L’approccio al fine vita, tra autodeterminazione ed evoluzione della normativa
31/03/2021
Sono passati ormai anni dai casi di Eluana Englaro e di Piergiorgio Welby ma le domande che ci poniamo sono sempre le stesse.
In caso di sofferenza e di patologie irreversibili è lecito decidere sul nostro destino? Oppure, in caso di nostra incapacità è lecito che questa decisione venga presa da una persona di nostra fiducia? Quale ruolo ha l’autodeterminazione nel fine vita?
Il caso di dj Fabo ha recentemente riacceso il dibattito. “Sono sempre stato un ragazzo molto vivace. Un po’ ribelle, nella vita ho fatto di tutto. Ma la mia passione più grande è sempre stata la musica. Così diventai dj Fabo”: con queste parole Fabiano Antoniani si descriveva, lanciando a Sergio Mattarella il suo primo appello affinché il presidente della Repubblica intervenisse sul fine vita. Un grave incidente, infatti, gli cambiò improvvisamente la vita in modo irreversibile. Fabiano diventa cieco e tetraplegico e, dopo anni di terapie senza esito, matura la precisa consapevolezza di voler porre fine alla sua vita: “Le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione, non trovando più il senso della mia vita. Fermamente deciso, trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia”.
In Italia non sono legali né l’eutanasia né il suicidio assistito, così Fabiano decide di andare in Svizzera per avere la possibilità di accedere a quest’ultima possibilità.
Così inizia il nostro corso sul fine vita, proprio con la testimonianza di Valeria Imbrogno, compagna di viaggio, da amica prima e poi da fidanzata, di dj Fabo. “Da una vita piena a una vita senza luce, come può essere quella di un uomo bendato e immobilizzato a letto”: queste sono le parole di Fabiano a Valeria, per spiegare la sua grave sofferenza e convincere lei e tutta la famiglia a lasciarlo andare. Così dj Fabo decide di recarsi in Svizzera, dove muore in una clinica il 27 febbraio 2017.
È lui stesso, nel suo addio su Twitter, a descrivere con parole crude la situazione: “Sono finalmente arrivato in Svizzera, e ci sono arrivato purtroppo con le mie forze e non con l’aiuto dello Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e la ringrazierò fino alla morte”. Il suicidio assistito gli è somministrato dopo una visita medica e psicologica, servita a confermare la sua volontà di morire. Dopo la morte di dj Fabo, inizia l’iter giudiziario che porterà per ben due volte la Corte Costituzionale a pronunciarsi, invitando nel frattempo il legislatore a promulgare una normativa ad hoc.
Il corso di formazione ECM “Testamento biologico e fine vita: la legge 219/2017 per l’umanizzazione delle cure” ha l’obiettivo di approfondire tutte le tematiche che toccano da vicino o lambiscono il fine vita. In particolare il corso dedica ampio spazio all’analisi della legge 219 del 2017, che non è una legge sul fine vita ma una legge piuttosto sulla relazione di cura, sui diritti e doveri del professionista sanitario da un lato e quelli, dall’altro, del paziente e dei suoi familiari o rappresentanti legali. La legge 219 per la prima volta in Italia disciplina, fissandone i contenuti, il consenso informato, il rifiuto di cure e le disposizioni anticipate di trattamento. Il corso affronta tutte le problematiche normate dalla legge, per promuovere in primis la diffusione della cultura dell’umanizzazione delle cure, attraverso la normazione di diversi aspetti che vanno dalle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT), l’opposizione all’accanimento terapeutico o altre azioni che mirano a prolungare la vita di persone che non riuscirebbero a vivere senza l’ausilio di macchinari che respirano per loro.
Riguardo ad un tema così delicato, emergono le principali prerogative dell’operatore sanitario che si trova a gestire un caso in cui trovano applicazione le norme della Legge 219:
- L’importanza della informazione/comunicazione: le sue modalità e i suoi contenuti
- La manifestazione di volontà che sia un consenso o un rifiuto, oggi per la legge 219 necessariamente scritti o raccolti con altre modalità equivalenti, ma non più semplicemente attraverso la forma orale;
- Le DAT rese obbligatorie dalla legge 219 tranne in alcuni casi specificatamente riportati;
- L’idratazione e la nutrizione artificiali, oggi per la legge 219, atti medici e non terapie di sostegno vitale, pertanto rifiutabili;
- La pianificazione delle cure voluta dal legislatore in quanto fattispecie ben diversa dalle DAT, basandosi su una patologia irreversibile già iniziata;
- Il rifiuto di prestazione professionale da parte del medico in caso di richieste del paziente contrarie a norme di legge, alla deontologia o alle buone pratiche
Ma in Italia dopo il caso di dj Fabo è lecito e possibile ricorrere al suicidio assistito?
È la Corte Costituzionale a pronunciarsi per ben due volte, sancendone la possibilità a determinate condizioni molto rigorose, con la sentenza 242 del 2019. Nel corso di formazione si riporta quanto stabilito in sentenza e vengono affrontati approfonditamente gli aspetti etici, deontologici e giurisprudenziali.