisti che espatriano sono per la maggior parte ortopedici, pediatri, ginecologi, anestesisti.Tra medici in fuga, che vanno in pensione e aspiranti camici bianchi che non riescono a mettere piede in Facoltà a causa del numero chiuso, il Servizio sanitario nazionale rischia grosso. Lo studio del sindacato della dirigenza medica e sanitaria Anaao Assomed nel Rapporto del 7 gennaio ha lanciato l’ennesimo allarme: tra soli sei anni, nel 2025, curarsi in ospedale sarà ancora più difficile: tra medici di emergenza, pediatri, internisti, ortopedici, psichiatri, mancheranno all’appello 16.500 specialisti.

Il caso Ferrara

Un esperimento che parte in questi giorni è quello dell’università di Ferrara: “La proposta dell’Ateneo emiliano ispirata al modello francese – spiega il senatore della Lega Mario Pittoni, che lavora da anni per la chiusura del numero chiuso e ora è a capo della commissione Istruzione al Senato, – prevede alcuni esami mirati in un arco di tempo definito, così da scoraggiare i “perditempo” (che puntano sulla fortuna) e con la garanzia di maggiore efficacia rispetto agli attuali quiz per individuare attitudine e qualità dei candidati”. Come funziona? La sperimentazione prevederà, oltre ai 185 studenti che hanno diritto all’accesso al corso tramite superamento del test nazionale, altri 600 posti, di studenti che, una volta entrati saranno costretti a svolgere 32 cfu in un semestre, cioè circa quattro esami di medicina con la media superiore al 27, per non dover essere trasferiti nel Corso di Biotecnologie Mediche. La sperimentazione, inoltre, prevede necessariamente la reintroduzione del numero programmato per gli altri corsi di biotecnologie. Resta da chiarire se poi gli aspiranti medici respinti vogliano davvero diventare dottori in biotecnologie. Intanto in Parlamento proseguono le audizioni sui disegni di legge che riguardano l’eventuale abolizione del numero chiuso: la maggior parte degli esperti finora ascoltati non è convitna che la soluzione sia il sistema francese.

I licei “da Vinci”

Un’altra sperimentazione in corso, che va sempre nella stessa direzione, è quella di 80 licei classici e scientifici in tutta Italia, che prevede 150 ore di lezione nel triennio (50 per ogni annualità) in cui i ragazzi possono verificare quanto sono portati a tale tipo di studi: “Abbandona più di uno studente su tre“, sottolinea Pittoni, spiegando come gli aspiranti medici siano spesso spinti a desistere quando si confrontano con le materie mediche dal vivo. L’obiettivo? Diminuire i candidati alla facoltà, investendo quindi risorse adeguate solo per chi davvero intende intraprendere questa professione. Unico neo: finora per l’università investimenti non ne sono stati previsti. E senza risorse diventa difficile uscire dall’imbuto.

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Petizione a Mattarella, subito il Tribunale della Salute

Consulcesi, basta odio verso i medici. In 48 ore 10 mila firme. Tra i firmatari il presidente della Commissione Sanità del Senato.

Petizione al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per chiedere lo “Stop all’odio verso i medici e subito l’istituzione del Tribunale della Salute“. La proposta, oltre che al Capo dello Stato, è stata indirizzata al ministro alla Salute Giulia Grillo, al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, al Presidente della Federazione degli Ordini dei medici e al presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri, che ha sottoscritto l’appello. L’iniziativa è stata lanciata da Consulcesi, network legale che opera a fianco dei medici, e in 48 ore ha già raccolto 10.230 firme. L’obiettivo è quello di ristabilire tra operatori sanitari e pazienti il clima di fiducia e collaborazione, minato da troppe aggressioni e campagne di comunicazione, come quella dello spot di Obiettivo Risarcimento andato in onda anche sulle reti Rai“.

Abbiamo pensato ad una soluzione come quella del Tribunale della Salute che possa andare incontro anche ai diritti del paziente, ossia una camera di compensazione che punti anche a evitare di ingolfare le aule dei Tribunali con liti temerarie: cause che al 97% dei casi finiscono senza esito e che producono solo sprechi per la collettività, impedendo ai medici di portare avanti con serenità la loro missione“, spiega Massimo Tortorella, presidente di Consulecesi. “La nostra proposta – continua – nasce dalle sollecitazioni di medici e operatori sanitari, coloro che tuteliamo nelle più importanti battaglie di diritto: turni massacranti in corsia, mancati rimborsi durante la specializzazione, le disparità subite dai medici di famiglia, le selezioni irregolari ed il Numero chiuso“. Tortorella sottolinea infine come al di là delle migliaia di sottoscrizioni, la proposta abbia rapidamente perso la paternità Consulcesi, “ed è proprio quello che speravamo: dai commenti sotto la petizione e sui social emerge che operatori sanitari e pazienti credono che il Tribunale della Salute possa segnare un’autentica svolta“.

Fonte: Ansa

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Consulcesi: 300mila cause contro i medici, serve un Arbitrato della salute

Sono 300mila le cause giacenti nei tribunali contro i medici e le strutture sanitarie private e pubbliche. E’ quanto afferma Consulcesi, network legale in ambito sanitario, che ha proposto in un incontro a Lungotevere Ripa l’istituzione dell’Arbitrato della salute. “Ogni anno – spiega Consulcesi – vengono intentate 35mila nuove azioni legali ma il 95% dei procedimenti penali per lesioni personali colpose a carico di esercenti le professioni sanitarie si conclude con un proscioglimento“. Le aree maggiormente a rischio contenzioso sono quella chirurgica (45,1% dei casi), la materno-infantile (13,8%) e quella medica (12,1%). “I costi necessari ad intraprendere queste azioni legali – spiega Consulcesi – partendo da una richiesta risarcitoria media di 100mila euro, sono di 50.128 euro per una causa civile e di 36.901 euro se si tratta di penale“.

Il problema è che in Italia i professionisti della sanità devono confrontarsi tutti i giorni con la paura. “La paura delle aggressioni – sottolinea Massimo Tortorella, presidente Consulcesi -, delle denunce e della conseguente gogna mediatica, economica e professionale che deriva da liti temerarie. Perché di liti temerarie si tratta, visto che il 95% di queste cause finisce in un nulla di fatto. Per questo, dopo aver messo tutti attorno allo stesso tavolo anche CittadinanzAttiva, il più autorevole rappresentante dei pazienti facciamo appello alle istituzioni affinché si istituisca l’Arbitrato della Salute attraverso un apposito disegno di legge“.

Le denunce vengono presentate principalmente al Sud e nelle Isole (44,5%); al Nord la percentuale scende al 32,2% mentre al Centro si ferma al 23,2%. Numeri che non lasciano indifferente la categoria: secondo la Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari, il 78,2% dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato; il 68,9% pensa di avere tre probabilità su dieci di subirne; il 65,4% ritiene di subire una pressione indebita nella pratica quotidiana a causa della possibilità di subire un processo. “L’Arbitrato della salute – spiega Tortorella – vuole rappresentare il luogo di recepimento di tutte le istanze che riguardano l’intera attività sanitaria, pubblica e privata, relativamente a casi con responsabilità medico-sanitaria, senza alcun limite nell’entità del risarcimento“.

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Il Consiglio di Stato sgretola il numero chiuso, riammessi centinaia di studenti a Medicina

L’impalcatura del numero chiuso continua a vacillare sotto i colpi delle sentenze. L’ultima è arrivata ieri. “Il Consiglio di Stato – ha comunicato Consulcesi, network legale che da oltre 20 anni tutela anche i diritti degli aspiranti medici – ha accolto il nostro ricorso, ammettendo alla Facoltà di Medicina e Chirurgia circa 250 studenti. È la conferma delle tesi che sosteniamo da sempre e cioè che il numero dei posti indicati dagli Atenei è di gran lunga inferiore alla loro effettiva capacità ricettiva e che bisogna fronteggiare la carenza dei medici in Italia”. I legali di Consulcesi pongono l’attenzione sulle motivazioni della decisione del Consiglio di Stato: “Si fondano sul fatto che per l’anno accademico 2019/2020 il Ministero ha aumentato di 1600 i posti disponibili. I Giudici della suprema Corte affermano che “tale aumento non soltanto è indice del sottodimensionamento dei posti sin qui disponibili nell’offerta formativa, ma sembra anche più aderente ai prevedibili fabbisogni sanitari futuri””.

Questa sentenza, che arriva esattamente alla vigilia degli scorrimenti delle graduatorie (la cui pubblicazione è stata accompagnata da una lunga scia di polemiche per via delle numerose irregolarità che hanno contraddistinto anche questa edizione dei test), mette automaticamente in discussione anche il numero dei posti stabilito per il prossimo anno accademico.

“A questo punto – incalza Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi – non si può credere neanche all’esattezza del numero dei posti stabiliti per l’anno accademico 2019/2020. Il diritto allo studio non può essere limitato. La selezione dei più capaci e meritevoli deve essere fatta durante il corso di studi e non affidata alla cabala di quiz commissionati a una società privata. L’esercizio del diritto allo studio deve tornare nella sua sede naturale: le università. Per il momento, in attesa che questo avvenga, l’unico modo per gli studenti di esercitare il loro diritto allo studio è quello di andare davanti agli organi della giustizia amministrativa. Per questo invitiamo tutti gli aspiranti medici ingiustamente esclusi a far valere il loro diritto allo studio contattandoci sul nostro sportello virtuale www.numerochiuso.info, sui nostri canali social e al numero verde 800.189091

Fonte: Il Sole 24 Ore

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Test medicina, a Roma flashmob dei supereroi contro il numero chiuso

“L’intero sistema è da rivedere perché non risponde al criterio della meritocrazia” attacca Sara Saurini, avvocato di Consulcesi. Il rettore Gaudio: per eliminare lo sbarramento servirebbero investimenti per adeguare corsie, laboratori e docenti.
Anche i supereroi indossano il camice e si schierano contro il numero chiuso a Medicina. Mentre i cinquemila studenti iscritti al test di ingresso all’università La Sapienza si preparavano ad entrare in aula, in piazzale Aldo Moro va in scena la protesta, organizzata da Consulcesi, con protagonisti Spiderman e Wonderwoman, per sottolineare quanti “super poteri” deve avere chi oggi vuole diventare medico. “Per eliminare il numero chiuso ci dovrebbero essere degli investimenti per adeguare gli spazi, i laboratori, i docenti e le corsie” dice il rettore della Sapienza di Roma, Eugenio Gaudio. “Nelle condizioni attuali spero che il numero chiuso rimanga. Quando negli anni ’60 e ’70 c’era il numero aperto gli studenti avevano difficoltà a seguire le lezioni e ad andare in corsia. Bisogna mettere – ha concluso – nelle condizioni i ragazzi di studiare e di diventare dei buoni medici”.

Solo 11.568 posti disponibili

Gli iscritti alla prova di Medicina solo nell’ateneo romano sono 5.733 (in crescita rispetto al 2018 quando erano stati 5.52).per un totale di 985 posti disponibili (l’anno scorso erano 833). A livello nazionale,il numero degli iscritti è di 68.694 (erano 67.005 nel 2018) per 11.568 posti disponibili (contro i 9.779 dello scorso anno, esclusi quelli in Odontoiatria che sono un altro migliaio). “Oltre a non essere sufficienti i posti messi a disposizione – dice Sara Saurini, avvocato di Consulcesi – l’intero sistema dei test di ingresso è da rivedere perché non risponde al criterio della meritocrazia: è necessario un intervento politico. Senza contare le irregolarità che spesso emergono nel modo in cui sono poste le domande. E su questi noi raccoglieremo le segnalazioni degli studenti”.

“È il terzo test”

“Mia figlia ha 21 anni ed è al secondo anno di biologia a Viterbo – racconta una mamma che attende il termine delle prove alla Sapienza- è già la terza volta che prova a entrare a medicina e ha già detto che, se non passerà la prova, andrà in America, perché il suo sogno è quello di diventare un medico. Il primo anno non era adeguatamente preparata, l’anno scorso il test era difficilissimo e infatti quest’anno è stato modificato. Speriamo per questa ultima volta, io la aspetto qui”.

Le tappe

Il contenuto della prova è identico per tutte le Università sul territorio nazionale ed è predisposto dal Miur. Il test è basato su 60 quesiti con 5 opzioni di risposta su argomenti di cultura generale (12), di ragionamento logico (10), di biologia (18), di chimica (12) e di fisica e matematica (8). Ogni risposta esatta vale 1,5 punti, quella errata meno 0,4 punti, 0 punti per ogni domanda rimasta in bianco. La graduatoria sarà unica a livello nazionale e le sedi saranno assegnate in base alle opzioni in ordine discendente di graduatoria e in base alle preferenze indicate dallo studente all’atto dell’iscrizione al test. I punteggi saranno pubblicati il 17 settembre sul sito www.universitaly.it e il primo ottobre sempre sullo stesso portale sarà pubblicata la graduatoria nazionale di merito nominativa.

Fonte: Il Corriere della Sera

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Mancano i medici ma l’università prende solo uno studente su 7

I principali media nazionali hanno dato ampio risalto al caos irregolarità durante lo svolgimento del test d’ingresso a medicina. Tra queste vi riportiamo Il Giornale

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Sanità, un Arbitrato per limitare le cause per risarcimento danni. I medici: basta caccia alle streghe

Un Arbitrato della Salute per fermare la giungla dei ricorsi “temerari” contro gli errori medici. E’ la proposta di legge allo studio della commissione Sanità del Senato, a fronte delle proteste dei sanitari per la vera e propria psicosi da “causa-facile” che è invalsa anche nel nostro Paese.

Lo scorso anno fece parecchio rumore lo spot, passato anche dalla Rai, in cui il noto volto televisivo Enrica Bonaccorti faceva pubblicità alle cause per danni medici. Un gran polverone, scuse e spot cancellato. Ora la questione torna d’attualità con un articolo, pubblicato a firma di una dottoressa in giurisprudenza online, dal titolo: “Come si denuncia un medico? Guida pratica per denunciare ed ottenere il risarcimento danni”. Ma attenzione, se cerchiamo su un motore di ricerca come Google parole tipo ‘denunciare medici’ si aprono migliaia di pagine con oltre 700 mila risultati. Tutti con l’obiettivo di mettere i camici bianchi nel mirino.

“A quando un manuale pratico per denunciare gli avvocati, gli ingegneri e magari anche i giornalisti?”, si chiede il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, che ha scritto una lettera di diffida che partirà nei prossimi giorni diretta alla redazione del sito che ha pubblicato l’articolo.

“Anche noi siamo pronti alle denunce – aggiunge Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi, network legale in ambito sanitario -. Non è più tollerabile questo clima da caccia alle streghe e il comportamento, sleale e contro ogni forma di deontologia professionale, da parte di avvocati e studi legali che contribuisce ad alimentare un clima di odio e tensione e a minare il rapporto di fiducia tra il personale medico-sanitario ed i pazienti”. 

“Ci sono 300 mila cause pendenti contro i medici in tutta Italia – continua Tortorella – e 35 mila nuove azioni legali vengono intentate ogni anno ma il 95% dei procedimenti penali per lesioni personali colpose a carico di esercenti le professioni sanitarie si conclude con un proscioglimento. E’ una situazione da Far West. Una soluzione conciliativa come l’Arbitrato della Salute, che abbiamo lanciato negli scorsi mesi ed è pronta a diventare un disegno di legge con il supporto del presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri, potrà servire per ristabilire un equilibrio nel rapporto tra medici e pazienti e potrà evitare liti temerarie, sobillate magari proprio da avvocati e studi legali senza scrupoli con il sostegno di certi media”.

Fonte: Il Messaggero

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Lo Stato ha dimenticato 300 mila medici, il loro titolo di serie B

Trecentomila medici dimenticati dallo Stato. Sono gli specializzandi dal 1978 al 2006 a cui è stato negato il corretto trattamento economico durante il corso post laurea, nonostante le direttive comunitarie. Non solo: i loro corsi di formazione non sono conformi alla normativa europea e quindi non vengono riconosciuti negli altri Stati membri. Così se un medico che si è specializzato in quel periodo partecipa a un concorso nazionale, avrà un punteggio più basso rispetto agli altri colleghi. Se decide di lavorare all’estero, si troverà davanti un muro amministrativo per il riconoscimento del titolo o, addirittura, a dover sostenere un esame nell’Università del Paese dove vorrebbe trasferirsi. “Questi medici hanno subito un danno grave, hanno un titolo che viene considerato di serie B e in più non sono stati retribuiti. Lo Stato è obbligato al risarcimento perché ha violato la giurisprudenza dell’Unione europea e dell’Italia”, spiega Marco Tortorella, avvocato del Gruppo Consulcesi che nel corso degli anni ha difeso in azioni collettive circa 100 mila medici italiani. “L’alveo giusto, la casa, dove sciogliere questo nodo è la Ue. I ricorsi in tribunale o presso la Corte di Giustizia sono un intervento estremo”, ha aggiunto.

Oggi al convegno che si è tenuto a Roma su “Innovazione, diritti e formazione. La professione medica tra vecchie e nuove sfide“, organizzato da Consulcesi, ha raccontato la sua esperienza di specialista senza retribuzione un pediatra di famiglia di Bracciano che dopo 17 anni ha ottenuto il rimborso dallo Stato dopo il ricorso alla Corte di Strasburgo. “Era il 1990, ero un giovane studente e facevo il corso di specializzazione. L’anno dopo in ospedale arrivarono nuovi studenti, loro avevano la borsa di studio perché c’era stata la prima attuazione della legge. Noi niente. Eppure facevamo lo stesso lavoro. Se ci ripenso, mi chiedo come ho fatto a lavorare da medico per anni senza nessuna tutela“.

Fonte: ANSA

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Stress da lavoro, medici italiani più esauriti d’Europa

Hanno un livello di stress quasi doppio (43%) rispetto alla media europea (22%)

Notti in bianco, seguite da riposi troppo brevi prima di un nuovo turno in corsia. Da soli a seguire decine di pazienti, sulle spalle la responsabilità della salute e della vita dei malati. Condizioni che causano specialmente tra i medici ospedalieri, oltre che profonda insoddisfazione lavorativa, vere sindromi da esaurimento in percentuale maggiore rispetto alle altre professioni. Lo sottolinea il segretario nazionale del sindacato CoAS Medici dirigenti Alessandro Garau, ricordando anche la decisione dell’Oms di riconoscere la sindrome del burnout, il cosiddetto stress da lavoro.

Consulcesi, gruppo di riferimento per 100 mila medici, sottolinea che secondo un’indagine condotta in 12 Paesi dall’European General Practice Research Network, i camici bianchi italiani hanno un livello di stress quasi doppio (43%) rispetto alla media europea (22%). E per questo lancia sulla sua pagina Facebook la campagna #BurnoutInCorsia, con l’obiettivo di condividere e approfondire le esperienze che portano alla sindrome da burnout tra gli operatori sanitari.

Negli Stati Uniti le cose non vanno meglio. Il Report 2019 realizzato dal portale scientifico Medscape National Physician Burnout, Depression & Suicide, riferisce che il 50% degli operatori sanitari intervistati ha affermato che il burnout influisce sulla cura dei pazienti. I dati si riferiscono a un campione di 15.069 medici di 29 specialità diverse, ascoltati tra fine luglio e metà ottobre 2018: il 44% degli intervistati ha avuto a che fare con i sintomi del ‘burnout’, percentuale in aumento rispetto al dato della precedente analisi (42%). Il 53% ha confessato che questo stato “ha influito sull’assistenza del paziente”, il 26% ha dichiarato “di essere meno motivato” e il 14% “ha detto di aver commesso errori che non avrebbe fatto se non fosse stato così stanco”.

Fonte: Repubblica