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Vittima di diffamazione online: consigli per procurarsi la prova in maniera corretta

10/02/2023

Quando si è vittima di diffamazione online non basta lo screenshot o la stampa dell’articolo o del post sul social network. Scopri come procurarti la prova in maniera corretta.

Vittima di diffamazione online: consigli per procurarsi la prova in maniera corretta

Quando un soggetto offende la reputazione altrui comunicando con più persone, commette il reato di diffamazione. Chi commette questo tipo di reato è punito con la reclusione fino a un anno o con una multa fino a 1.032 euro.

 

Se, nell’offendere l’altro, il soggetto attribuisce un fatto determinato (ad esempio “il dr. Tizio ha operato mio marito al cuore e lo ha ucciso perché è un incompetente e un ciarlatano”), la pena è molto più alta: reclusione fino a due anni ovvero multa fino a 2.065 euro.

 

Nel caso in cui l’offesa venga recata attraverso la stampa o con qualunque altro mezzo di pubblicità (come ad esempio internet), si parla di diffamazione aggravata: in questo caso, la pena è quella della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516 euro.

 

La vittima di diffamazione, se vuole che il responsabile venga perseguito dalla giustizia, deve sporgere querela all’autorità giudiziaria. Se viene rintracciato il colpevole, la vittima ha il diritto di costituirsi parte civile nel procedimento penale a carico del soggetto che lo ha diffamato, per ottenere il ristoro dei danni subiti.

 

Diffamazione online. Il web e i suoi pericoli

 

La diffamazione, ai giorni nostri, corre sul web.

 

I leoni da tastiera che si trincerano dietro uno schermo possono prendere di mira chiunque per denigrarlo e offenderlo, spesso gratuitamente, arrecandogli non pochi problemi.

 

Un post diffamatorio su un social network è visibile da potenziali milioni di utenti, e se condiviso per un enorme numero di volte può addirittura diventare virale e andare persino a finire sugli organi di stampa, con ricadute reputazionali inimmaginabili per la vittima, specialmente se esercita una professione come quella medica.

 

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Durante gli anni della pandemia i medici sono stati oggetto di numerosi ingiustificati attacchi diffamatori da parte dei cosiddetti “no vax”, su qualunque tipo di piattaforma social, con ricadute negative sia sotto il profilo professionale che personale. Non è certo bello per un medico e per i propri familiari leggere post diffamatori e offensivi su sé stessi o i propri cari.

 

Persino Papa Francesco sul suo profilo Twitter ufficiale (tweet del 16 ottobre 2021), ha chiesto ai mezzi di comunicazione di “porre fine alla logica della post verità, alla disinformazione, alla diffamazione, alla calunnia e a quell’attrazione malata per lo scandalo e il torbido”, preoccupato per un fenomeno mondiale che sembra oramai incontrollabile e può travolgere chiunque in qualunque momento.

 

L’importanza della tempestività nel procurarsi la prova della diffamazione online

 

Quando si è vittima di diffamazione online, la prova del misfatto è molto “volatile”, e rischia di sparire in fretta, lasciando impunito il colpevole e la vittima senza giustizia.

 

Pensiamo a un soggetto che offende un medico con un post su un social network, e poi dopo un paio d’ore, spaventato per le conseguenze legali (processo penale, richiesta di risarcimento danni), lo cancella: quel post è stato online per ore, potenzialmente è stato oggetto di screenshot ed è stato a sua volta diffuso online a una miriade di soggetti.

 

Per inchiodare il colpevole, prima ancora di sporgere querela, è utile cercare di procurarsi tempestivamente la prova di quanto subito, cristallizzando il messaggio sul social network o sul blog dal contenuto diffamatorio.

 

Le difficoltà dell’acquisizione di una prova dal web

 

Purtroppo, non è così semplice come possa sembrare acquisire nel modo corretto un’e-mail, una pagina web o un post su un social network.

 

Nel momento in cui un medico legge su un social network o su un sito web un post, un commento o un articolo diffamatorio nei suoi confronti, le prime due soluzioni che vengono in mente per procurarsi la prova di quello che si vede a schermo sono:

 

  1. Stampa cartacea del contenuto che si trova online,
  2. Screenshot tramite telefono o PC del contenuto online.

 

Entrambe le soluzioni, purtroppo, rischiano di avere poca forza in un processo, poiché si tratta di mezzi facilmente alterabili, quindi contestabili dal soggetto sottoposto a indagine o processo per diffamazione.

 

La stampa del sito web o di una chat di messaggistica, infatti, potrebbe potenzialmente essere stata creata ad arte con un programma apposito.

 

Lo stesso può dirsi per lo screenshot di una chat di messaggistica: su internet ci sono vari siti che permettono di creare falsi screenshot di chat riempiendoli con il contenuto che si preferisce.

 

Ancor più semplicemente, uno screenshot di una chat come Whatsapp può essere facilmente oggetto di collage tramite il più semplice dei programmi disponibile su un computer Windows, come Paint: in questo modo, si potrebbero estrapolare dal contesto di una conversazione solo i messaggi o le parole che interessano e creare un finto messaggio diffamatorio.

 

Quando la prova è effimera

 

Del resto, non dobbiamo dimenticare che tutto ciò che noi vediamo a video sul web è, in realtà, frutto di codici di programmazione; quindi, una mera stampa o fotografia non rappresenta appieno il reale contenuto di quella determinata pagina web.

 

A dimostrazione di ciò, provate a salvare una pagina web sul PC, semplicemente cliccando con il tasto destro del mouse e accedendo al comando “Salva con nome”: il sistema salverà sul nostro PC sia la pagina web tramite icona del browser internet, che una cartella con al suo interno file di vario tipo, che magari un utente poco informatizzato non riesce a comprendere o ad aprire.

 

Attenzione: neanche l’operazione “Salva con nome” di una pagina web consente di creare una prova forte in giudizio del contenuto trovato su internet.

 

L’acquisizione forense di un contenuto web

 

Per evitare che la controparte in giudizio possa contestare la veridicità e la stessa esistenza della pagina web o del post diffamatorio, è consigliabile effettuare un’acquisizione ad hoc del contenuto che si trova su internet.

 

In gergo tecnico questo tipo di operazione si chiama acquisizione forense, un’attività attraverso la quale viene:

 

  • Attestata la conformità all’originale della pagina web, come si creasse un nuovo originale;
  • Attribuita data certa al contenuto acquisito da internet.

 

L’acquisizione forense si caratterizza per essere documentata in ogni suo passaggio, in modo da garantire la certezza e l’inattaccabilità della prova in un processo (penale o civile) o in una transazione stragiudiziale.

 

Durante il processo di acquisizione forense, bisogna registrare tutto ciò che accade sullo schermo del computer, mediante software appositi, creando un vero e proprio video in cui viene ripreso lo schermo.

 

Le azioni necessarie

 

È inoltre necessario compiere le seguenti ulteriori operazioni tecniche:

 

  1. registrare il traffico di rete in entrata e in uscita;
  2. impostare il DSN del sistema operativo con un DSN noto (ad esempio Google o altri);
  3. sincronizzare l’orologio del sistema operativo con un server NTP tramite un’apposita procedura informatica;
  4. identificare l’indirizzo IP del computer;
  5. identificare il server.

 

Dopo aver compiuto queste operazioni preliminari, si può iniziare a navigare all’interno di un sito web, accedere quindi alla pagina dove si trova l’articolo o il post diffamatorio e scaricarlo in una cartella che andremo a creare appositamente.

 

Sui file così scaricati è poi necessario apporre:

 

  1. firma digitale,
  2. marca temporale,
  3. hash.

 

In questo modo, i file vengono autenticati e si crea una vera e propria copia conforme all’originale che si trova sul web, con data certa.

 

I file firmati su cui è stata apposta la marca temporale e l’hash devono poi essere inseriti in un’ulteriore cartella archivio (.zip o .rar) insieme al traffico di rete.

 

L’archivio, come i file che vi sono stati inseriti, dovrà nuovamente essere autenticato mediante attribuzione di data certa, apponendovi la firma digitale e calcolando l’impronta hash.

 

Il file può essere salvato su un supporto esterno (CD, DVD), e conservato sul PC per avere sempre la prova a portata di mano. Dopo aver compiuto tutte queste operazioni, si può interrompere la registrazione dello schermo e salvare il video, archiviandolo insieme a ciò che abbiamo acquisito dal web.

 

Da chi ci si può far aiutare

 

Questa operazione, normalmente, deve essere compiuta da un professionista esperto in digital forensics, che provvederà a redigere una perizia, attraverso la quale comprensibile anche ai profani tutte le azioni compiute come sopra descritte.

 

Se il medico è esperto del web, può anche provare a compiere da solo tutte le attività appena descritte: ciò implica però un dispendio di tempo e di risorse e si correrebbe comunque il rischio di sbagliare qualche passaggio.

 

Il consiglio, quindi, rimane quello di rivolgersi a un professionista.

 

Se però non si riesce, nell’immediato, a contattare un esperto di digital forensics che possa effettuare un’acquisizione forense del contenuto web incriminato, e si teme che il colpevole possa farlo sparire con velocità, esistono dei sistemi utilizzabili con facilità anche dai più inesperti, alcuni gratuiti altri a pagamento.

 

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I programmi e i tool a pagamento più usati per l’acquisizione forense di pagine web

 

Tra i software utilizzati dalle forze dell’ordine italiane per l’acquisizione forense di pagine web troviamo FAW (Forensics Acquisition of Websites), un programma che permette di acquisire pagine sia dal web che dal dark web (browser TOR), e consente di acquisire pagine di Youtube, Facebook, Whatsapp, Instagram, caselle e-mail, video in streaming, pagine riservate degli account Google.

 

Il software può essere acquistato in abbonamento annuale, oppure on demand per 24 ore; quest’ultima soluzione può consentire anche al meno esperto (utilizzando le guide di supporto disponibili sul sito) di procurarsi la prova forense della diffamazione subita.

 

Un’ulteriore risorsa, rinomata tra i tecnici per la facilità con cui può essere usata direttamente dal soggetto che ha subito la diffamazione, è Legal Eye, che consente di navigare su internet e cristallizzare in tempo reale tutto ciò che si vede a schermo, secondo il processo di acquisizione forense che abbiamo descritto sopra, semplicemente con un click, senza bisogno di scaricare alcun tipo di software. Il servizio è a pagamento.

 

Si può utilizzare, a costi peraltro molto contenuti, anche  acquisizioniforensi.it (il vecchio hash-maker), che consente di acquisire url, pagine web e immagini da un sito, il tutto secondo la procedura di acquisizione forense sopra descritta.

 

Questi sistemi sono solitamente utilizzati dai tecnici del settore, come ingegneri informatici e avvocati, per fornire un servizio per i loro clienti.

 

Diffamazione online. I tool di acquisizione gratuiti

 

Tra i tool gratuiti, invece, si può segnalare Wayback Machine (web.archive.org), un sito web che permette di acquisire, gestire e cercare raccolte di contenuti digitali senza bisogno di avere alcuna competenza tecnica, semplicemente inserendo l’indirizzo della pagina web che interessa e salvandola. Su questo sito milioni di utenti in tutto il mondo salvano le pagine web; quindi, il funzionamento può spesso essere molto lento.

 

Stesso sistema – e stessa lentezza dovuta al massiccio utilizzo in tutto il mondo – troviamo su archive.is, che si definisce una vera e propria capsula del tempo per le pagine web, attraverso la quale, inserendo semplicemente l’indirizzo nella barra di ricerca rossa, è possibile cristallizzare e archiviare un’istantanea inalterabile di una determinata pagina web, salvandone inoltre testo e copia grafica.

 

Su perma.cc – sviluppato e gestito dalla biblioteca della scuola di legge di Harward – è possibile archiviare una pagina web, che rimarrà immutata per sempre; il sito richiede la registrazione, ma è gratuito solo per istituzioni accademiche e tribunali, mentre per utenti professionali o privati è possibile sottoscrivere dei piani a pagamento.

 

Conifer (il vecchio Webrecorder) permette di salvare fino a 5 GB di pagine web mediante creazione di un account gratuito.

 

Data l’alta richiesta, i tool e i software per l’acquisizione forense di pagine web si stanno moltiplicando, per offrire dei servizi sempre più semplici, utilizzabili non solo dai professionisti ma anche dagli utenti del web più inesperti.

 

La sentenza 24600/2022 della Corte di Cassazione

 

Sul web si trovano numerosi articoli con titoli altisonanti, secondo cui la Corte di Cassazione avrebbe riconosciuto valore di prova legale allo screenshot di una chat.

 

Non bisogna farsi fuorviare da questi titoloni, che alimentano la diffusione di notizie parziali e spesso contengono articoli scritti da soggetti non esperti né in materia giuridica né digitale.

 

La sentenza n. 24600/2022 della Cassazione, in effetti, ha riconosciuto valore di prova agli screenshot di una chat di gruppo, ritenendola equiparabile a una fotografia.

 

La Cassazione, però, attribuisce forza probatoria a questi screenshot non in quanto tali, ma perché sono stati riconosciuti in giudizio dai testimoni, che ne hanno confermato il contenuto in ogni parola.

 

Si è trattato, perciò, di un caso particolare, in cui si avevano a disposizione i nominativi delle persone che avevano letto quelle offese e le hanno confermate in giudizio.

 

Un post diffamatorio su un social network, invece, può essere letto da persone che noi non conosciamo o comunque difficilmente rintracciabili, per cui il semplice screenshot, non accompagnato da un’acquisizione forense, continuerebbe ad avere un valore probatorio pressoché nullo in un giudizio o durante un tentativo stragiudiziale di transazione per una richiesta di risarcimento del danno.

 

Il consiglio, perciò, è quello di diffidare dei fantomatici esperti del web e rivolgersi a professionisti del settore che possano fornire un’assistenza mirata per questo tipo di problematica.

 

I suggerimenti per creare la prova in maniera corretta non valgono solo per chi è vittima di diffamazione online, ma per chi subisce qualunque tipo di reato che si consuma sul web: stalking, sexting, truffe subite su piattaforme di e-commerce.

 

Manuela Calautti, avvocato